Emily Dickinson e le sue lettere d’amore e d’amicizia
Emily Dickinson, la vergine di Amherst, non fu solo la grande poetessa che noi conosciamo, ma curò un intenso epistolario nel quale testimoniò la sua stima, la sua amicizia, il suo affetto e il suo amore a diversi interlocutori, incluse le sue amiche che amò con una dolcezza che non costerebbe fatica considerare unica.
Qui di seguito vi proponiamo alcune lettere inviate da Emily Dickinson a Jane Humphrey, Emily Fowler e Susan Gilbert, tratte da Lettere d’amore, l’epistolario pubblicato da IlSaggiatore nel 2014 a cura di Giuseppe Ierolli e che sarà riproposto il 10 novembre nel cofanetto Il miracolo della letteratura, insieme a La gioia maiuscola di essere scrittori di Thomas Mann, Ogni cosa è da lei illuminata di Annemarie Schwarzenbach e I nomadi di John Steinbeck.
23 gennaio 1850 – Jane Humphrey
Cara Jane.
Ti ho scritto un gran numero di lettere da quando mi hai lasciata – non il genere di lettere che passano per gli uffici postali – e viaggiano nei sacchi – ma strane – silenziose letterine – tanto piene di affetto – e piene di confidenza – ma senza prova per te – perciò non valide – comunque tu non risponderai a quelle – e vorresti lettere di carta, e inchiostro – proverò con una di queste – anche se non sono preziose nemmeno la metà delle altre. Ho scritto quelle di notte – quando il resto del mondo stava dormendo – quando solo Dio era tra noi – e nessun altro poteva sentire. Nessun bisogno di chiudere la porta – né di bisbigliare timidamente – né di temere l’orecchio di ascoltatori – perché la notte li teneva saldamente tra le sue braccia e non potevano interferire – e le sue braccia sono muscolose e forti. Talvolta non sapevo se tu fossi sveglia – e speravo che tu scrivessi con quella penna dello spirito – e su fogli venuti dal cielo. Lo hai mai fatto? – siamo state insieme in qualcuna di quelle notti?
Ti voglio bene – e ti ricordo Jane – e ho cercato di convincerti di questo in modo visibile – ma non è facile tentare quando si è in casa – Vinnie lontana – e le mie due mani non altro che due – non quattro, o cinque come dovrebbero essere – e così tante esigenze – e io così tanto disponibile – e il mio tempo così poco considerato – e il mio scrivere davvero così non necessario – e sono veramente arrivata alla conclusione che dovrei essere una sciagurata senza pari se dedicassi anche un’oncia di tempo per un’attività così empia come scrivere una lettera a un’amica – non dovrei avere nessun bisogno io di simpatia – o ancora meno di affetto – o meno di tutto – di amici – pensa alla casa – e al cibo – spazza se sei giù di morale – niente come l’esercizio per irrobustire – e rinvigorire – e aiutare a scacciare tali sciocchezze – il lavoro rende forti, e allegri – e per la compagnia quale vicinato migliore di quello che ho? Lo zoppo – lo sciancato – e il cieco – il vecchio – l’infermo – l’allettato – e decrepito – il brutto, e antipatico – quello che mi è perfettamente odioso – tutti questi da visitare – e da ricevere – un’opportunità rara per coltivare l’umiltà – e la pazienza – e la sottomissione – e per voltare le spalle a questo mondo tanto peccatore, e malvagio. In un modo o nell’altro mi sento incline ad altre cose – e Satana le cosparge di fiori, e io allungo le mani per coglierle. La strada del dovere mi sembra davvero molto brutta – e il posto dove io voglio andare più amabile – di gran lunga – è più facile fare il male che il bene – così piacevole essere cattivi piuttosto che buoni, non mi meraviglia che gli angeli buoni piangano – e quelli cattivi cantino canzoni. È da molto che non ti vedo Jane – e mi manchi davvero tanto –
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Circa 1851 – Emily Fowler
Ho così paura che mi dimenticherai cara Emily – in queste fredde giornate d’inverno, in cui non posso venire a trovarti, che non ho potuto fare a meno di scriverti questa manciatina di parole – per costringerti a pensare a me; forse ti farà ridere – può essere che io sia una sciocca ma talvolta ti voglio così bene – non che non te ne voglia sempre – ma talvolta con più tenerezza – e con un tale desiderio di vederti che mi accorgo di pensare a te quasi prima di esserne consapevole. Quando avrò la tua età14 e avrò avuto così tanti amici, forse non mi sembreranno così preziosi, e allora non scriverò più piccoli «biglietti amorosi» come questo, ma tu mi perdonerai adesso, perché non ne ho avuti molti cari quanto lo sei tu per me – certo, so che non potrò averti per sempre – un giorno un «ardito dragone» ti porterà via e ne avrò di strada da fare per poi magari non ritrovarti – allora rammenterò tutte queste dolci opportunità e mi sentirò così afflitta al pensiero di non averne approfittato. Mi piacerebbe avere qualcosa di nuovo, o di molto lieto, da dirti, tanto da riempire per tutto il giorno di luce solare quella nobile cucina, ma non c’è nulla di nuovo – né in verità potrebbe esserci – perché è tutto così vecchio; ma qualcosa di lieto c’è se il ricordo degli amici è sempre dolce e gioioso. Risolvi questo problemino, cara Emily, se ti è possibile: Tu hai «così tanti» amici – tu sai quanti – allora se tutti ti amano la metà di quanto ti amo io, dimmi – quanto fa?
Fantastico di catturare il tuo conteggio su una bizzarra lavagnetta, con la più incorporea e piccola delle matite – non voglio interromperti –
Cara Emilie –
Addio!
LEGGI ANCHE – Aprimi con cura – Lettere di Emily Dickinson
6 febbraio 1852 – Susan Gilbert
Oh mia cara, da quanto tempo sei lontana da me, come mi sono stancata di aspettare e cercare, e chiamarti; talvolta chiudo gli occhi, e il cuore a te, e mi sforzo di dimenticarti perché mi addolori così tanto, ma tu non te ne andrai mai, Oh, non lo farai mai – dillo, Susie, promettilo ancora, e sorriderò debolmente – e riprenderò sulle spalle la mia piccola croce di triste – triste separazione. Come sembra vano scrivere, quando si sa quanto si è sensibili – quanto sarebbe più intimo sedere accanto a te, parlare con te, ascoltare il suono della tua voce –
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