Gli alieni sono (stati) tra noi? Intervista a Marco Ciardi
Non è facile entrare nel dibattito su extraterrestri, Ufo e invasioni aliene senza dover fare i conti con complottismi vari, teorie alquanto infondate e storie di invasioni già accadute. In tutto questo, ciò che spesso viene messo in secondo piano è proprio la scienza.
Marco Ciardi, professore associato di Storia della Scienza presso l’Università di Bologna, ha da poco dato alle stampe Il mistero degli antichi astronauti (Carocci) in cui effettua una rassegna ragionata dell’insieme delle teorie che accompagnano il mito di un’invasione aliena lungo varie fasi della storia dell’umanità, mettendo in evidenza come siano nate e perché e con quali supporti si siano potute diffondere e, in alcuni casi, rafforzare.
Proprio con lui abbiamo fatto una breve chiacchierata cercando di capire l’origine di queste teorie e cosa la scienza possa concretamente fare per arginare la loro diffusione, così come in generale quella di qualsiasi bufala pseudoscientifica.
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Cominciamo dalla domanda allo stesso tempo più semplice e più complessa: perché il mistero degli antichi astronauti ha attecchito così tanto?
Perché sollecita uno dei nostri desideri più profondi, l'inesauribile aspirazione dell'umanità a interrogarsi sulle proprie origini e sul proprio destino. Si tratta, quindi, non solo di una questione scientifica, ma di una narrazione profondamente legata ad un sentimento religioso.
L’evoluzione di queste teorie cosa può dirci anche dell’evoluzione della scienza?
A partire dalla seconda metà dell'Ottocento la scienza è stata soggetta a un continuo processo, tuttora in atto, di specializzazione e professionalizzazione. Lo specialismo non solo è inevitabile, ma è necessario. Solo una conoscenza sempre più approfondita e dettagliata della natura e dell'uomo può portare a un avanzamento della conoscenza. Senza lo specialismo, inoltre, non saremmo in grado di distinguere, per quanto ampia possa essere la nostra preparazione generale, le affermazioni corrette dalle quelle sbagliate. In sostanza, lo specialismo è un valore della scienza moderna, ed è di estrema utilità anche nell'ambito della comprensione dei rapporti, ad esempio, tra scienza e pseudoscienza. Tuttavia, essendo il linguaggio della scienza sempre più distante dal senso comune, ecco che diventa più facile accostarsi a spiegazioni per noi immediatamente comprensibili, come quelle spesso presentate nei testi pseudoscientifici. Come ha già detto Carl Sagan (i cui libri andrebbero riletti periodicamente, anche nelle scuole), è semplice immaginare visitatori extraterrestri dall'aspetto umano, a bordo di veicoli spaziali simili ai nostri, che hanno insegnato la civiltà ai nostri antenati. La nostra immaginazione non è costretta a uno sforzo eccessivo. E queste storie sono abbastanza simili a molti racconti, di natura religiosa, ben familiari a noi occidentali, da avere un aspetto rassicurante. La ricerca di microbi marziani dalla biochimica esotica o di messaggi radio interstellari emessi da esseri intelligenti biologicamente molto diversi da noi è più difficile da capire e non è altrettanto rassicurante. Non a caso questa è la citazione con cui chiudo il mio libro.
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Alcune parti molto interessanti del saggio sono dedicate all’analisi di quella che viene definita pseudoscienza. Cosa spinge verso la manipolazione di dati scientifici pur di corroborare le tesi di un’invasione aliena? E perché la scienza non è riuscita a fermare tale speculazione?
La risposta è già in parte contenuta in quanto detto in precedenza. A ciò bisogna aggiungere che la pseudoscienza non ha sempre a che fare con una operazione di manipolazione. Tutti noi, infatti, siamo soggetti a sbagliare, e lo facciamo quasi sempre in buona fede. Per questo è la nata la scienza moderna. Per costruire un metodo che ci permetta di avere certezze condivise, limitando il più possibile gli errori individuali. La scienza, in opposizione alla magia (riservata solo agli eletti), nasce come sapere pubblico, controllabile, riproducibile e verificabile. Costruendo un metodo per verificare e condividere le conoscenze, gli scienziati sono riusciti a demolire le credenze sulle quali erano fondate molte delle discipline che avevano caratterizzato il sapere umano prima della comparsa della scienza moderna, dimostrando che le cose non erano così semplici come il senso comune sembrava far apparire: la Terra non era ferma al centro dell'universo, il piombo non poteva trasformarsi in oro, le specie non avevano un carattere fisso e immutabile, il mondo non era stato creato seimila anni prima, le profezie dei veggenti risultavano sempre sbagliate, molti presunti rimedi medici erano fasulli. Naturalmente non si tratta di un passaggio repentino dall'errore alla verità. L'evoluzione del pensiero scientifico non consiste in una rassegna di verità che si sono succedute nel tempo, come può sembrare da ciò che impariamo a scuola nei manuali, o attraverso una divulgazione poco attenta alla complessità della storia. Spesso, infatti, le credenze continuano a vivere assieme alle nuove acquisizioni scientifiche e questo anche all'interno delle teorie più rivoluzionarie. Tuttavia, alla fine, solo certe teorie si sono affermate come vere, resistendo a numerose verifiche e sperimentazioni. Il problema è che, ancora ai giorni nostri, molte persone non vengono messe nelle condizioni di padroneggiare gli strumenti culturali utili a comprendere il modo in cui funziona la scienza e come si è sviluppata nel corso del tempo. Un esame storico della scienza forse può contribuire a restituire al discorso scientifico quella complessità che da sempre lo ha caratterizzato, permettendo di stabilire come si possa distinguere una credenza da ciò che ha un fondamento scientifico, tra un comportamento scientifico e un atteggiamento pseudoscientifico. Oggi nessuno scienziato nega che possano esistere (o possano essere esistite) civiltà intelligenti nell'universo. Ma parlare di UFO o di antichi astronauti è una cosa completamente diversa, sono due ordini di problemi non comparabili. Spesso invece li mettiamo insieme impropriamente.
Non solo scienziati o pseudo-scienziati ma anche scrittori (lei cita, tra gli altri, London, Lovecraft e H.G. Wells). Quanto ha inciso la letteratura nel radicamento di queste teorie nel sentire comune?
Credo che la letteratura non abbia alcuna responsabilità nella diffusione delle credenze o della pseudoscienza. Galileo amava moltissimo Ariosto e l'Orlando Furioso, eppure ha fondato la scienza moderna. London, Lovecraft e Wells sapevano perfettamente che per essere buoni scienziati è necessario avere, oltre a capacità logiche e razionali, grande fantasia e immaginazione. Ma ognuno di loro conosceva quali erano le regole e i principi alla base della scienza moderna, e quali dovevano essere i limiti della fantasia e dell'immaginazione. Non è un caso che alcuni fra i più duri attacchi alle teorie pseudoscientifiche del tempo vengano proprio da questi autori. Cosa che accadrà anche successivamente con numerosi scrittori di fantascienza, in primo luogo Isaac Asimov.
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Alla pseudoscienza oggi si accompagnano molte teorie complottiste secondo cui o tutte le scoperte astronomiche sono pura invenzione o gli alieni sono già tra noi ma le varie agenzie preposte ce lo tengono nascosto. Quanto può essere pericoloso l’abbinamento di pseudoscienza e complottismo?
Beh, in fondo l'atteggiamento dell'autore pseudoscientifico ha già in sé le caratteristiche di un modo di pensare complottistico. Una delle argomentazioni utilizzate dai sostenitori di teorie alternative a quelle riconosciute dalla comunità scientifica può essere più o meno riassunta in questo modo: “la mia teoria è oggi inaccettabile e considerata eretica, come a suo tempo fu giudicata inaccettabile ed eretica la teoria eliocentrica. In realtà, io sono come Galileo, ingiustamente perseguito e discriminato”. Purtroppo quest’affermazione non ha fondamento e nasce da un’inadeguata conoscenza delle ragioni che portarono alla nascita della scienza moderna. Al tempo di Galileo, la scienza moderna ancora non esisteva, né esisteva la professione di scienziato. Galileo subì il giudizio della Chiesa e dei filosofi aristotelici, ma non quello dei suoi “colleghi”. Fu invece proprio Galileo a porre le basi per la costruzione di ciò che oggi noi chiamiamo genericamente “metodo scientifico”, indicando quei criteri che devono essere rispettati se si intende essere accettati all'interno della comunità scientifica, e se si vuol cercare di provare la verità di una teoria o di un’affermazione. Tutti coloro che propongono una nuova teoria o affermano di aver fatto un'incredibile scoperta devono accettare il confronto con la comunità scientifica, consentendo agli scienziati di tutto il mondo di poter sottoporre a verifica le affermazioni fatte o le prove addotte. Porsi al di fuori di questa fondamentale regola, presentandosi come martiri incompresi o gridando al complotto, significa abbandonare in partenza la possibilità di dimostrare che la scoperta o la teoria che si sostiene possa essere vera. ino ad oggi, non siamo stati in grado di costruire una forma di sapere, diversa della scienza, che riesca a essere democratica, aperta a tutti, e sia in grado di garantire, senza discriminazioni di partenza, le stesse possibilità di accesso alla conoscenza. E che sia suscettibile di controllo, nel caso di errori o di frodi. A volte ci vuole tempo per distinguere il vero dal falso, o a riconoscere una truffa, ma alla fine si ottengono risultati migliori rispetto a qualsiasi altra attività o forma di pensiero umana. Insomma, se ci sono dei complotti saremo in grado di scoprirli proprio grazie alle regole della scienza moderna, non opponendosi a tali regole.
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Post-truth è secondo l’Oxford Dictionary la parola che meglio rappresenta il 2016 con riferimento al dilagare delle fake news. Da storico della scienza questo abuso della credulità popolare quanto si distingue da ciò che accadeva in passato? Sono solo Internet e i social network ad aver amplificato la portata di tale fenomeno o sussistono anche altre differenze?
La post-verità mi sembra soprattutto un'invenzione giornalistica, in parte dovuta anche a una scarsa conoscenza dei fondamenti della scienza e dell'evoluzione del pensiero scientifico e filosofico da Galileo in poi. In realtà, bufale, false notizie e documenti inventati accompagnano da sempre la storia dell'uomo. Con l'avvento della scienza moderna (ma anche della filologia e di numerose altre discipline alla base della metodologia storica) abbiamo oggi sviluppato una serie di strumenti che ci permettono di distinguere in maniera più agevole il vero dal falso, il probabile dal possibile. Tuttavia le credenze dell'uomo non sono state definitivamente cancellate dalla storia a opera della rivoluzione scientifica né, probabilmente, lo saranno mai. Per questo motivo, prima di tutto attraverso il ruolo ricoperto dalla scuola, i valori e le regole del metodo scientifico vanno sempre spiegati e ripetuti, con costanza e pazienza, a ogni generazione. La scienza non è solo un insieme di nozioni da imparare a memoria, ma è soprattutto un modo di pensare, di accostarsi alla realtà, perfettamente compatibile con la fantasia e il sentimento religioso. E tutte le componenti di una società moderna e avanzata, dalla politica ai media, dovrebbero dare il loro contributo in questo senso. Mi pare che il dibattito sulla post-verità assomigli dunque molto a quello sul postmoderno. Un grande intellettuale tedesco, Odo Marquard ha scritto: «Che cosa viene dopo il postmoderno? Il moderno, io penso». Ecco, sarà bene che ci rendiamo conto alla svelta che non esiste alcuna post-verità, ma solo una serie di modi di pensare, che sono quelli della modernità, sviluppati in un periodo di tempo che va da Galileo a Kant, grazie ai quali abbiamo imparato a raggiungere verità, se non assolute, per lo meno condivise e, tutto sommato, ragionevoli. E che questi modi di pensare vanno difesi e non dati per scontati. Ricordando sempre che la scienza non è dogma, ma continuo dubbio e ricerca.
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