Editing ‒ La tensione narrativa con il cliffhanger
Riprendo la breve parte di testo della puntata di giovedì scorso, quando, a proposito dell’editing, ponevo quattro domande.
«Maurizio decise all’improvviso, preso da una strana sensazione, che sua sorella Flavia dovesse smetterla di frequentare Toni, era sicuro che prima o poi sarebbe successo qualcosa di grave, ne era talmente convinto che quella stessa sera la chiamò e le chiese di incontrarsi il giorno successivo al bar sotto casa della loro madre, era il luogo dove anche da adolescenti andavano per parlare con calma di cose importanti, Flavia accettò subito senza chiedere nulla».
Le domande erano: hai pensato al ritmo? Hai pensato alla tensione narrativa? Hai pensato alla musicalità? Hai pensato al respiro del lettore?
Avevo provato a rispondere alla prima con semplici modifiche (rimanendo su azioni circoscritte ed esclusivamente di punteggiatura; riparlerò di ritmo nelle prossime puntate). Per la seconda, è necessario confinare un concetto: riflettere sulla tensione narrativa di un romanzo senza avere letto l’intera storia è del tutto inutile. Un distinguo: chi scrive può costruire la tensione narrativa pagina dopo pagina per evitare i cali di tensione ma un editor dovrà dosare anche i cali di tensione, che, ricordiamolo per chiarezza, sono necessari per far funzionare l’aumento di tensione. La revisione di un romanzo dovrebbe avere una visione d’insieme se si intende ragionare sulla tensione narrativa. Appare insensato cambiare una scena o una parte di testo se non si pensa al climax principale della storia. Il climax rappresenta il punto emotivo più importante e a ciò si deve guardare per distillare coinvolgimento emotivo nel lettore.
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Perciò, consiglio: se siete un editor, non fissatevi troppo sull’aumento o sul calo di tensione narrativa perché potrete parlarne con accortezza soltanto nel momento in cui avrete letto l’intera storia almeno una volta. Dovreste affiancare a una visione da topolino col terreno sul muso una rondine che dall’alto possa osservare oltre il piccolo corrugamento del terreno.
Altra questione legata alla tensione narrativa. Non è raro incontrare scritti che si perdano in tante riflessioni psicologiche senza considerare che i lettori, per la gran parte, attendono che succeda qualcosa. Lo ripeto: attendono che succeda qualcosa. Una storia è sviluppo e movimento, nello spazio fisico, non solo nella testa. Che poi lo sviluppo e il movimento siano dentro 50 metri non importa, ma chi legge avrà bisogno di percepire lo sviluppo e il movimento.
A parte il climax principale, provate a immaginare tanti piccoli climax disposti lungo la trama e a ognuno corrisponderà un aumento di tensione e un calo di tensione. Diventa evidente come sia necessario osservare in prospettiva il coinvolgimento dei lettori: da un lato, servirà un occhio microscopico, dall’altro, uno macroscopico. L’editor ha l’onere di trovare l’equilibrio fra i due, perché lo scrittore spesso ha una visione prevalentemente microscopica, il topolino di cui sopra.
La tensione narrativa può aumentare, per esempio, grazie a un cliffhanger, lasciando in sospeso qualcosa che stava succedendo.
Torniamo alla breve parte di testo all’inizio ed ecco come sfruttare un cliffhanger.
«Maurizio decise all’improvviso, preso da una strana sensazione, che sua sorella Flavia dovesse smetterla di frequentare Toni, era sicuro che prima o poi sarebbe successo qualcosa di grave, ne era talmente convinto che quella stessa sera la chiamò e le chiese di incontrarsi il giorno successivo al bar sotto casa della loro madre, era il luogo dove anche da adolescenti andavano per parlare con calma di cose importanti, ma la risposta di Flavia lo lasciò senza parole».
Il lettore non sa cosa ha detto Flavia a Maurizio, sa soltanto che lui è rimasto senza parole. Una semplice modalità per lasciare in sospeso il lettore. La scena successiva dovrebbe trascinarlo dentro altri accadimenti facendo così scendere la tensione e costringendolo a leggere altre pagine per scoprire più avanti la risposta.
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Ecco come un editor topolino agirebbe, cambiando una sola frase, ma, ripeto, non dimenticate la visione della rondine.
A giovedì prossimo, quando vi parlerò di altre tecniche che riguardano la tensione narrativa.
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