Fuggire dalla perdita del padre. “Le stagioni del viaggio” di Maria Pia Romano
La scrittrice e giornalista beneventana Maria Pia Romano non è nuova nel panorama editoriale. Ha infatti all’attivo diverse raccolte di poesie e vari romanzi vincitori di svariati premi letterari. Con Le stagioni del viaggio la vediamo tornare in libreria con una vecchia conoscenza, un personaggio che i lettori hanno già avuto modo di conoscere ne Le amiche imperfette, sempre edito da Besa muci: Elisa.
Elisa è una giornalista e lavora per un’emittente televisiva di Lecce. Nel romanzo precedente l’abbiamo lasciata ghost writer per l’amica Angelica, la quale qui fa giusto una breve comparsata ma non temete: i due romanzi non sono necessariamente collegati e potete assaporare l’uno senza aver già letto l’altro, recuperando il primo in un secondo momento. Elisa ne Le stagioni del viaggio è lontana da casa, distante da quella Lecce in cui bisogna «adeguarsi al ritmo della città» benché si abbia la voglia di «urlare al mondo che la vita non è una vetrina in cui sfilare col tacco dodici, ma un viaggio da intraprendere con le scarpe comode». Ed è proprio così che la ritroviamo in Grecia, in un piccolo paesino sull’isola di Leucade. Lontana dalle convenzioni sociali, libera di prendere in mano la sua vita, per troppo tempo, prigioniera di convenzioni sociali e consuetudini rassicuranti.
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È un periodo sabbatico quello di Elisa, fatto di mare ma in bassa stagione, quando Leucade è degli isolani e di una strana italiana che «non comprende la lingua delle persone ma ascolta la musica del mare»; di piccole cose, fosse anche mangiare il pescato del giorno con calma, semplicemente senza stress e orari da rispettare e di un incontro inaspettato che le cambia la vita per sempre:
«Un vecchio fuoristrada Jeep Cherokee degli anni ’90 attrezzato con la tenda sul tetto è fermo da tempo vicino al mare. Un uomo con la pelle scura e la barba incolta è sempre lì vicino a sistemare le sue vele e le sue tavole da surf. Le sciacqua e le ripiega con cura all’imbrunire, il suo mondo inizia e finisce in quegli attrezzi che gli regalano la possibilità di correre sulle onde, stringendo forte il boma per sfruttare il vento. Ha mani grandi e tozze, le muove lentamente, sono mani che non avrebbero mai potuto suonare un pianoforte. Sembra far parte del paesaggio: è uno che all’apparenza dimostra di non aver bisogno di niente e di nessuno. Potrebbe essere uscito direttamente dal passato, vista la sua aria da malinconico figlio dei fiori: è sempre da solo, non c’è traccia di alcun compagno d’avventura. Elisa non sa dargli un’età: gli è passata più volte accanto e lui non ha neanche sollevato la testa.
Una sera, mentre rientra dalla passeggiata consueta, si accorge che lui ha imbracciato la chitarra e sta cantando sottovoce. Elisa riconosce le note di Hotel Supramonte e si ferma incantata.»
Ma da cosa scappa la nostra protagonista? Cosa la porta ad allontanarsi dal mondo? È presto detto: l’elaborazione di un lutto. Non sappiamo quanto di autobiografico ci sia nelle parole dell’autrice, se Elisa – che è giornalista come lei – sia un suo alter ego. Ciò che sappiamo è che la scrittrice dedica proprio al padre il suo romanzo e che per la protagonista il rapporto con il padre è unico e inimitabile. Ora che l’uomo non c’è più è proprio l’assenza a far scattare in lei la voglia malinconica di libertà. La perdita è la valvola che mette in moto la narrazione. Fuggire è per Elisa il modo di affrontare o meglio non affrontare il dolore.
Questo romanzo è fuga, perdita, introspezione e rinascita. Ogni singola pagina profuma di brezza marina che scompiglia le chiome e i pensieri. Seguiamo quest’avventura intervallando il quieto venticello del presente dell’isola alle folate improvvise che ci spingono nel passato della protagonista e della sua famiglia. La vediamo quattordicenne alle prese con la sua prima festa ma anche bambina con il suo papà con il quale condivide l’amore per il mare. Ma ciò che rende la scrittura di Maria Pia Romano ancor più intensa e piacevole è di sicuro la capacità dell’autrice di scegliere, come si fa con le conchiglie più belle depositate sulla battigia dalle onde del mare, le più seducenti immagini poetiche di cui è ricca la sua prosa.
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Ma se volessimo continuare a scrivere del libro di Maria Pia Romano prendendo in prestito altre similitudini dal mare di sicuro non potremmo ignorare i capitoli più “poetici” de Le stagioni del viaggio, in cui la narrazione lascia spazio a versi sciolti che come onde si infrangono, con ritmo, sulla battigia di quest’isola di parole e pensieri:
«Camminare col mare di lato mentre il sole va giù dietro il monte.
(Scivolano via i vestiti dalla pelle calda, leggeri come schiuma di mare.)
Stendersi sulla spiaggia di notte a guardare le stelle.
(Il ruggito del tempo è lontano, la mano esplora un fogliame d’oro.)»
Per la prima foto, copyright: Hendrik Cornelissen su Unsplash.
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