“Fancy Red” di Caterina Bonvicini. Un diamante rosso come il sangue
Caterina Bonvicini con il suo nuovo romanzo Fancy Red, edito da Mondadori, esplora il mondo delle pietre preziose incastonandolo all’interno del genere noir.
In Fancy Red i diamanti, con il loro fascino e le loro storie, hanno un ruolo rilevante nella struttura narrativa. Il romanzo infatti è diviso in tre parti – una per ogni lato degli otto triangoli che compongono i diamanti – suddivise a loro volta in otto capitoli. Non solo, il titolo di ogni capitolo corrisponde al nome di un diamante celebre, la cui storia è piacevolmente incassata nel romanzo attraverso le parole del protagonista. Conosciamo così il mistero del Fiorentino, passando attraverso il preziosissimo diamante blu che un cinese chiamò Josephine come sua figlia, fino a ripercorrere la vicenda del Koh-i-Noor, «la gemma più insanguinata della storia».
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Le pietre preziose giocano un ruolo metaforico in questo romanzo. La metafora dei diamanti è usata dall’autrice con un meccanismo molto simile a quello che troviamo nell’Equilibrio degli squali in cui la scrittrice costruisce a sua volta la metafora dello squalo. Il protagonista di Fancy Red, Filippo, naturalmente attratto dalle pietre preziose, fa della sua passione un mestiere così come il padre di Sofia, amante degli squali, diviene di questi ultimi studioso e fotografo. Entrambi i romanzi vivono di questi due piani metaforici. I diamanti sono centrali nella narrazione di questo noir tanto quanto l’indole dello squalo sta alla costruzione dei caratteri nel romanzo pubblicato da Garzanti nel 2008 e che è valso all’autrice numerosi premi.
Un ruolo da protagonista è riservato proprio al diamante rosso che Ludò, moglie di Filippo, indossa al naso come un piercing. Marilyn Monroe, nel 1953, cantava «i diamanti sono i migliori amici di una donna», nel celebre Gli uomini preferiscono le bionde e Ludò difatti non si separa mai dal suo Fancy Vivid Red. A riprova di ciò la ricomparsa del diamante, dopo la morte della donna, getta dubbi sull’ipotesi del suicidio e Filippo rischia di essere schiacciato dalle sue bugie.
Il romanzo si apre con Ludò riversa, priva di vita, sul pavimento della stanza da letto di una villa sull’isola di Rodi. Nella stanza c’è suo marito Filippo, gemmologo per la casa d’aste Sotheby’s di Milano, nudo e totalmente incosciente dell’accaduto. Ma nella stanza c’è anche un’altra donna, si fa chiamare Isabel e lo accusa piangendo. Il lettore si trova subito catapultato nel bel mezzo dell’azione; davanti ai propri occhi si delinea un classico indovinello aristotelico che mette a dura prova il pensiero laterale di colui che legge.
Il romanzo, che procede su più piani spazio-temporali, presenta i classici personaggi del genere noir, dal protagonista vittima o carnefice, proiettato in una spirale di autodistruzione, alla femme fatale misteriosa e un po’ rompiscatole. Proseguendo nella lettura, il lettore mette in discussione ogni certezza. Il punto di vista è infatti quello di Filippo, un uomo ossessionato dal Fancy Red che mette e toglie dalle tasche di giacche, pantaloni, pigiama e che accarezza compulsivamente, più e più volte, durate tutta la narrazione. È il punto di vista dell’assassino o della vittima? A questa domanda non sa rispondere neanche lui che vaga nel buio per tutto il romanzo. C’è poi anche il punto di vista di Ludò, la giovane moglie morta in circostanze misteriose. Quel che è certo è che non si tratti di suicidio ma questo, per gran parte del romanzo, lo sanno solo Filippo, Isabel, il probabile assassino e noi lettori complici, nostro malgrado, dell’occultamento del suo cadavere. Ludò, con le sue paure, i suoi segreti, il suo passato, si svela post mortem a Filippo e a noi lettori, attraverso delle lettere scritte al pc dalle quali conosciamo entrambi la vera Ludò.
Caterina Bonvicini nella sua carriera ha esplorato vari generi ma è proprio il noir ad essere considerato dalla scrittrice il genere “più affascinante di tutti” perché funge da “contenitore” che, nel rigore della struttura di genere, può accogliere temi importanti ed eterogenei. In questo “contenitore” l’autrice inserisce ancora una volta, come in Tutte le donne di, l’alta borghesia milanese di cui Filippo e Ludò fanno parte ma anche le storie di coloro che i due coniugi incontrano durante i loro viaggi e che permettono all’autrice di spaziare e introdurre il proprio punto di vista sul mondo. Ad esempio attraverso la figura di Maria, cresciuta nelle dure Fiandre dei minatori italiani quando gli indesiderabili eravamo noi, Caterina Bonvicini può introdurre il dramma dell’immigrazione. In seguito, in una lunga parte del romanzo, l’autrice coglie l’occasione per parlare di una guerra che il mondo sembra voler dimenticare benché combattuta a due passi dalle nostre case sicure in un tempo neanche troppo lontano. L’assedio di Sarajevo entra prepotentemente nelle pagine di questo romanzo con tutto il suo orrore. I racconti duri, le immagini terribili, i cecchini pronti a fare fuoco sui civili, la nebbia come salvezza contrapposta alla noiosa foschia milanese, sono tutti elementi che trovano corrispondenze nella realtà. Come reali sono le rose di Sarajevo, buche che feriscono l’asfalto della città come le granate che hanno distrutto tante vite e che oggi, riempite di vernice rossa, sono vivida memoria tragica di quello che fu. Filippo nel romanzo afferma: «Pensavo che anche il Fancy Red di Ludò in qualche modo poteva essere considerato una rosa di Sarajevo. Era rosso, era vivo.»
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L’autrice sceglie proprio i diamanti come correlativo oggettivo del grande baratro tra ricchezza sfrenata e miseria più nera, chiave di lettura per analizzare la contemporaneità: «I diamanti sono condannati a guardare da vicino la miseria estrema e la ricchezza estrema. Solo loro conoscono intimamente questi due opposti che non si toccano mai. Solo loro conoscono davvero il mondo. E non lo possono nemmeno raccontare.» Il dramma della contemporaneità affiora costantemente nel testo, dal semplice suono martellante delle email promozionali che annichiliscono l’esistenza del protagonista, alle vite che valgono di più e a quelle di coloro che “affogano e basta”, al destino tragico nelle miniere di diamanti in Sierra Leone.
Un thriller coinvolgente e ricco di spunti, il nuovo romanzo di Caterina Bonvicini. Un viaggio alla ricerca della verità attraverso il fascino abbagliante di un piccolo diamante rosso come il sangue.
Per la prima foto, copyright: Joshua Fuller.
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