Editing ‒ Respiro e lettura
L’ultima domanda delle quattro di cui si parlava la settimana scorsa era: hai pensato al respiro del lettore? Questione non indifferente perché, al netto dei grandi numeri e delle diverse variabili fra i lettori, rimane il fatto che uno scrittore non dovrebbe costringere alla dispnea chi legge perché se è vero che tanti amano leggere mentalmente, altri preferiscono farlo a voce. Tanti considerano quasi ovvio il respiro, eppure riveste un ruolo importantissimo quando si parla di libri.
Leggere è un impegno assai differente dal guardare per esempio la televisione, richiede uno sforzo maggiore ed è per questo che mettere il lettore a suo agio nel semplice atto di leggere dovrebbe essere trattato con serietà.
Costruire periodi lunghi e colmi di subordinate potrebbe apparire stilisticamente efficace per un autore ‒ qualcuno addirittura lo ritiene sinonimo di eleganza letteraria tout court ‒, peccato che la fruibilità di un libro si specchia altresì nella possibilità dei lettori di goderne appieno, non da ultimo una facilità di lettura che non dipende dalla trama ma dalle forme attraverso le quali la trama si esprime.
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Un editor, ammesso che lo scrittore non l’abbia fatto, dovrà vigilare un testo affinché il lettore si senta a proprio agio nella lettura. Una delle prove del nove sarà leggere a voce alta e ascoltare, come primo passaggio, e come secondo registrarsi mentre si legge per poi riascoltarsi. Due modalità che evidenzieranno i punti nei quali il rischio dispnea diventa concreto.
A parte il dialogo, la parte di testo era la seguente:
***
Maurizio decise all’improvviso, preso da una strana sensazione verso sua sorella Flavia, ne era talmente convinto che quella stessa sera la chiamò e le chiese di incontrarsi il giorno successivo al bar sotto casa della loro madre, era il luogo dove anche da adolescenti andavano per parlare con calma di cose importanti.
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Il lettore potrà cogliere meglio la necessità di uno o più periodi sentendosi a proprio agio di continuo nella lettura.
Possibile alternativa.
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Maurizio decise all’improvviso, preso da una strana sensazione verso la sorella. Quella sera chiamò Flavia e le chiese di incontrarsi il giorno successivo al solito bar, dove anche da adolescenti parlavano con calma di cose importanti.
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Bastano poche modifiche e un testo si presenta più efficace e di sicuro più leggibile.
Per quanto riguarda il dialogo sono possibili alcuni interventi migliorativi.
***
«Di cosa vuoi parlarmi?» chiese Flavia.
«Ti spiego domani…»
«Non vorrai farmi una delle tue filippiche contro Toni, vero?»
«Diciamo che vorrei farti ragionare.»
«No, senti Maurizio, io non ho voglia dei tuoi ragionamenti che mi fanno solo stare male!»
«È per il tuo bene!»
«Il mio bene lo decido io se permetti!»
«Piantala e ascoltami, dimmi dove domani.»
«Io non vengo da nessuna parte! Sento già odore di bruciato!»
«E allora verrò a casa tua!»
«E allora io andrò da Sabrina!»
«Cazzo stai dicendo?»
«Hai sentito bene, tu rompi a me e io mi organizzo di conseguenza».
***
«Di cosa vuoi parlarmi?» chiese Flavia.
«Ti spiego domani… Diciamo che vorrei farti ragionare.»
«No, senti Maurizio, io non ho voglia dei tuoi ragionamenti!»
«Piantala e ascoltami, dimmi dove domani.»
«Io non vengo da nessuna parte!»
«E allora verrò a casa tua!»
«E allora io andrò da Sabrina!»
«Cosa?»
«Tu rompi a me e io mi organizzo di conseguenza».
***
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13 battute contro 9, la seconda modalità è preferibile perché permette al ritmo di correre meglio, si perde meno fra le parole, tutto si asciuga a favore dell’essenzialità della comunicazione. A volte si leggono dialoghi che indugiano troppo nella costruzione di una logica quando servirebbe più istintività e realismo.
Bene, abbiamo concluso con questa puntata alcune premesse necessarie, dalla prossima volta vi parlerò di un argomento poco conosciuto dagli scrittori: il rimando funzionale.
Alla prossima settimana.
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