Editing ‒ Scovare le parti catartiche
Parlavamo degli opposti la scorsa volta, oggi vorrei dedicare qualche pensiero a un’esperienza che, come editor, ho vissuto numerose volte. Soprattutto gli scrittori alle prime armi hanno la necessità di scrivere una storia che in qualche modo sia almeno in parte catartica rispetto a paure, preoccupazioni o ferite passate. Quando avviene c’è un problema perché certe scene o certe caratteristiche di un personaggio esulano da ragioni narrative ed entrano nel campo psicologico dell’autore.
Che cosa può fare l’editor per aiutare a risolvere la situazione? Può per esempio chiedere il motivo per il quale quella determinata scena esiste nel testo. All’inizio l’autore, nella maggior parte dei casi, tenderà a motivare una scelta dal punto di vista strutturale, ma ci vorrà poco tempo per finire a parlare di qualche evento della sua vita reale. Vi metterete in ascolto, in altre parole vi servirà una connessione emotiva di ascolto per arrivare poi a comunicare che dal punto di vista narrativo c’è un cambiamento necessario. Si arriverà a un compromesso fra le parti il più delle volte.
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Ci sono casi in cui l’autore è ostinato, non vorrà cambiare quella parte debole. Siate chiari, ma lasciate che la conservi. Ci ritornerete più avanti con la forza di un secondo ragionamento, magari ancor più preciso e attingendo anche a ragioni differenti. Non serve mai un muro contro muro, è chi scrive che dovrà accorgersi di quanto essere attaccato a una parte testuale sia poco fruttuoso per la pubblicazione. Di sicuro bisognerà parlarsi con franchezza, non mettetela sul personale, non giudicate lo scrittore, argomentate la debolezza scritta nero su bianco, altrimenti il rischio di inquinare la fiducia reciproca sarà alto.
Un paio di anni fa circa mi capitò di non trovare una strada percorribile per far cambiare idea all’autore, era straconvinto che una determinata parte dovesse essere presente come lui l’aveva scritta. Non ne parlai più. Dopo qualche settimana, gli proposi una cosa: tagliai completamente di netto la parte incriminata e gli inviai il file modificato chiedendogli di dirmi che cosa non funzionasse. Questo ci permise di riflettere ulteriormente su alcuni aspetti fino a quando si accorse che l’attaccamento a quella parte non era motivato da ragioni strutturali, ma solo da sue questioni psicologiche. A volte non è possibile risolvere tutto subito, la scelta dei tempi diventa l’unica arma a disposizione. Così l’editor impara a divenire più paziente, usando di più l’empatia che la razionalità.
Un altro caso, nel 2020, mi colpì al contrario: un’eccessiva accondiscendenza dell’autrice nei confronti dei miei suggerimenti. Mi sembrava di essere di fronte a un’anima senza voce, come se non desse importanza alle sue scelte di scrittura. Una dinamica altrettanto pericolosa perché l’invasione continua da parte dell’editor rischia di portare a un risultato che non soddisfi l’autore e che senta, alla fine, il testo lontano dai suoi gusti.
Capite quindi che mettersi in ascolto con equilibrio è una abilità che nel tempo va coltivata con costanza e che servirà con gli scrittori che hanno scritto storie per ragioni catartiche. Non sarà mai facile relazionarsi con loro sul testo, ma almeno avrete accolto la capacità di modularvi a seconda delle necessità.
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Vi ho parlato oggi di questo argomento per introdurvi un tema che affronteremo dalla prossima lezione e che nonostante sembri lontano dall’editing, non immaginate quanto vi servirà conoscerlo per relazionarvi con chi scrive in modo più fruttuoso.
Non dovete mai dimenticare che editare, checché se ne dica, è soprattutto un rapporto umano, che non di rado diventa soltanto mail, file, zero comunicazione oltre le ragioni testuali, ma che per ottenere buoni risultati dovrebbe trovare una lentezza che i tempi moderni hanno ahimè dimenticato.
Alla prossima lezione.
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