Fantasy e Vin Brulé – “La mezza guerra” di Joe Abercrombie
Benvenuti a questa nuova puntata di Fantasy e Vin Brulé, in compagnia di Joe Abercrombie con La mezza guerra, pubblicato da Mondadori e tradotto da Edoardo Rialti; il libro conclude la trilogia per cui l’autore è stato già intervistato nella nostra rubrica. Mentre la volta scorsa pochi personaggi teatrali ci intrattenevano presso la dogana portuale di Rio, senza lasciarci davvero capire se fossero passate decine di millenni o appena decine di minuti da oggi; adesso siamo nel Mare Infranto, un’ambientazione dal tipico sapore eroico ed epico in cui folle sterminate di guerrieri se le danno di santa ragione. Ci lasciano anche capire molto bene il rapporto che hanno con il mondo di noi che leggiamo: gli antichi Elfi si estinsero molti secoli fa con armi devastanti, e ci lasciarono fortificazioni compatte e resistenti. Ma i loro Elfi non sono così importanti. Vediamo un attimo il soggetto.
La principessa Skara vede assassinare quel che resta della famiglia reale e mettere a ferro e fuoco la sua terra per mano dei guerrieri del Gran Re. Scampata fortunosamente, deve diventare subito una regina scaltra e dal polso ferreo se vuole guidare gli alleati in un'azione di guerra per liberare la sua gente e avere vendetta: parte svantaggiata, senza soldati, senza tesoro e con uno staff in prestito da regnanti ostili. La sua scaltrezza deve tener testa anche agli astuti Ministranti che combattono l'altra “mezza guerra”, quella che si gioca non sul campo ma con parole ingegnose dietro le quinte.
Grandi eroi, uomini sproporzionati e sopra le righe. Come Grom Gil Gorm, re del Vansterland, un omone che nel fumetto di Ken il Guerriero farebbe impallidire Raoul, e si adorna di una lunga collana di pomoli di spade presi ai nemici sconfitti. Credo che non a caso mi sia venuto in mente un vecchio fumetto come termine di paragone, perché l’ambientazione del Mare Infranto ricorda molto un fumettone, con questi eroi dalle fattezze esagerate e dalle abilità iperbolizzate. Se per gli uomini è abbastanza normale in un setting feudale presentarsi come guerrieri esagerati e dall’equipaggiamento personalizzato, nel Mare Infranto anche le donne sembrano passarsela in un modo un po’ più dignitoso di come suggerirebbe la storia dell’umanità. Mentre i loro mariti re si fanno massacrare per una canzone, le regine siedono ai tavoli dei negoziati e alle donne non si negano eccellenze: Rin è il fabbro più rinomato di tutti, Thorn è il guerriero più arrabbiato (non il più furioso, ma non si possono avere tutti i primati).
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Le folle sterminate di guerrieri sono anche analfabete, poiché la setta dei Ministranti si impegna a non diffondere lettura e scrittura ai non iniziati. Eppure, questi rozzi combattenti sembrano più culturalmente evoluti della maggior parte della gente che mi circonda tutti i giorni. Vivono sapendo che la Morte li aspetta, e non vedono l’ora di cimentarsi in un’impresa o una singolar tenzone che sarà ricordata in qualche canzone. A ogni occasione sentiamo auspicare, “Se ne potrebbe trarre una canzone”. Oppure, come mezzo efficace per dissuadere un cerchio di nemici in soprannumero, “Se ne caverebbe una pessima canzone”.
Abbiamo detto abbastanza riguardo all’ambientazione, che conosce già chi ha letto i due libri precedenti, Il mezzo re e Il mezzo mondo. In questa storia conclusiva la principessa Skara, nullatenente e unica superstite di un regno che ha perso tutto, si trova a dover tirare fuori risorse che non ha, combattere una guerra che ha già perso, e vincerla. Le sue uniche armi: il portamento regale e una fiera determinazione. L’autore dipinge efficacemente la giovane regnante caparbia, i suoi interventi memorabili con cui trascina all’azione capi di stato ben più anziani, le insicurezze da ragazzina e lo stomaco riottoso gestiti nel privato delle proprie stanze. È un’impresa non da poco, e dimostra a tutti di saper combattere egregiamente la “mezza guerra” che non avviene sul campo.
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