“Gaspar Ruiz”, quando Joseph Conrad raccontò il Sud America
Nel mezzo della sua vita di scrittore, Joseph Conrad volse lo sguardo al Sud America e lì ambientò tre romanzi e novelle brevi: Nostromo, L'anarchico e Gaspar Ruiz (Edizioni Ripostes, traduzione di F. Di Mieri). Fino a quel momento gran parte delle sue storie avevano raccontato di paesaggi orientali, africani, inglesi o francesi. Nel dicembre 1902, o nel gennaio 1903, Conrad cominciò a scrivere un romanzo chiamato Nostromo, che lo impegnò per diciotto mesi: un romanzo enorme, poderoso, fatto di offese e incredibili gelosie. Conrad troverà “immaturo” quel romanzo, neanche lontanamente, compiuto fino alla perfezione. Per la prima volta dopo venticinque anni, Conrad tornava nell'emisfero occidentale, ma questo accadeva solo nella sua immaginazione.
Conrad viaggiò infinitamente, fin da bambino. Toccò sì le coste venezuelane, ma poco più che adolescente. C'è chi raccontava per la sua fantasia, tutta dedita a quei luoghi, le meraviglie che il giovane Conrad ancora non poteva riconoscere. Robert Cunninghame Graham, l'amico scozzese che più gli era vicino, regalava a Conrad tantissimi libri che lo scrittore leggeva con voracità. Raccontavano di battaglie ed eroi dimenticati, cileni, peruviani, messicani. Dietro a quelle pagine che attraversarono l'oceano c'erano suggestioni di parole lontanissime, perse chissà in quale memoria.
Conrad terminò Nostromo il 30 agosto 1904. I mesi successivi furono sfortunatissimi. La moglie Jessie subì un'operazione e la famiglia dovette trasferirsi a Capri, frequentando abitualmente anche la Sicilia, in un viaggio altrettanto sfortunato. Conrad si ammalò e solo il ritorno in Inghilterra nel maggio del 1905 gli fu salutare. Nel frattempo, i guadagni molto scarsi lo costringevano a scrivere quanto più possibile. Scrisse così tre piccoli romanzi, sperando nella pubblicazione su qualche popolare rivista inglese. Uno di questi era Gaspar Ruiz.
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Quando il racconto inizia, siamo in Cile, nel tempo della dura guerra per l'indipendenza dalla corona spagnola. Il Cile Conrad non potè conoscerlo che sui libri: mai infatti si avvicinò a meno di tremila chilometri da quella terra lunga e stretta sulle coste del Pacifico. Gaspar Ruiz non nasconde la figura di Vicente Benavides, intrepido soldato cileno dedito alla causa realista. Gaspar Ruiz non è che un umile soldato tra le truppe di Juan José Carrera, dotato di una forza strepitosa, portentosa. Un “campesino” di buon cuore che nulla ha da spartire con le ferree regole dell'esercito. Gaspar Ruiz tiene solamente alla sua vita e a quella dei suoi compagni in battaglia. Il destino però saprà sfuggirgli di mano.
Innamoratosi di una ragazza di famiglia realista, in una notte terribile di terremoto, Gaspar diventa presto strumento di vendetta della donna.
Gaspar Ruiz è un infinito tentativo di fuga dai vincoli della vita. Tentativi solo apparentemente soddisfatti. Come in tanti altri romanzi di Conrad, le voci che ci parlano sono più di una. Il generale Santierra, ufficiale dell'esercito repubblicano cileno, racconta ai suoi ascoltatori l'esperienza sua e di Gaspar Ruiz, così come Marlow fa in Cuore di tenebra (esperienze che Conrad aveva, in parte, avuto). La finzione del racconto orale è già una prima, piccola, impresa narrativa. Spesso le storie che i protagonisti raccontano parlano di estraneità, di mondi radicalmente altri. «Gli uomini sono tutti fratelli, e perciò sanno troppe cose l'uno sul conto dell'altro».
La moglie di Gaspar, Erminia, è un tipico personaggio femminile di Conrad (la Lena di Vittoria, Emma de Il salvataggio, Donna Rita de La freccia d'oro). Sa splendere e subito condannare. Nulla la fa trasalire, tiene in pugno, tragicamente, il destino del suo uomo. La morte dell'uno è la morte dell'altra.
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Nel romanzo incontriamo due diversi Gaspar Ruiz. Del primo si è già detto. Il secondo Gaspar Ruiz è audace e coraggiosissimo: è la forza dell'amore nei confronti della moglie e della figlia, smarrite e lontane. Gli ultimi capitoli sono l'iniziazione e la caduta, insieme, del protagonista. Gaspar diviene assertivo, fino alla ferocia. La vendetta è però solo l'estremo tentativo di fuga dai lacci della vita; nuovamente mancato. Può essere la morte l'ultimo tentativo, il più riuscito?
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