Fantasy e Vin Brulé – “Il trono della Luna Crescente” di Saladin Ahmed
Benvenuti a una nuova puntata di Fantasy e Vin Brulé, questa volta con Saladin Ahmed e il suo Trono della Luna Crescente pubblicato in italiano lo scorso settembre da Fanucci, nella traduzione di G. Canuso. Mentre nella scorsa puntata ci occupavamo di Glauco De Bona e di un omicidio seriale investigato dai nostrani Carabinieri, oggi ci spostiamo in un'ambientazione del tutto esotica, nella caotica metropoli mediorientale di Dhamsawaat in cui è impossibile circolare senza dover scansare in continuazione facchini e passanti.
Magia e profonda devozione nel Dio onnipotente segnano il mondo quotidiano di Adoulla Makhslood, cacciatore di ghul nonché estimatore di tè al cardamomo e libri finemente rilegati. Ma questo mondo è fatto anche di una cortesia di gesti e modi che ci apparirebbero affettati, e di scale di valori che per il lettore moderno non sono immediate. Vediamo un attimo il soggetto.
Seduto nella casa del tè di Yehyeh, Adoulla pensa con amarezza ai suoi sessant'anni, al proprio mestiere che sta scomparendo e al proprio corpo che non può più svolgerlo con l'energia di un tempo. Se però i cacciatori di ghul scarseggiano, purtroppo non scompaiono gli stregoni che animano questi mostri, con i riti dell'Angelo Traditore: ben presto Raseed, il giovane aiutante di Adoulla, giunge a chiamarlo alla casa del tè di Yehyeh per via di un ragazzino che ha visto i genitori uccisi da ben tre ghul. Le circostanze fanno pensare a un pericolo più grave del solito mago da strapazzo, e la ricerca dell'evocatore porterà Adoulla e Raseed a trovare sempre più guai che soluzioni.
Il grande pregio di questo libro è un lavoro eccellente nella costruzione dell'ambientazione e dei personaggi. Un'ambientazione viva e pulsante. Non solo leggendo avevo l'impressione di trovarmi davvero a Dhamsawaat, come dovrebbe capitare con ogni libro un po' degno di questo nome: scansavo le pozze di piscio del Quartiere degli Eruditi e mi tappavo il naso davanti al caffetano di Orshado, che è lordo di sangue e di ogni sozzeria. Gesti e abitudini, come i saluti affettuosi augurandosi la pace di Dio misti a un'altezzosità sprezzante di cui poi gli interlocutori si trovano pure a ringraziare, soprattutto se l'arroganza apparteneva alle guardie del Califfo e non è stata spiccata nessuna testa, sono pennellate forse più convincenti delle descrizioni delle cupole e della folla di Dhamsawaat.
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L'autore comunque non si è risparmiato di farmi visitare questo e quel luogo, dalla splendida Piazza degli Angeli gremita di statue così realistiche da sembrare vive, all'aperto nel Regno Vuoto dove vive la fiera gente Badawi, alle sontuose sale foderate in velluto nel Palazzo del Califfo. Mi sento come se fossi tornato da una gita turistica, condotto per mano in questi luoghi e anche indirettamente alle rovine degli antichi Faroi di Kem, che regnarono grazie alle crudeli magie dei loro Dei Morti e lasciarono piramidi maledette.
La trama principale non è originale o sensazionale come l'ambientazione, pur essendo comunque gestita molto bene. È una sana indagine alla ricerca del colpevole, in un crescendo di tensione e di disastri e rischi sempre più gravi. Prologo e intermezzi mostrano un crudele stregone che non parla mai, avvolto in un caffetano lurido, dal punto di vista di un soldato che è rinchiuso in una scatola e ne viene tirato fuori di tanto in tanto per essere torturato. Lo stregone è esplicitamente l'antagonista di Adoulla fin dalla divisa: da una parte il caffetano bianco che non può essere mai pulito, dall'altra il caffetano bianco che non si può sporcare, da cui il tè sbrodolato e le macchie di intingoli e frutta scivolano via. Qua lo stregone emaciato che ha svuotato la propria anima per far posto all'Angelo Traditore, là il cacciatore corpulento che si abbandona alla commiserazione dell'età.
Concludendo, questo libro mi ha lasciato diversi souvenir in mano. Dalla sensazione di gita turistica di cui ho già parlato, all'adrenalina per la vicenda incalzante, a una sana dose di rospi mandati giù nel vedere la prepotenza di guardie cittadine, ricchi possidenti e perfino di asceti che portano la parola di Dio a suon di randelli e scudisci. La lettura del Trono della Luna Crescente mi ha appassionato da ogni lato.
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