Gabriella Genisi racconta una nuova avventura di Chicca Lopez. “La regola di Santa Croce”
Ne La regola di Santa Croce (Nero Rizzoli, 2021), ritorna il maresciallo salentino Chicca Lopez, il personaggio nato dalla penna di Gabriella Genisi e protagonista di una nuova, appassionante avventura.
Dopo il difficile e pericoloso caso di Pizzica amara, che è anche il titolo del primo libro della serie, Chicca ha preso una lunga vacanza, dal Nucleo operativo è stata assegnata alla tutela dei Beni culturali, un ruolo meno impegnativo che lei vive come una retrocessione. Ha lasciato Flavia, la donna con la quale aveva una relazione da molti anni, e ora cerca un po’ di tranquillità per riprendere in mano la sua vita. Ha pagato un prezzo molto alto, deve ritrovare se stessa, ma anche nuovi stimoli che possano farla crescere sia personalmente sia dal punto di vista della carriera.
Con il suo giubbotto di pelle, la coda di cavallo, gli anfibi e l’immancabile Bonneville, ora è pronta a ritornare. L’invito di Carmine, il ragazzo che le ha fatto scoprire di poter amare anche un uomo, di ammirare dai ponteggi i restauri della basilica di Santa Croce, il gioiello del barocco leccese, apre la strada a un nuovo caso che questa volta affonda le radici nel passato.
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Tra putti, fregi, statue, allegorie Chicca scopre una scritta incisa con un bulino: tre nomi e una data. Uno dei nomi attrae la sua attenzione, Eva, e quel nome la riporterà indietro nel tempo, al Salento degli anni Ottanta, alle prese con un cold case.
È una calda estate, una delle tante che rendono infuocato il Salento; il mare abbacina con la luce del sole che si riflette tra le sue acque cristalline. Tre ragazzi stringono un patto di sangue, due amici di una vita ed Eva, una ragazzina bianca e splendente «come un unicorno», i lunghi capelli biondi e il corpo da ninfa. Una piccola donna all’apparenza fragile, ma indomita e volitiva, che sa quello che vuole e come ottenerlo. Un legame di amicizia che dura negli anni fino a quando Eva sparisce senza lasciare traccia. È qui che Chicca comincia la sua ricerca che ha una doppia valenza, quella di scoprire che fine ha fatto Eva e quella di ricercare se stessa, un lavoro interiore difficile e doloroso, un doppio binario di ricerca fuori e dentro di sé.
La verità verrà a galla, sepolta tra segreti del passato a lungo taciuti, che hanno scavato solchi e ferite nell’anima e nel corpo dei protagonisti diventati grandi forse troppo presto.
Gabriella Genisi con La regola di Santa Croce è riuscita ancora una volta a creare una storia affascinante che ti tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, grazie anche alla scrittura piana e scorrevole, intervallata da bellissime descrizioni del paesaggio e da dialoghi in cui italiano e dialetto si mischiano armoniosamente. Il dialetto diventa qui la lingua dei sentimenti, delle antiche canzoni d’amore usate come serenata, dei moroloja, i canti funebri della Grecìa salentina, la zona ellenofona nel cuore del Salento composta da tredici paesi dove si parla ancora il griko, quella zona dalla quale proviene Carmine, che Chicca ama apostrofare, appunto, «griko».
Una storia in cui le donne hanno un ruolo importante, in cui femminile è l’approccio alla vita e alla verità, alle verità, una ricerca che parte da se stesse attraverso una visione tridimensionale, intima e introspettiva.
Gabriella Genisi è nata a Bari, ma lo sguardo che posa sul Salento e l’amore con il quale riesce a descrivere le sue contraddizioni è di chi del Salento ama la sua anima: «lei forse crede che il Salento sia quello di oggi? Il mare, il turismo, ciceri e tria, la notte della Taranta e le altre fesserie? Si sbaglia di grosso! Questa terra è fatta di sangue, di sudore e di rabbia. Rabbia di rivalsa dei servi contro i padroni, all’inizio. Dopo è accaduto qualcosa, ci siamo ubriacati di soldi e di potere». E solo chi riesce a comprendere e amare l’anima, lo spirito che soffia su quella terra di terra rossa e di poesia, poteva intitolare ogni capitolo del libro con il verso di una poesia di figli del Salento come Girolamo Comi, Claudia Ruggeri, Salvatore Toma, Antonio Verri, voci liriche di estrema bellezza che hanno cantato questa terra così piena di contraddizioni, di ferite e di passioni. A questa bellezza si aggiunge anche la descrizione di una terra che proprio negli anni Ottanta vede la nascita della Sacra Corona Unita che entra nel tessuto sociale ed economico del Salento dando vita ad uno dei periodi più bui di questa terra che Gabriella Genisi racconta tra le righe del suo romanzo accennando anche a fatti e personaggi reali e riuscendo magistralmente a rendere viva quest’anima con la sua scrittura piana e scorrevole. «Scesi dalla mia cavallina bianca con fronte stellata, briglie d’oro e staffe d’argento e mi misi spalla a spalla con il mio avversario – Cosa ne avete fatto? – Ne ho fatto sangue – E dove lo avete colpito? – Sotto all’avambraccio destro…», la formula di affiliazione alla Sacra Corona, la favella, diventa la filastrocca di un patto di amicizia tra tre ragazzi inconsapevoli di ciò che gli riserverà la vita.
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Un viaggio nel presente e nel passato, dentro e fuori l’anima dei personaggi, in un’atmosfera a volte irreale, magica, tra leggende e vicende, tra una zona e l’altra del Salento, tra mare e terra, ulivi e facciate barocche che ci porta a riflettere sull’amore, sulle promesse, sull’adolescenza, sulla vita stessa.
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