Gerard de Nerval – Lettera a Loubens
Ancora una volta in preda a una convalescenza, Gerard Nerval scrisse una lettera all’amico Victor de Gounon Loubens. L’autore romantico francese, infatti, soffrì di un forte disturbo mentale che lo condusse a più riprese in ospedali per essere sottoposto a svariate cure mediche. In questa lettera, Nerval dà una descrizione chiara della propria visione della malattia, del suo rapporto con la creatività e l’ispirazione.
***
Fine 1841
Mio caro Loubens è da tempo che non vi scrivo, e sarete stupito da tutti i miseri scalpori che ho causato. Ma giudicate la mia sorpresa nei miei stessi confronti quando mi sono risvegliato tutt’a un tratto da un sogno tanto bizzarro quanto inatteso protrattosi per settimane.
Sono stato folle, questo è certo, tuttavia la conversazione completa della memoria e d’una certa logica razionale che non mi ha mai abbandonato un solo istante non può che donare al mio male un solo carattere, quello della triste parola: follia! Per il dottore si trattava senza dubbio di sinonimi più cortesi; per i miei amici non ha potuto avere altro senso; per me solo, non si trattava che di una sorta di trasfigurazione dei miei pensieri abituali, un sogno vigile, una serie di illusioni grottesche o sublimi, che avevano talmente tanto fascino che io cercavo di immergermi in esse senza posa, dal momento che non ho mai sofferto un solo istante fisicamente, tranne per il trattamento che qualcuno ha ritenuto bene infliggermi.
Non mi biasimate dunque anche per aver perduto tutte le belle idee che mi ero fatto, dato che queste sussistono e sussisteranno malgrado tutto; solo, il resto della mia vita sarà penoso, poiché credo e spero sinceramente nella morte, ossia nella vita futura. Voi sapete, ci sono delle cose di cui uno non può persuadere gli altri e voi vedete abbastanza chiaramente dove portano queste idee, ma nessuno mi toglierà il senso che quello che m’ha inspirato non era un’ispirazione e un avvertimento.
Non crediate che io sia diventato un devoto o un neo-cristiano. Tutto ciò non ha preso un solo istante questo carattere, ma nella mia testa c’era solo un carnevale di tutte le filosofie e dei. Devoto! Ma al contrario, credevo di essere io stesso Dio, e mi vedevo soltanto imprigionato in un’incarnazione molto triste. Avevo dunque degli spiriti che mi gettavano tra le stelle e con i quali conversavo attraverso figure tracciate sui muri, o attraverso i sassi e le foglie che mettevo insieme in terra, come del resto fanno tutti i fuori di senno; quello che c’era di più incredibile, e che ha mantenuto le mie illusioni più a lungo, è che tutti gli altri folli mi sembrano perfettamente razionali, che tra noi ci spiegavamo alla perfezione tutte le nostre azioni; tanto che i medici e i nostri amici ci sembravano ciechi e irrazionali.
Mio caro, che dire in effetti? In pieno giorno si vedono degli spiriti che vi parlano, di notte dei fantasmi con una forma precisa, esatti; si crede di ricordare di aver vissuto sotto altre forme; si immagina di ingrandirsi smisuratamente e portare la testa tra le stelle; l’orizzonte di Saturno o Giove si sviluppa sotto i vostri occhi; degli esseri bizzarri si riproducono a voi con tutti i caratteri della realtà. Ciò che è spaventoso, è che gli altri le vedono così come voi! Se è l’immaginazione che crea con una tale realtà, se è una sorte d’accordo magnetico che mette più spiriti sotto l’impero di una stessa visione, questo è meno strano che la supposizione di esseri immateriali che agiscono intorno a noi. Se lo spirito si sia assolutamente spostato per metterci in comunicazione con un altro mondo, è chiaro che mai i folli potranno provare ai saggi tutto ciò, dal momento che questi sono come minimo dei ciechi!
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Tuttavia, recuperando la salute, ho perso quell’illuminazione passeggera che mi faceva comprendere i miei compagni di sventura; la maggior parte stessa delle idee che mi assillavano in tutto sono scomparse con la febbre e si son portate via quel poco di poesia che si era risvegliato nella mia testa. Devo dirvi che parlavo in versi tutto il giorno e che questi versi erano molto belli. Del resto, per provarvi quante letture o immaginazione vi erano nel mio stato, vi scrivo qualche componimento che ho conservato, ma di cui non mi prendo la responsabilità di spiegarvi tutto il senso; non sono stati composti al culmine della mia malattia, ma nel mezzo delle mie stesse allucinazioni. Lo riconoscerete facilmente:
I
Quando il Signore alzando al cielo le sue magre braccia
Sotto gli alberi sacri, come fanno i poeti,
Fu abbastanza perso nei suoi dolori muti,
E si giudicò tradito dai suoi amici ingrati;
Si voltò verso coloro che l’attendevano lì in basso,
Che sognavano di essere re, saggi, profeti
Ma assopiti, persi nel sonno delle bestie,
E cominciò a gridare: «Nessun Dio esiste!»
(Quelli dormivano). «Amici miei! Ecco la buona novella,
«Ho sbattuto la fronte alla volta eterna
«Sono sanguinante, ferito, sofferente da giorni!
«Fratelli! Vi mentivo: Abisso! Abisso! Abisso!
«Il Dio manca all’altare su cui io sono vittima…
«Dio non c’è! Dio non c’è più!...» (Ma quelli dormivano ancora)
II
E non appena si rese conto con uno sforzo sublime
Che egli stesso era Dio… temette di morire…
E vedendosi sanguinare, e sentendo la sua sofferenza,
Chiamò il solo che vegliava su Salem:
«Giuda, gli gridò, sai quello che si pensa di me
«Affrettati a vendermi e porta a termine questo affare…
«Sono sofferente, amico, su questa terra distesa
«Vieni, o tu che di meno hai la forza di commettere un crimine!»
Ma Giuda si allontanò triste e pensieroso
Trovandosi mal pagato, pieno di un rimorso così vivo
Che leggeva le sue atrocità scritte su ogni muro.
Infine Pilato, che vegliava in nome di Cesare,
Provando della pietà, si voltò per caso:
Andate a cercare quel folle! Disse ai suoi satelliti
[…]
Addio mio caro Loubens. Ve ne scriverò delle altre in seguito. Non è affatto impossibile che ci si incontri in Italia. Ma è ancora incerto.
Addio.
Vi abbraccio.
GERARD.
***
Traspaiono con chiarezza i suoi interessi più vivi, i temi che hanno caratterizzato tutta la sua produzione letteraria: il misticismo, il nichilismo (che molti giudicano precursore di quello di Nietzsche), la predilezione di temi classici o biblici, la necessità di scendere sempre più a fondo in quegli inferi della mente da cui Nerval era attratto, e che in questa lettera a Loubens prendono forma e colore.
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