Festa della Repubblica, l’eroismo che non c’è
Il 2 giugno è alle porte, e quest’anno lo si potrà festeggiare con l’impronta del falso eroismo.
Da poche ore è rientrato il secondo Marò, Girone, accolto in Puglia come Cesare che torna dalla conquista della Gallia. È sconcertante la macchina della retorica costruita per nascondere due verità inoppugnabili sulla vicenda dei due fucilieri accusati di omicidio: 1) il delitto compiuto; 2) l’inaffidabilità della diplomazia italiana.
Dopo quattro anni, durante i quali le petizioni di principio si sono succedute invano senza mai discutere pubblicamente dell’omicidio dei pescatori indiani, la maschera narrativa della politica si adegua e un eroismo forzato e finto.
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La verità è che sullo scacchiere mondiale l’India è un Paese che conta, l’Italia no. Sempre sullo stesso scacchiere le recriminazioni italiane – dello stesso suono della tosse delle pulci – paiono grossomodo infondate. Solo quando si è chiesto un avvicinamento a casa del fuciliere, senza proclamare aprioristicamente la sua innocenza, l’India ha ceduto, e solo dopo le pressioni della corte internazionale.
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Questo dimostra quanto sia provinciale il dibattito politico italiano. Quanto siamo dentro la menzogna fino al collo. Si fa di un uomo che avrebbe, il condizionale è d’obbligo, ucciso un lavoratore straniero un eroe nazionale, un simbolo da ostentare e mostrare come esempio durante la parata del 2 giugno, mentre non si ha la forza di chiedere all’Egitto la verità sulla morte di Giulio Regeni. Questa contraddizione è tipica di un Paese dove la cultura del coraggio è confusa con la ricerca del consenso popolare mediatico.
Del resto chi saluta i Marò come eroi non si sofferma a ridefinire l’eroismo nazionale, ad assegnare un ruolo al coraggio, ma adopera categorie indimostrabili, per questo ancora più fragili agli occhi di chi non ha smesso di adoperare la ragione prima delle emozioni.
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La realtà, dunque, quella che esige verità, stona con il plauso politico e attende che vengano celebrati i processi veri, quelli dove c’è un giudice, una corte, un’accusa e una difesa: non quelli dove sono le televisioni e chi le governa a decretare chi è giusto e chi colpevole, sulla base di un uso incoerente dei media e del loro potere di persuasione. In definitiva, si tratterà di aspettare per sottoporre a verifica concreta e giudiziarie il falso eroismo raccontato in questi quattro anni.
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