Editore arrestato in Bangladesh per «offese all’Islam»
Si parla poco del Bangladesh, almeno qui in Italia. E se ne parla ancora meno in relazione all’Islam, nonostante nel Paese quasi l’89% della popolazione (su oltre 160 milioni di abitanti) sia di fede musulmana.
Senz’altro si tratta di un Paese dalla storia travagliata, anche a causa delle ingerenze occidentali, ma la diffusione della religione musulmana vanta una lunga tradizione, potendo risalire al XII secolo quando l’Islam fu introdotto nella regione da un gruppo di monaci sufi, mistici di fede islamica.
Negli ultimi anni, però, è in corso un movimento per la laicizzazione dello Stato, che rende particolarmente turbolenta la situazione in Bangladesh e quanto stiamo per raccontarvi si inserisce a pieno in questo contesto e colpisce in maniera radicale la cultura e l’editoria del Paese.
Il contesto
Questo mese, come ormai da diversi anni a febbraio, in Bangladesh è in corso la Omor Ekushey Boi Mela (Ekushey Book Fair), la fiera del libro più importante, istituita in onore degli agitatori politici morti il 21 febbraio 1952 durante una manifestazione per il riconoscimento del Bengali come una delle lingue ufficiali dello stato. Una fiera, dunque, che fin dalla sua nascita, dovrebbe segnare il passo rispetto ai processi di rinnovamento del Paese.
Gli antefatti
Nel 2012, partecipa alla fiera anche Shamsuzzoha Manik, titolare della Ba-Dwip Prokashony (Ba-Dwip Publications), e vi presenta un libro edito nel 2010. Si tratta dell’antologia Islam Bitarka (Il dibattito nell’Islam) che fu accolta senza nessun problema e ostacolo da parte degli organizzatori della fiera.
Nel frattempo, però, il movimento per la diffusione di un pensiero laico e le critiche alla forte incidenza della religione nella vita pubblica hanno preso piede e la reazione di vari gruppi islamisti radicali ha contribuito a creare una situazione non proprio favorevole a qualunque forma di dibattito.
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La svolta del 2016 e l’arresto dell’editore
Quest’anno, la situazione si è evoluta in maniera molto diversa per Malik.
Le autorità, infatti, dopo aver informato gli organizzatori della fiera, lo scorso 15 febbraio hanno chiuso lo stand della Ba-Dwip publications presso la Ekushey Book Faire arrestato l’editore e due suoi dipendenti con l’accusa di aver promosso un libro che offende i sentimenti religiosi e per averne postato il contenuto online nel blog tenuto dall’editore.
Fonti interne della polizia rivelano, infatti, di aver appreso dai social network che il libro incriminato contiene ripetute «offese all’Islam», in particolare nel capitolo Muslim Manosher Jouna Bikrtiti (Perversione sessuale della mente musulmana).
«Abbiamo trovato materiale controverso nel libro, che usa anche parole sgradevoli per descrivere il Profeta Maometto», è quanto dichiarato dal capo della polizia.
Tutte le copie del libro sono state confiscate e altri cinque libri dello stesso editore sono stati requisiti per verificare se contengono materiale che possa offendere il sentimento religioso del Paese.
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I confini legali
Il caso dell’editore Shamsuzzoha Manik è stato trattato ai sensi dell’Articolo 57 delle disposizioni del Bangladesh in materia di informazione e comunicazione, secondo le quali commette un illecito chiunque pubblichi «informazioni false, oscene o diffamanti» e di una legge nazionale che consente di perseguire penalmente qualsiasi persona commetta azioni che deliberatamente o intenzionalmente offendano il sentimento religioso.
D’altro canto, però, il regolamento della fiera stabilisce che prima di chiudere uno stand, bisogna concedere all’editore un termine temporale entro il quale può rimuovere i libri oggetti di controversia. Solo nel caso in cui l’editore non adempia a tale obbligo, le autorità possono impedire all’editore di proseguire la sua attività nella fiera. Al momento, non si sa ancora con certezza se alla Ba-Dwip Publications sia stato concesso questo termine o se i contenuti del libro siano stati effettivamente esaminati prima di procedere con i sigilli e gli arresti.
Intervistato dalla BBC Bangla a proposito del libro, il direttore generale della Bangla Academy, che organizza la fiera, ha commentato la situazione in maniera davvero drastica: «Se voi pubblicizzate questo libro, la possibilità di una rivolta diventerebbe imminente. Volete che accada questo? Posso leggervi il libro, se lo desiderate. Ma dovrebbe essere definitivamente proibito».
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Non è la prima volta in Bangladesh
Negli ultimi anni, azioni intimidatorie verso voci laiche del Bangladesh sono all’ordine del giorno. Gruppi islamisti, infatti, lavorano alacremente (sfruttando anche i social media) per istigare la popolazione contro scrittori e blogger laici. Soltanto nel 2015, un editore e quattro blogger sono stati assassinati.
Sempre lo scorso anno, Rodela Prokashani (Rodela Publishers) ha subito lo stesso trattamento riservato a Ba-Dwip publications con l’accusa di aver tradotto un libro sulla vita del Profeta Maometto. Il sito web della casa editrice subì molti attacchi da parte di hacker e l’editore stesso ricevette molte minacce di morte.
Tre mesi fa, due editori del Bangladesh, rei di aver pubblicato libri di ispirazione laica, furono attaccati nello stesso giorno. Uno dei due, il 43enne Faisal Arefin Djpon, fu picchiato a morte nel suo ufficio a Dhaka.
Sebbene la costituzione del Bangladesh preveda la libertà di espressione per tutti i cittadini, inclusi gli atei, il governo di questo Paese a maggioranza musulmana ha fatto molto poco per scoraggiare questi attacchi o per assicurare gli assassini alla giustizia.
Sembra proprio che la strada del Bangladesh verso il laicismo sia ancora lunga da percorrere se, con la scusa del sentimento religioso, si continuano ad avallare azioni come arresti arbitrari o assassinii.
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