Fuori dagli europei o dall’Europa?
La Brexit ha accelerato i tempi di una discussione inevitabile intorno al futuro dell’Unione Europea, e l’Italia è sotto i riflettori perché le politiche di crescita economica non raggiungono i risultati sperati.
La partita di sabato sera racchiude simbolicamente il carattere dell’Italia contemporanea. Mordace a sprazzi, con qualche guizzo di genialità, ma priva di un metodo, di rigore (appunto) e di capacità di finalizzare. L’obiettivo, negli europei come nell’Ue, non è partecipare, ma mettere a segno la tenuta di un sistema, integrare azioni e schemi, infilare la palla nella rete della crisi per uscire vincenti dalla palude in cui si agita il Paese.
Tutto questo è mancato nella partita contro la Germania, nella duplice partita: quella sul campo, dove la nazionale di Conte sperpera il pareggio ai rigori, e quella politica, dove la Markel detta la linea e Renzi non può che adeguarsi.
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L’Italia doppiamente perdente rischia, a forzare troppo la mano, di essere estromessa nei fatti dal consesso europeo, anche perché in una Ue senza l’Italia la Germania potrebbe portare a compimento il disegno di normalizzazione del continente a doppia velocità: franco-tedesca.
L’Italia è un terzo incomodo, con difetti evidenti e caratteri grossolani. Non è un partner affidabile, non ha un governo di cui ci si può fidare. La partita della nostra permanenza nell’Ue si gioca in questi mesi, in queste settimane durante le quali la borsa di Milano ha ceduto più di tutte le altre e la ripresa ci esclude ancora una volta.
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Come contro la nazionale tedesca, sbagliamo nel metodo. Non indoviniamo le sostituzioni (i governi, i ministri). Non azzecchiamo la tattica (troppi falli, troppa acredine politica). Usciamo a testa alta con un pugno di mosche in mano, com’è accaduto con il Quantitative Easing di Draghi, che ha prodotto un aumento del debito pubblico e di quello bancario, rendendo ancor meno solide le gelatinose banche italiane.
In definitiva ci manca una prospettiva di crescita, un allenatore a lungo termine (Conte va via e Renzi se ne andrà se perderà il referendum), un vivaio generoso (non di rottamatori, ma di talenti veri).
Se durante i mondiali in Brasile siamo stati fatti fuori al primo turno perché incapaci, a questi europei abbiamo aspirato invano a giocare una finale che non meritiamo perché ancora poco capaci di intravedere la meta.
Dobbiamo fare attenzione, allora, ad arrivare preparati agli appuntamenti eurocomunitari. Dobbiamo munirci di piani, di strategie, di direttive chiare e inoppugnabili, altrimenti una volta usciti dagli europei possiamo molto più clamorosamente uscire dall’Europa unita.
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