Entrare nella mente di una donna. “Quante bugie hai detto questa sera” di Alessio Di Girolamo
Puntata n. 94 della rubrica La bellezza nascosta
«Il Signore però non mi ascoltava, perché era molto impegnato e aveva tanto da fare, o forse perché con le mie cose, se mi impegnavo, magari potevo farcela da sola. Allora gli dicevo che volevo soltanto crescere, crescere e diventare grande come la mamma. E forse ci stavo riuscendo, perché già da un po’ sentivo che la Voce era cambiata: quando ero piccola, era sottile come quella di una vecchia saggia e gentile, una bisnonna che la sera, prima che chiudessi gli occhi, mi spiegava quello che non avevo ancora capito.»
Il viaggio umano è fatto di desideri e di speranze, è fatto di carne, di contatto, di tutte le cose che ci dicono di non fare e di tutte quelle cose non avremmo mai voluto fare. Spesso è un gioco a perdere, si scommette solo sulla nostra pelle e se si cade, si cade rovinosamente e se si sanguina, si sanguina fino a perdere la forza. Vivere è un percorso lungo il quale se in principio ti cade qualcosa addosso, ti porterai per sempre dentro la testa il movimento di quella frana, il tonfo, i graffi, le lacrime; diventerà tutto parte di te fino a infilarsi sotto la pelle, a infettare ogni singolo movimento futuro; ma è anche e soprattutto un sentiero di scoperte, di gesti compiuti per la prima volta, di luoghi infestati e di promesse scadute, consumate a forza di essere nominate.
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Alessio Di Girolamo a Torino nel 1981, Quante bugie hai detto questa sera è stato pubblicato da Terrarossa edizioni.
Anna ci racconta la sua educazione sessuale, partendo dall’infanzia, ci porta nelle sue giornate bambine, nella sua adolescenza, nelle sue prime volte, provando anche a fermare nella sua mente quella felicità che spesso pare essere svanita con troppa velocità.
In Quante bugie hai detto questa sera, Alessio Di Girolamo, con un potente flusso di coscienza, entra e ci fa entrare nella mente di una donna, e prima ancora di una bambina e di una ragazzina; una vera e propria educazione sentimentale, in cui ciò che conta non è quanto rumore c’è fuori, ma quanto possa rimbombare la vita dentro il cervello.
Anna cresce e diventa donna, ma tra le pagine possiamo trovare e capire tutte le crepe, tutti i buchi emozionali che l’hanno portata a diventare adulta; e possiamo sentire il dolore e la disillusione direttamente dalla sua bocca, la possiamo ascoltare stupirsi bambina, sorprendersi, la possiamo ascoltare mentre esplora altri corpi, mentre prova a districarsi da sé stessa e da tutto quello che avrebbe dovuto essere.
«Rimanevo con la nonna dal mattino presto sino all’ora di pranzo, comportandomi come una nipote modello, e a metà pomeriggio scomparivo per incontrarmi con qualcuno: ragazzi di cui adesso non ricordo neppure il nome. La sera uscivo per non stare in casa, dicevo che dovevo vedere gli amici anche quando, il più delle volte, non avevo appuntamento con nessuno, e con i ragazzi che incontravo per caso facevo quello che dovevo soltanto per stordire il Grillo di umori e sudori e riempire i minuti che mi separavano dal rientro a casa.»
Anna va avanti e indietro nel tempo e prova nella sua confusione a tracciare una mappa, qualcosa che possa dare un senso alla sua vita, cerca spiegazioni, formula teorie e forse tutto quello che realmente insegue è il suo perdono. Tutto viene narrato con dei movimenti veloci, a volte destabilizzanti, grazie a una scrittura accattivante ne viene fuori un libro che risulta molto veloce e compatto, ma mai banale.
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In un andirivieni di pensieri scomposti e confusi, di voglia di fuga e bisogno di protezione, Alessio Di Girolamo ci consegna un romanzo ben fatto, un libro che riesce a essere duro, buio e al contempo, luminoso.
«La mamma ha ripreso a respirare normalmente e io ho continuato ad accarezzarla con una mano, tenendole la testa con l’altra. Aveva sempre lo sguardo fisso, ma sembrava tranquilla adesso. A un tratto ha ricominciato a rantolare e a lamentarsi, sembrava che dicesse il mio nome, ma non ho capito bene. Un lungo e profondo colpo di tosse le ha fatto inarcare la schiena, come piegandola in due, poi il corpo si è nuovamente rilassato e la mamma ha tirato un lungo sospiro. Ho pensato che in quel momento assomigliava al nonno.»
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Ci portiamo dietro il bagaglio del luogo in cui siamo cresciuti e dentro gli occhi avanza inesorabile la tempesta dell’eredità familiare, quello che ci hanno inculcato, quello a cui siamo riusciti a sfuggire; e un giorno ci guardiamo allo specchio e troviamo la storia di un padre o di una madre, la storia di regole e divieti, e la troviamo nelle occhiaie per l’insonnia, sul rossetto appena consumato, nella barba tagliata alla perfezione o lasciata in disordine.
Per la prima foto, copyright: Logan Weaver su Unsplash.
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