Facciamo parlare le donne dell’Odissea. Intervista a Marilù Oliva
S’intitola L’Odissea racconta da Penelope, Circe, Calipso e le altre (Solferino) ed è un vero e proprio esperimento letterario realizzato da Marilù Oliva, che per un attimo abbandona la sua usuale veste di autrice per dedicarsi a una sua “antica” passione, l’Odissea appunto.
L’approccio al testo omerico però segue una strada diversa dal solito. Marilù Oliva riesce, attraverso una vera e propria operazione di scavo nel poema, a dare voce alle donne dell’Odissea, permettendo loro di raccontarsi e raccontare la propria verità in prima persona.
Il suo, più che una riscrittura dell’Odissea, mi sembra un lavoro di scavo nell’opera attraverso i personaggi femminili a cui ha dato voce per permettergli di raccontare la loro storia e il loro Ulisse in prima persona. Come ha lavorato a quest’operazione? A quali aspetti ha prestato maggiore attenzione e su quali ha incontrato più difficoltà?
Ho seguito la traccia omerica avvalendomi delle traduzioni a mio avviso più valide (ovvero quelle da un lato meno pompose, dall'altro più affidabili filologicamente) e facendo sulle stesse un lavoro di rielaborazione, ricorrendo alle mie conoscenze di greco antico laddove insorgevano dei dubbi. Ho proceduto poi mediante tecniche quali sintesi, ellissi, pochissime forzature sull'impianto narrativo che resta quasi identico a quello omerico. Tutto ciò che scrivo – passaggi, ambientazioni, situazioni, fulcro dei dialoghi – si trova nell'Odissea, ma ho cercato di infondere alla narrazione un ritmo adatto al gusto del lettore moderno, quindi ho evitato le ridondanze, ho dosato il ricco formulario e gli epiteti, ho riassunto alcune parti (la Telemachia, ad esempio, inserita e spostata al secondo capitolo). Quanto al lavoro di scavo di cui parlava, mi sono concessa qualche libertà per quanto riguarda l'animo umano: lo scopo è stato dare una caratterizzazione differente alle diverse voci femminili che scandiscono i capitoli. Ho cercato di prestare attenzione a tutto, poiché trattavo una materia per me sacra, e la parte più difficile è stato il continuo controllo e confronto con l'originale affinché non venisse tradita l'autenticità del poema.
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Quali ragioni l’hanno spinta verso un approccio di questo tipo a un classico come l’Odissea? E perché ritiene che una tale operazione sia oggi importante e utile?
Ci sono molte versioni per ragazzi dell'Odissea. E diverse rielaborazioni o rivisitazioni, alcune anche eccellenti (penso a Eva Cantarella) acutissime e dotte (penso a Giulio Guidorizzi), per fare solo due esempi. Libri che ho letto con passione e fatto adottare dai miei allievi. Come lettrice ho sempre pensato che sarebbe stato bello leggere l'Odissea, quella vera, non ritoccata né interpretata, anche in una versione pop, raccontata dalle voci femminili: ero certa – e su questo non credo di essermi sbagliata – che le donne di Omero avessero da dire molto più di quanto venga fatto proferire loro nei versi.
Lavorando sui personaggi femminili del libro che idea si è fatta della loro personalità? Quali elementi della loro psicologia ha già trovato nel poema omerico e quali vuoti ha invece dovuto colmare?
Quello che non ho trovato, l'ho recuperato nel grande calderone del mito, facendo molta attenzione che la versione omerica non venisse contaminata dalle numerose varianti (penso a Elena, sulla quale abbiamo diverse narrazioni). Ciò che del carattere di ciascuna non era esplicitato nell'Odissea né nell'epica, l'ho indovinato sulla base della plausibilità e del buon senso.
Quello che ho capito da queste donne è che, in generale, sono tutte molto più complesse di quanto possa far credere una prima lettura. Calipso non è solo frivola ed egoista, ad esempio. Capisco che non voglia privarsi di Ulisse: lasciarlo andare significherebbe ripristinare una solitudine che le rende l'isola di Ogigia – pur con tutta la sua amenità – una gabbia dorata. Circe non è malvagia: trasforma gli uomini in bestie affinché non siano loro a trasfigurarla (e qui scattano le affinità con Karabà del bellissimo lungometraggio di ambientazione africana Kirikù e la strega Karabà), il suo attacco è alla fine una strenua difesa. Penelope non è così noiosa e prevedibile come amano dipingerla: esiste addirittura una variante del mito (da me non accolta) che assicura che, durante l'assenza del marito, lei abbia generato un figlio con il dio Pan. Ognuna di loro serba diverse sorprese, basta soltanto ascoltare attentamente le loro voci.
Rapportarsi con queste donne e con le loro voci immagino l’abbia aiutata anche a vedere Odisseo in una nuova dimensione. Quali aspetti del protagonista omerico, prima in ombra, questo lavoro le ha permesso di mettere in luce?
Il rispetto verso l'altro. Tutti ricordiamo facilmente la sua poliedricità, la sua astuzia, la sua sagacia, ma per me è toccante come cerchi di comportarsi seriamente verso chiunque incontri (a meno che l'altro non lo danneggi, come fa Polifemo) e per questo Odisseo è tenuto in grande considerazione anche dagli dei. Cito come esempio la cura quasi paterna con cui cerca disperatamente di salvare ogni volta i suoi compagni dai guai. Riesce a essere una persona leale perfino quando imbroglia il prossimo, perché ricorre alla furbizia non per il mero gusto di primeggiare, ma solo quando è in gioco la sua sopravvivenza.
Com’è cambiato il suo rapporto con l’Odissea durante e a seguito di questo lavoro?
Ho capito fino in fondo la grandezza di un'opera che, a buon merito, è stata epicentro dell'immaginario letterario per più di due millenni.
Penelope, Nausicaa, Calipso, Circe, le Sirene… cos’hanno da dire alle donne di oggi? E agli uomini?
Che se si vuole appartenere a una società nel senso più alto del termine, devono essere annullate le differenze di genere. Tutti devono collaborare, tutti devono avere pari diritti e medesimi spazi di azione: Penelope è una regina che governa su un'isola e conserva, nonostante le estenuanti richieste di matrimonio, il trono del marito – caso inaudito per una donna, nella tarda età del bronzo. Nausicaa è un'adolescente che, contravvenendo alle regole di buon comportamento per una principessa, dà rifugio a un migrante che le è piombato sporco e sciupato alla foce di un fiume. Atena protegge Ulisse durante l'intero suo viaggio: lui si sarebbe perduto senza di lei. In una civiltà seria, insomma, tutti abbiamo bisogno della collaborazione degli altri, tutti dobbiamo tenderci una mano. E non a caso, un luogo in cui non entrano le donne, nell'Odissea, è l'antro del ciclope: l'archetipo della creatura non civilizzata, primitiva, cannibalesca, che si fa beffe delle leggi morali e molto probabilmente considera le donne inferiori.
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A quale di queste donne si sente maggiormente legata? A quale invece si sente meno affine? E perché?
Vorrei sceglierne una, ma sono in difficoltà: ho finito per amarle tutte, inclusa la rassegnata Euriclea, la vecchia nutrice che da giovane era stata acquistata da Laerte in cambio di venti buoi. Mi piacerebbe approfondire la figura di Atena, ma non oso addentrarmi oltre quel confine per cui l'uomo non può avere troppa confidenza con il divino. Mi affascina Circe, anche grazie alla lettura della Miller: amo le contraddizioni e le ombre che albergano negli animi. Forse la più distante da me è Elena, ma per lei mi dispiace molto: perché tutta quella decantata, abbacinante bellezza si è rivelata più una trappola che un vantaggio.
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La terza foto è di Grazia La Notte.
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