EPICA e la seconda migrazione degli italiani in Argentina
EPICA (Encuesta de Presencia Italiana Contemporanea en Argentina) è un sondaggio, parte di uno studio di ricerca accademica indipendente, che riguarda la recente mobilità di cittadini italiani in Argentina. Il progetto mira a conoscere le ragioni, le situazioni, i progetti, le ambizioni dei tanti italiani che recentemente hanno deciso di vivere in Argentina. L’idea è quella di raccogliere dati concreti per misurare, a livello sociologico, un fenomeno che pare essere via via più consistente nonché evidente. Sempre più infatti sono giovani e no che, sulle orme dei loro nonni, scelgono questa terra lontana come destinazione. È un fenomeno interessante sotto vari punti di vista, e ben più complesso di quello che apparentemente sembra. Cosa porta un italiano a trasferirsi in Argentina? Cosa gli può offrire in più della bella Italia un Paese dall’economia tanto instabile, dalla moneta pressoché senza valore, dai grandi paradossi e contrasti, caratterizzato da una malcelata povertà nelle periferie delle poche città distribuite in un territorio vasto come un continente nel lontano sud del mondo? Specialmente se si pensa che il desiderio di ogni giovane argentino è quello di vivere in Europa e, il più delle volte, proprio in Italia. Perché, troppi sono i fili che tuttora legano inesorabilmente l’identità argentina a quella italiana.
Buenos Aires in effetti è sospesa in aria. Non si concede un’identità pacifica e acquisita, non la lascia sedimentare nei tessuti delle sue tradizioni: non si lascia stare e pensa sempre ad altrove. La sua nascita moderna, avvenuta appunto con il flusso migratorio che l’ha invasa e l’ha costituita, è momento ancora vivo nella memoria collettiva; troppo recente per essere del tutto e completamente digerito. Molti di quei migranti – per lo più italiani e spagnoli – che nella prima metà del secolo scorso si sono imbarcati verso il Rio de la Plata sono ancora vivi, e vivo è in loro il ricordo delle terre dalle quali sono stati sradicati. «Ho pianto per tre anni quando sono arrivata qui», confessa un’anziana signora di origine calabrese, che parla ancora perfettamente italiano, partita da Genova a diciannove anni. Un altro porteño racconta con palpabile emozione di come grazie al computer di suo nipote, e soprattutto a Google Map, sia riuscito a rivedere non solo il paesino siciliano nel quale è nato e vissuto per quindici anni, ma la sua stessa casa natale. Racconti di strada che fanno intendere quanto ossigeno abbia la fiamma di un’italianità che, nonostante il tempo e un oceano in mezzo, ancora non ha smesso di vibrare e scaldare forte i pensieri. La quale fiamma viene passata come testimone olimpico ai figli e ai nipoti, che amano un paese visto e raccolto a frammenti attraverso gli occhi innamorati dei loro padri. Lo storico argentino Tulio Halperin Donghi parla di italianità «onnipresente e sfuggente allo stesso tempo». «A volte penso che non sono argentino: infatti non ho né sangue né cognome italiani», chiosava Borges.
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L’Argentina guarda quindi con sincero interesse – e spesso stupore – a questa seconda ondata migratoria italiana. Non comparabile alla prima a livello numerico, non lo è nemmeno a livello motivazionale e strutturale. Non si emigra per fame o per guerra, non dall’Italia di oggi, fortunatamente. Non si viaggia più su di una nave per tutto l’Oceano Atlantico, con in mano un biglietto di sola andata. L’ipermodernità sposta il mondo su milioni di arei che vanno e vengono nei nostri cieli, dandoci sempre la possibilità di tornare. Niente è più definitivo: le possibilità di essere si aprono come un ventaglio nel banchetto dell’esistenza. Ecco che diventa difficile catalogare i “nuovi” italiani in Argentina: c’è chi rimane a vivere stabile, chi si ferma per qualche anno e chi per alcuni mesi. Il concetto tradizionale di migrazionesi scontra con quello tutto contemporaneo di viaggio, e dalla frizione tra i due nasce la dimensiona ibrida che meglio rappresenta il fenomeno.
EPICA si rivolge agli italiani residenti permanenti e semi-permanenti in Argentina a partire dall’anno 2000.E non a caso è una iniziativa del Laboratorio di Idee Italia-Argentina (LIA), un gruppo di giovani Italo-Argentini che lavorano in maniera autogestita in collaborazione con l’Ambasciata Italiana di Buenos Aires per (paroledella coordinatrice Maria Ines Tarelli) «ridare significato a questa identità italiana odierna». È proprio un gruppo ibrido, contaminato in maniera diretta e indiretta dalla doppia migrazione (quella di ieri e di oggi) che cerca di inquadrare l’attuale fenomeno, quasi guardandosi allo specchio. E piuttosto che alla domanda “chi sono” questi nuovi italiani, risponde al “chi siamo”, indagando un’identità intensa quanto sfuggente, a cavallo tra un passato che non smette di irrompere nel presente e un presente che scava incessantemente alla ricerca di risposte nel passato.
EPICA darà risposte concrete che alimenteranno sempre più domande. Le domande portanti che formano la linfa e il tessuto identitario di quest’immensa terra argentina, lunga treccia di storie inesauribili e narrazioni d’altrove.
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