Fuga dal nazismo nell’Austria del 1939. “La lettera perduta” di Jillian Cantor
Il romanzo di Jillian Cantor, La lettera perduta, tradotto da Federica e Stefania Merano e pubblicato da Sperling & Kupfer, sembra una favola natalizia per il finale inaspettato e teneramente coinvolgente. In realtà rappresenta, pur con la sua narrazione distaccata, un momento storico tragico, legato all’invasione e successiva annessione dell’Austria alla Germania.
I personaggi sono quelli tipici di un paesino: Grotsburg,con le sue abitudini e le emozioni di un mondo che volge inconsapevole al tramonto. Frederick Faber, noto incisore ebreo, vive con la moglie e le due figlie Elena, «che ricordava una stella alpina», e Miriam, «una farfallina linguacciuta»; completa la famiglia Kristoff, apprendista affascinato più dagli stufati della signora Faber che dall’arte di Frederick.
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Siamo in Austria nel 1939 e persino nella tranquilla comunità di Grotsburg, dopo la notte dei cristalli, si comprende che con l’arrivo delle truppe tedesche nulla sarà come prima.
Qui il tocco della scrittrice porta ad affiancare alle vicende austriache del 1939 quelle di altri personaggi che vivono a Los Angeles nel 1989. Storie parallele e vite parallele che si intersecano e si sviluppano, con i loro drammi e le varie realtà, intorno a una lettera scritta e mai recapitata. Nella città americana una lettera con un francobollo capovolto viene trovata da Katie e dal filatelico ebreo Grossman, inizia una lunga indagine che tocca Cardiff e Berlino, prima di giungere alla sconvolgente verità finale.
I personaggi austriaci sembrano usciti dalle vecchie fotografie di un tempo remoto, con Kristoff follemente innamorato di Elena: «ogni volta che chiudeva gli occhi la vedeva. Sentiva ancora il sapore delle sue labbra, il profumo di albicocca nei capelli. Sapeva che non sarebbe riuscito a dimenticarla.»
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Elena appare distaccata e poco disposta a barattare il suo desiderio di combattere i tedeschi con l’amoreper Kristoff. L’incisore Frederick, perso nel suo sogno di perfezione per la sua arte, realizza una moneta con incisoil fiore Edelweiss, che rappresenta in Austria la purezza, l’amore e la nobiltà. Un fiore che cresce solo sulle alte montagne, sotto la neve, perciò possederne un esemplare «è simbolo di singolare audacia». Ma anche simbolo di resistenza contro l’oppressore. Come dimenticare la canzone che tutta la famiglia del comandante Von Trapp, a Salisburgo, canta nel film Tutti insieme appassionatamente per sfidare i tedeschi prima di fuggire. La canzone Edelweiss dichiara che «non c’è fiore più lieve. La nostra patria un emblema ha in te, tu sei il nostro fiore e tu sai cosa abbiamo in cuore». Questo fiore tenace diventa il simbolo della resistenza di tutti coloro che vollero opporsi alla follia nazista. Perciò anche Jillian Cantor cita una frase di Auerbach su questa straordinaria pianta alpina, così difficile da raggiungere e da strappare alla sua terra.
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Ipersonaggi americani sono al contrario all’apparenza più distaccati e presi dal lavoro, ma allo stesso modo toccati dalla tragedia, come Grossman che ha perso in un incidente la moglie e il figlio, o feriti per la perdita dell’amore e per la malattia del padre, come Katie. Anche il padre di Katie ha un ruolo fondamentale nella storia, per lui i francobolli non sono «carta e inchiostro», ma gemme preziose come il diamante Hope. Pur colpito da una malattia che comporta seri disturbi della memoria continua a inseguire un sogno che non si è mai spento, durante tutta la sua esistenza, ritrovarela sua donna «con gli occhi verdi ed i capelli mossi, di un castano chiaro quasi biondo».
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Anche i luoghi descritti, soprattutto quelli della foresta dove trovano rifugio Elena e Kristoff, conservano un incanto fiabesco, che neppure la morte e la paura riescono a spezzare: «era una notte incredibilmente chiara, con la luna piena che squarciava il cielo nero». La due storie parallele, avranno un finale a sorpresa, ma ancora una volta il destino sembra volgersi attento e forse benevolo verso una di «quelle lettere che caddero sulla neve immacolata».
Per la prima foto, copyright: Daniel Koponyas su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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