Frattaglie di borghesia. “Tutto male finché dura” di Paolo Zardi
Ci troviamo nei meandri di una metropoli decadente, periferica. La crema della peggior cittadinanza si inserisce in ogni riga e capitolo. Un protagonista altrettanto meschino, malvagio, ipocrita ed egoista: una figura che si muove solamente per il proprio tornaconto e, in particolare, per non farsi separare dal suo membro, richiesto da due usurai per saldare il debito di decine di migliaia di euro. Un maschio di mezza età che come un cane randagio raccatta quel che può, facendo il grosso con i più deboli, leccando i fondoschiena di chi ha qualche spicciolo in più di lui (anche la voce grossa basta per rendere il buono a nulla un servo perfetto), arrivando perfino ad utilizzare “Destiny”, un programma in cui un algoritmo propone sollazzi usa e getta, costantemente sotto controllo per non sfuggire alle ultime offerte di giovani in cerca di soldi o donne disperate. Quest’applicazione ritorna spesso nell’opera, simbolo di quanto oggi relazioni e sentimenti si siano ridotti a un semplice e freddo clic.
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Tra crimini, strozzini e bugie, infatti, il protagonista di Tutto male finché dura (Feltrinelli) scalcia per rimanere a galla in un inferno di catrame e di cemento. Ed è a tutti gli effetti un personaggio cattivo, tanto da finire a odiarlo quando tenta di reinserirsi nella famiglia abbandonata in precedenza – Marta, una donna come tante che sacrifica ogni cosa per i propri figli, Elisa, sedicenne sognatrice, e Lucia, un genio di bambina – senza un minimo di pena, pietà, o amore. Non ha meriti, non ha pregi. Una figura chiusa in se stessa a tentare di riempirsi la pancia con ciò che trova: nei primi capitoli fa il dentista abusivo e così sbarca il lunario, facendo del male a ogni povero paziente, in gran parte extracomunitari.
«Ma anche se ora il molare rotto gli martellava la mandibola, lui era grato ai denti, e alla loro caducità, alla loro intrinseca vulnerabilità. Ci viveva, su quelle disgrazie.»
Questa persona, se così può esser definita, ha tutte le caratteristiche, elevate alla potenza, dell’uomo moderno, che sembra insidiarsi man mano nel nostro mondo terreno di questi anni. Eppure un minimo di bontà, di umanità, dovrà pur esserci da qualche parte, ma è così futile, passeggera come un cantare d’uccellino, che nemmeno la si nota tra le gravi note di padre fallito. Fallito a causa del proprio sé e di nessun altro. Così come, forse, il nostro mondo cade per mano nostra, poiché non si vuole vedere nient’altro che il male che aleggia su questa terra, finendo per farne parte.
Se come padre è stato un fiasco, come sarà stato dunque come figlio?
«Nel cinquanta per cento dei casi il risultato è migliore dei cromosomi di partenza. È così che va avanti la selezione della specie… Tu stai nell’altro cinquanta per cento, nella parte bassa della curva, proprio ai margini. Da un secolo a questa parte, la selezione non vale più per gli esseri umani: vanno avanti tutti e tutti fanno figli. Spero che le tue bambine abbiano preso da Marta.»
Queste e altre frasi vengono lanciate dal padre morente, quando va a trovarlo per intimargli un’ultima, buona azione nei confronti del figlio. Esplicita la voglia che quel vecchio schiatti al più presto per mettere le mani sull’eredità.
Insomma questo protagonista si ritroverà a picchiare brave persone per soldi, a mentire di continuo alle figlie, toccando quasi il fondo quando parteciperà a un attacco terroristico. Riuscirà, entro l’ultima pagina, a riscattarsi?
Figura di altro livello è invece quella di Marta: il modello di madre italiana media, vittima del destino ma guerriera della realtà, né magra né carina, ma con tanto amore nel cuore, il quale è totalmente dedicato alle proprie figlie, a tentare di renderle persone migliori di quanto lo sia stata lei (seppur di gran lunga migliore dell’ex marito). La bontà di questo grande cuore verrà continuamente spezzata e raggirata. Ma non verrà mai sconfitta.
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Paolo Zardi, in questo scritto edito da Feltrinelli, non rinuncia alla sua linea di stile e tematica precedentemente battuta (XXI secolo e Il vangelo secondo Matteo). La prosa è veloce e chiara, striscia attorno ai piedi del meschino protagonista, scandagliando i bassifondi e gli emarginati. L’autore ci guida a conoscere ciò che chiama, meglio non si potrebbe definire, frattaglie di borghesia: pungente, ironico e deciso. Un libro che si fa divorare.
Per la prima foto, copyright: Ali Yahya.
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