Fino all’ultima riga contro il pregiudizio. “Il respiro del sangue” di Luca D’Andrea
Luca D’Andrea torna alle atmosfere del suo esordio e con Il respiro del sangue (Einaudi) si conferma una grande penna del thriller italiano.
La storia prende avvio dalla morte di Erika, una giovane madre che s’immerge nelle fredde acque del “lago”, quel lago senza nome che, poco dopo, ne restituirà il corpo esanime. Sua figlia, Sibylle, cresce tormentata da questa perdita, ma cresce forte, determinata. Il ritrovamento di una foto scattata il giorno della morte scatena in lei la voglia di conoscere tutta la verità su quella madre che era una donna tanto bella quanto diversa dagli altri abitanti del piccolo paese di Kreuzwirt, in Alto Adige. In questa ricerca Sib trascina con sé Tony Carcano, quarantenne autore di romanzi rosa, che vive praticamente segregato nelle sue abitudini da scrittore, con una governante (Polianna) che si occupa di lui come una madre e in compagnia del San Bernardo Freddy, 120 chili di amore puro. Sulla loro strada si scontreranno con l’ottusità tipica dei piccoli paesi isolati, con la stregoneria, con la difficoltà della gente ad accettare il diverso e a staccarsi da chi si considera il padrone del mondo.
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Mentre mi accingevo a leggere La sostanza del male, un paio di anni fa, ero molto prevenuta: un autore sconosciuto, subito pubblicato da un editore così importante… Chi ci crede più a questi miracoli? Eppure mi sono dovuta ricredere, perché quel romanzo mi stupì più di molti altri, di autori ben più blasonati. Ciò che più mi colpì fu l’empatia che si era creata tra me e tutti i personaggi di quel libro. Con Lissy il mio rapporto è stato ben diverso: mi sono sentita spiazzata, completamente raggirata da un libro che iniziava come un thriller e sfociava nel surreale. Non per questo l’ho amato meno del precedente, anche se è stata più la costruzione del romanzo a conquistarmi che i suoi protagonisti.
Nel Respiro del sangue Luca D’Andrea torna a donare una grande forza ai suoi personaggi, rivelandoli piano piano in tutte le loro sfaccettature. Fino in fondo, fino all’ultima riga, tenendoci con il fiato sospeso e spiazzandoci con colpi di scena.
Non mancano mai, nei romanzi di questo autore bolzanino, riferimenti storici e alle tradizioni altoatesine, che sono un pregio in più di un romanzo già di per sé molto meritevole. Come non mancano, naturalmente, i riferimenti al soprannaturale: il mostro qui è il Wanderer, il viandante. Impareremo a conoscerlo molto bene, purtroppo. Ma capiremo mai davvero lo scopo delle sue azioni?
«Se guardi nell’abisso, l’abisso guarda te», questo ci dice Tony mentre s’immerge nelle dinamiche malate di Kreuzwirt. Ma la forza di Tony e Sib sta proprio nel fatto che, nonostante tutto, riescono a non farsi trascinare giù, anche se sono molte le forze che cercano di affondarli.
Ci sono tanti personaggi negativi in questo romanzo – anzi, tutti sembrano avere dei lati oscuri, da cui alcuni riescono a scappare, molti altri no – ed è anche per questo che Tony, Sib e, soprattutto, Freddy e Polianna spiccano e ci diventano amici. Gioiamo di ogni loro scoperta, di ogni intuizione, soffriamo per ogni loro delusione, per ogni sconfitta. E, con Freddy, annusiamo sereni, dipingiamo la neve e combattiamo, forti, ogni genere di mostro.
È bravissimo D’Andrea a farci scoprire assieme ai suoi protagonisti ciò che si nasconde dietro parole che ai più risultano incomprensibili. E così impariamo i luoghi sottili, le persone sottili e prendiamo coscienza che chi sulle prime ci sembra il più pazzo di tutti, forse aveva semplicemente capito prima degli altri. Quindi anche noi, come tutto Kreuzwirt, siamo vittime del pregiudizio e rischiamo di diventare carnefici.
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«I fantasmi sono istruttivi e terribili. Tu stai imparando qualcosa?» dice Tony a Sib. Ma sembra rivolta a noi lettori, questa domanda. E io rispondo: Sì, ho imparato a non credere mai alle apparenze, a superare il pregiudizio e che non ci si deve far trascinare dal pensiero generale, ma bisogna sempre avere la forza di credere nelle proprie idee e andare avanti, con decisione, lungo la strada che abbiamo scelto di percorrere. Perché è questo che fa fare Luca D’Andrea ai protagonisti del suo Respiro del sangue: procedere decisi contro tutto e contro tutti.
Per la prima foto, la fonte è qui.
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