“Game of Thrones” pornografico? Freccero risponde per le rime
Nei giorni scorsi abbiamo letto dell’ennesima crociata pseudo-religiosa contro una trasmissione televisiva. Stavolta sono stati quelli dell’Aiart, l’Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione nata nel 1954 da una costola dell’Azione Cattolica, che, invece di prendere il telecomando e cambiare canale, hanno pensato bene di chiedere alla Rai l’eliminazione del serial Trono di Spade (Game of Thrones in origine) perché «il programma è volgare, pornografico con insistite scene di violenza e di sesso, quasi gli autori fossero impegnati ad ottenere l’oscar della depravazione. È tollerabile che la Rai, servizio pubblico, alle 21 entri con un programma a luci rosse nelle case degli italiani?».
Probabilmente se la stessa richiesta fosse venuta da un’associazione musulmana staremmo qui a parlare di censura medievale. Invece il presidente dell’Aiart, Luca Borgomeo, anni 72, si erge a paladino di una sorta di morale universale chiedendosi «perché in un Paese civile si deve sopportare l’incultura del servizio pubblico radiotelevisivo?»
La risposta, a tono, a Borgomeo, giunge dal direttore di Rai4 (canale che mette in onda la serie tv americana dal 2 maggio scorso) Carlo Freccero, anni 66. «Su questa serie ci sono decine di pubblicazioni e corsi di filosofia nelle università americane, come si fa a definirla pornografica? […] Senza le situazioni criticate da Aiart, il senso di pericolo e la descrizione delle pulsioni dei protagonisti verrebbero a mancare, falsando completamente il ritratto, fantastico ma verosimile, di uno spietato gioco di corte pseudo-medievale. Sarebbe come chiedere di rimuovere dalla mitologia le azioni più crudeli degli Dei o di espungere dalle tragedie greche i passaggi più violenti, come la morte di Clitennestra nelle Coefore di Eschilo».
Al di là dell’astio personale che indubbiamente esiste tra Borgomeo e Freccero, ciò che resta è la polemica dal sapore antico, e non certo per la citazione del direttore di Rai4. Ai tempi di internet e della televisione digitale, ma soprattutto dopo 30 anni di televisione generalista che ha mostrato di tutto e di più, non è forse il palinsesto di Aiart a necessitare di una decisa revisione?
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