Frasi che sembrano lame. “Haiku per una stagione” di Andrea Zanzotto
Puntata n. 82 della rubrica La bellezza nascosta
«Mai mancante neve di metà maggio/chi vuoi salvare/chi insisti nel salvare?/
Nella profondità nebbiosa del pomeriggio/“però, però”/tremanti aghi»
I poeti sono quelli che vedono al buio, sono quelli che sanno ascoltare il corpo e che riescono a dare un nome alle cose che nessuno riesce a spiegare.
Andrea Zanzotto è stato uno dei più importanti poeti italiani contemporanei. È riuscito, con i suoi versi, a rendere tangibili le emozioni umane ma al contempo sembra sempre che ci sia qualcosa di lui che continui a sfuggirci.
Haiku for a season (Haiku per una stagione) è stato pubblicato in Italia da Mondadori, con traduzione a cura dello stesso Andrea Zanzotto; il volume era stato stampato prima in lingua inglese.
«Furioso fumoso verde di giugno/tradimento del possibile—/fedeltà e dono di tutto l’impossibile
”Giammai possiamo scomparire”/la fanciulla che proteggiamo/ormai suggerisce:/questo è il linguaggio delle sepolte colline»
Lo Haiku è un componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo.
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Andre Zanzotto è nato nel 1921 a Pieve del Soligo ed è morto nel 2011 a Conegliano; negli anni Ottanta decise di cimentarsi in questi passi lirici direttamente in inglese.
Sembra che Zanzotto più che il corpo perfetto dell’Haiku abbia cercato la sua essenzialità, la sua immediatezza. In queste poesie, l’autore, ha provato ad arrivare allo stato elementare della parola, della singola frase, allontanandosi dall’impeccabilità della poesia, dalla sua eleganza.
«Haiku di un’alba inattesa/forse mia—forse cenni/o sussurri di altri universi
Svagati sognolii sbocciano/o risvegli sbocciano/haiku all’alba, pappi invano inseguiti»
Questi componimenti non potrebbero definirsi Haiku se seguiamo il significato tecnico del termine, sono degli Haiku diversi, che seguono i modi di Zanzotto.
Si respira una certa drammaticità, tra le righe, a tratti una certa ironia, che rappresentano forse la cifra stilistica del poeta veneto.
«Come cristalli risucchiati dal loro fascino,/cristalli che turbano la rara fanciulla/fotofobie di nulla nel nulla
Folla hippy contro la pioggia,/rivoluzione di papaveri—/dove io ero solitario-rosso/un rosso miliardo esplode»
Una raccolta di poesie piene di immagini, piene di colori, di sensazioni mutevoli come mutevoli sono le stagioni che si respirano tra le parole. Questi versi sembrano essere usciti direttamente dall’inconscio, dal sogno, appaiono come degli elementi staccati dalla quotidianità che poi con forza invadono la realtà e cercano, spesso riuscendoci, di piegarla.
«Papaveri, buoni compagni,/sbocciati improvvisi a gruppi/per confermare i sentieri, per confermaregli stanchi piccoli rivi nelle colline/Una sottilissima brezza rivelano i papaveri,/mistici mini-anemometri/il mio fragile io rivelano»
Zanzotto ci racconta il mondo, e lo fa attraverso dei lampi, attraverso delle frasi che sembrano lame.
In questa raccolta è ben visibile la ricerca di una sperimentazione, perché ispirandosi appunto agli Haiku, Zanzotto ha usato poi giochi di parole, neologismi e parole composte, che hanno reso l’intera opera incredibilmente affascinante.
Con lo scorrere delle pagine possiamo notare l’assoluta soggettività dei versi, l’assoluta ricerca nell’uso della parola affinché la parola stessa potesse diventare parte tangibile del corpo, un organo, qualcosa di carnale.
«Lago, grigio-blu, una pienezza nel/verde, foresta—disposta come addendi/di una somma che non cessa mai di evitare di stupire/Il lago è, alla fine, solo il lago/le ninfee solo ninfee/non più segni là, nessun terrificante pleonasmo»
Si sa che la stesura di queste poesie corrispose a un periodo particolare per l’autore (era molto malato). Zanzotto tentò attraverso questo lavoro una sua personale guarigione, toccando corde profonde dell’animo umano e provando a sentire, attraverso se stesso, tutto ciò che viveva al di fuori del suo corpo.
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Credette fino all’ultimo che la parola potesse essere guaritrice anche dei malanni organici, perché i poeti sono quelli che ti mostrano ciò che non vedi, quelli che ti raccontano la vita scavando a fondo, entrando nelle grotte, e portando poi in superficie tutti i tesori.
Per la prima foto, copyright: Valentin Salja su Unsplash.
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