“Elogio del bar” di Goliarda Sapienza: un invito all'espressione della propria natura più autentica
La copertina di Elogio del bar di Goliarda Sapienza (Elliot, 2014) è un invito a sedersi tra le pagine di questo libriccino: due sedie, un tavolino e due tazze su uno sfondo color caffè, o cioccolato. Viene voglia di ordinare a un ipotetico cameriere un po' di tempo per leggerlo, giusto un intervallo tra le incombenze quotidiane.
Mi sono imbattuta per caso in questo libro, raccolta postuma di due racconti intessuti di ricordi autobiografici, quasi a replicare gli incontri fortuiti che possono capitare in un locale pubblico. Come in ogni tentativo di conoscenza, però, le aspettative possono venir deluse e l'attesa di una rivelazione rimanere sospesa in un vuoto di senso. Credevo di poter leggere una sorta di celebrazione dei momenti di pausa-caffè, un flusso lieve di osservazioni su bevande, cibi, umanità varia che sfila e si sovrappone ai precedenti clienti senza soluzione di continuità. Invece alla prima lettura chiudo il volumetto perplessa. Se il primo racconto è un esempio di chiacchierata da bar con effetto sorpresa un po' disturbante, il secondo brano si frammenta in pensieri che sembrano sparsi al vento.
In realtà sono sassolini di provocazione lanciati contro i vetri di un'apparente disinvolta banalità del tema. Non soddisfatta dalla prima impressione, infatti, riprendo in mano la pubblicazione e alla seconda lettura emergono tre blocchi di ricerca, tre problematiche che si sviluppano in questo «spazio voluto dal misconosciuto dio del Caso», il bar. Come durante un viaggio in treno, analogia esplicitata dalla stessa Goliarda, scambiare alcune parole con persone sconosciute e mai più riviste è un'esercitazione verso la saggezza, una lotta contro la censura e l'autocensura, uno scontro permesso dalla sospensione del luogo: si può accordare la confidenza più profonda a rapporti che si concluderanno in un tempo limitato, brevissimo.
La finitezza e la precarietà del momento innescano presagi di morte: già evocata dall'assassino coprotagonista del primo racconto, nel secondo si palesa, anticipata dall'angoscia di aver saltato per un giorno il rito del bar. La mancanza della sosta quotidiana innesca la nevrosi e carica il caffè di poteri scaramantici, quando si apprende della concomitante scomparsa di Cesare Zavattini, il regista grande amico dell'attrice. L'ingenuità di una superstizione contrasta con le preoccupazioni sulla vecchiaia, risolte da una pacifica rassegnazione sull'ineluttabilità del destino umano. Sono inutili i sacrifici per preservare la salute, la «mutilazione del piacere di vivere»non azzera il conto da pagare all'esistenza.
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E se è infruttuoso ogni tentativo di conservarsi, a cosa serve la scrittura? Goliarda Sapienza non scrive al bar, non è perlomeno un'abitudine consolidata, ma si lascia trascinare dalla comunicazione diretta, dal contatto umano. Non si ritira sulla sua penna ma partecipa alle conversazioni, stimolando con larghi sorrisi e domande pungenti il racconto delle vite degli altri.
Il dualismo tra voce e scrittura ricalca la carriera dell'autrice, nata all'Accademia d'Arte Drammatica di Roma e prestata al cinema prima dell'approdo alla letteratura. Sembra quasi di avvertire uno scarto di prospettiva, dall'azione individuale che staglia il protagonista sul palcoscenico alla riflessione dialogica che mescola due coscienze su un piano condiviso. Chissà come avrebbe reagito Goliarda alla comparsa dei social network, luoghi di ritrovo che per certi versi si sono sostituiti al bar. Come avrebbe interpretato la necessità schizofrenica di registrare in tempo reale la cronaca minuta della vita quotidiana, lei che giudicava l'uso in lingua italiana una traduzione, la «fatica inutile di un essere sradicato»?
Io non credo che avrebbe mai scritto un Elogio delle piazze virtuali. Come instaurare una vera corrispondenza di emozioni con la moltitudine che talvolta intasa gli spazi pubblici? L'Elogio del bar invece può essere declamato, e può essere letto come una curiosità, un equivalente dell'aneddoto in una biografia, ma forse è più aderente alle intenzioni dell'autrice considerarlo come un invito all'espressione spontanea della propria natura più autentica. Goliarda Sapienza, da buona siciliana, ha due punti fermi: il caffè e il mare. Uno per riversare le parole, l'altro per accogliere il silenzio. Elogio del bar non sarà un capolavoro imprescindibile, ma è una buona lente per cogliere alcuni dettagli del nostro mondo, e se inclinata bene, per farli incendiare.
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