Fra la polvere e l’oscurità in “Neghentopia” di Matteo Meschiari
Il 23 novembre è uscito, presso la casa editrice Exòrma, l’ultimo romanzo di Matteo Meschiari, docente di antropologia e geografia all’Università di Palermo: Neghentopia. Un romanzo noir dove le peregrinazioni di un bambino in un mondo di acciaio, rottami e polvere, si fanno specchio della società contemporanea e del collasso che sta vivendo.
In un futuro non troppo lontano, un bambino viaggia attraverso deserti, ghiacciai, città distrutte e taverne fatiscenti. Tutto è cambiato rispetto a come viviamo oggi; la società è collassata e dalle sue ceneri ne è sorta una nuova, in cui nuovi regni si fanno guerra uno contro l’altro, uno strano sistema di caste divide la popolazione mondiale e monaci-assassini uccidono coloro il cui tempo è giunto al termine. Proprio fra questi assassini c’è Lucius, il bambino, che nei suoi viaggi è accompagnato solamente da un passero, il suo unico compagno, alla ricerca di contratti e delle persone da uccidere.
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A parlarne in questi termini sembra quasi si tratti un romanzo d’appendice, un facile thriller da leggere la sera prima di addormentarsi, giusto per evadere un attimo da una giornata penosa, ma non ci si sbagli: Neghentopia non è nulla di tutto questo. Non è una storia piena di colpi di scena quella che abbiamo fra le mani, né un libro avvincente fatto per tenere incollati i lettori alla pagina. In effetti, non è neanche un romanzo, quanto piuttosto un “ibrido” di difficile decifrazione, a ricordarci che non si giudica un libro dalla (quarta di) copertina.
È infatti arduo attribuirgli un’etichetta univoca: a guardare le illustrazioni di Rocco Lombardi che completano il racconto, la struttura dei dialoghi e alcuni incisi – “dissolvenza” “flashback” o “titoli di coda” su tutti – pare di avere fra le mani la sceneggiatura di un film. Questo suggerisce anche l’inserzione di alcuni pezzi musicali (che vanno da Brian Eno a Schoenenberg, passando per Basia Bulat o Ernst Reijseger) che, da ascoltare durante la lettura, fanno da vera e propria colonna sonora. Ciononostante la secchezza dei dialoghi, e l’abilità (lì sta la vera arte di Meschiari) nel rappresentare, con frasi scarne e nervose, i desolati (e desolanti) luoghi – «contraddistinti dalla forza universale dell’archetipo» – attraversati dal protagonista, ricordano al lettore che quello che ha fra le mani è nato per essere letto, assaporato lentamente, con la possibilità di poter tornare indietro e ripartire e non visto di fretta come un film, perché con le parole più che con le immagini l’autore riesce a rappresentare il suo mondo.
Dunque, vuoi perché gran parte del testo è dedicato alla rappresentazione, cruda ed espressionistica di una tale Terra post-apocalittica (a metà strada fra quella del film Mad max e La strada di Cormac McCarthy) attraverso frasi corte e giustapposte una all’altra che ne ricreano la durezza sulla pagina, vuoi per la forza delle illustrazioni, il paesaggio si fa così vero padrone del libro. Come nei precedenti libri, Artico Nero e Geoanarchia Meschiari pone sotto gli occhi del lettore contemporaneo una realtà corrotta o una distopia dai caratteri molto realistici, con lo scopo di metterlo in guardia al fine così, magari, riuscire a cambiare il futuro.
In Neghentopia però, l’anelito alla speranza, che ancora scorreva fra le righe dei precedenti scritti, è totalmente spento. Non c’è più speranza, la nostra società è condannata all’implosione; non è più questione di se, ma di quando. E allora allo scrittore non resta altro che buttare sulla carta questa disillusione e farla vivere attraverso un mondo squallido e sporco e una scrittura ruvida e senza abbellimenti, riuscendo così a far sorgere nel cuore del lettore un senso di oscurità, lo stesso – ne siamo certi – provato dallo scrittore nel momento della stesura.
Altro protagonista del racconto è infatti il buio, iconizzato nel mostro che insegue Lucius e il passero; un buio che ancora getta addosso (come faceva quando eravamo piccini) a noi lettori quel senso di paura paralizzante e angosciante.
Buio e oscuro è il passato di Lucius, che è affetto da continue amnesie, buia e oscura viene rappresentata la società (il sistema delle caste o la geopolitica del mondo sono accennate per pochi scorci, suscitando ogni volta più interrogativi rispetto alle risposte date). Sono bui e oscuri anche i luoghi (persino i deserti), il sole sempre coperto dalla polvere che si annida in tutte le righe del testo senza riuscire a spazzarla via, e la luna, coperta da «nuvole luminose».
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Così il verde della speranza, dell’erba annega in una realtà costruita “in scala di grigi”. Neghentopia è l’ennesima coraggiosa scommessa (vinta) dalla ancor più coraggiosa casa editrice Exòrma. Un romanzo da guardare, ascoltare, leggere e rileggere.
Per la prima foto, copyright: Leo Fosdal.
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