Elizabeth Pisani ci guida alla scoperta dell’Indonesia, una nazione improbabile
È stato pubblicato da Add Editore Indonesia, ecc. Viaggio nella nazione improbabile della giornalista e divulgatrice Elizabeth Pisani, un corposo volume che ci conduce alla scoperta di questa nazione immensa e ai più sconosciuta. È il primo titolo del catalogo di una nuova collana dedicata all’Asia dalla casa editrice tornese, nata da un’idea di Ilaria Benini.Fondatrice di Flux Kit– ConnectingCultures, ha organizzato in Myanmar il festival internazionale di cultura e arti Contemporary Dialogues Yangon e fa parte del comitato consultivo per il Sudest asiatico del Ministero della Cultura di Taiwan. «Vogliamo attirare in Italia l’aria positiva e costruttiva che si respira in Paesi poco conosciuti – dichiara –, lasciandoci ispirare dalle strategie umane individuali e collettive che costruiscono i contesti asiatici. Paesi lontani e al tempo stesso familiari: gli uomini in tutto il mondo agiscono seguendo gli stessi impulsi, in fondo».
Il libro scritto dalla Pisani è più di una guida turisticae arricchisce di gran lunga il folto novero dei libri di viaggio: è un racconto divertente, ricco di informazioni e di episodi di vita vissuta – alcuni dei quali davvero avventurosi – lunghi 20.000 km: dalle isole più sperdute e rurali fino agli angoli più cosmopoliti e moderni dell’arcipelago vulcanico indonesiano.
Vige una regola assoluta: dire di sì sempre e a qualsiasi cosa per conoscere tutto e arricchirsi di esperienza. Un tè col sultano? “Fantastico!” Partecipare a una pesca al pesce spada? “Perché no?” Visitare la nonna morta? “Certo!”. Solo così Elizabeth Pisani, che ha vissuto e lavorato in Indonesia per quindici anni, prima come giornalista per Reuters, poi come epidemiologa per il ministero della Salute, mentre attualmente dirige una società di consulenza per la sanità pubblica nel Regno Unito, è riuscita a comprendere e a penetrare una realtà così lontana da quella europea e occidentale. Non una semplice turista, ma una cittadina. In quest’intervista la Pisani ci racconta il suo viaggio alla scoperta dell’Indonesia, una nazione improbabile.
Come mai ha deciso di pubblicare questo libro?
Fondamentalmente perché mi sentivo alquanto frustrata dalla sensazione di essere considerata “strana” da amici e parenti e volevo fare conoscere la bellezza di questo Paese veramente straordinario e poco conosciuto. In effetti, non ho trovato niente del genere o comunque qualcosa che si avvicinasse a un ritratto dell’Indonesia moderna e contemporanea. Ho messo insieme storia, geografia, usi e tradizioni, e la ragione per cui non è mai stato scritto qualcosa di simile prima d’ora è perché è davvero difficile mettere insieme tutte queste informazioni. All’inizio credevo fosse un’impresa semplice, ma dopo quattro anni ho realizzato che non era proprio così. Bisogna ricordare che l’Indonesia è una delle realtà economiche più importanti del Sud-Est Asiatico, probabilmente, il Paese più invisibile nel mondo. È anche il più grande Paese musulmano, esteso su un arcipelago di oltre 17mila isole e circa 700 lingue. Ogni posto che ho visitato era diverso da quello precedente. Ciò che mi interessava era contribuire a far cadere luoghi comuni e stereotipi.
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Qual è stato il suo approccio, il suo metodo per lavorare alla stesura del libro?
Ho esaminato tutti i dati a mia disposizione e li ho messi insieme, ma mentre lo facevo mi rendevo conto che l’Indonesia è talmente enorme, talmente ricca, talmente diversa e sfaccettata che non è facile condensare l’esperienza, esemplificandola. Forse, possiamo azzardare un paragone dicendo che l’Italia è ciò che di più simile all’Indonesia si possa trovare per l’infinita varietà di sfumature che possiamo attraversare in tutti i campi. È una nazione improbabile alla stessa maniera. Come l’Indonesia, anche l’Italia è stata un universo di piccole nazioni-stato, di principati, talvolta uniti dal commercio, talvolta lontani e in guerra. Possiamo dire che l’Italia, così come l’Indonesia, non ha una sola cultura dominante o un’espressione geografica prevalente. Per queste ragioni, è stato quasi impossibile mantenere un approccio scientifico nella compilazione del volume.
Perché la definisce una nazione “improbabile”? Sembra avere un significato negativo…
Ero molto preoccupata del titolo, in effetti, anche se non penso che abbia una connotazione negativa. In realtà credo che il significato intrinseco sia piuttosto “miracolo”, perché l’Indonesia è, per molti aspetti, un miracolo, in primo luogo per il modo in cui è venuta a esistere, ed in secondo luogo per il modo in cui continua a esistere. Come entità politica non aveva, alle origini, una struttura amministrativa coerente e organizzata.
Ci parla della “Regola del sì”?
Ho viaggiato da sola, con ogni mezzo possibile. Soprattutto mi sono messa in gioco, creando empatia, sfruttando la capacità di osservare le situazioni. Gli indonesiani sono tra i popoli più ospitali del mondo e quindi ho accettato di fare tutte le esperienze che mi venivano proposte, anche quelle che mi sembravano più assurde. Così sono riuscita a conoscere l’Indonesia, ad arrivare su isole di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Ma sono stata accolta ovunque, dalla gente più colta e istruita a quella più semplice. Ho viaggiato su autobus chiassosi che avevano i sacchetti per il vomito appesi al tettuccio. Posso contare sulle dita di una mano le volte che non stata trattata con gentilezza e anche il numero di giorni in cui non ho conversato di corruzione, incompetenza, ingiustizia e dei colpi bassi del destino.
Lei ha girato il mondo come giornalista e conosce bene alcune realtà, tra cui quella indonesiana appunto. Che cosa pensa di questo momento storico che stiamo attraversando?
Penso che non abbiamo memoria storica e abbiamo dimenticato i nostri errori commessi in passato. In particolare, molte nazioni europee hanno dimenticato come sono riuscite a diventare tali, soprattutto grazie alla commistione di culture e di persone che hanno arricchito il patrimonio preesistente. È un momento storico difficile quello che stiamo attraversando, sicuramente.
Ha svolto tanti mestieri nella sua vita: c’è qualcos’altro che intende provare?
Mi piace provare a fare tante cose, sono una curiosa per natura, e non è detto che alle cose che facciamo dobbiamo per forza dare un nome. Sicuramente vorrò provare nuove esperienze e continuerò in questa direzione.
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