Editing ‒ Il ritmo
Dopo un esempio di rapporto fra cliffhanger e rimando funzionale, oggi vorrei parlarvi del ritmo, argomento che ritengo fra i più insidiosi per gli scrittori. Per quale ragione? Semplicemente tanti non ci pensano con accuratezza.
Premessa formale ‒ dato che c’è confusione sulla parola ‒ il ritmo, Treccani docet, senza entrare in tutti gli altri, come primo significato fornisce quanto segue: «Il succedersi ordinato nel tempo di forme di movimento, e la frequenza con cui le varie fasi del movimento si succedono; tale successione può essere percepita dall’orecchio (con alternanza di suoni e di pause, di suoni più intensi e meno intensi, ecc.), o dall’occhio (come alternanza di momenti di luce e momenti di ombra, di azioni e pause, di azioni fra loro simili e azioni di diverso tipo, ecc.), oppure concepita nella memoria e nel pensiero».
Ho già sfiorato il ritmo in una precedente puntata, oggi vorrei suggerire agli editor di soffermarsi su due aspetti che incidono profondamente nel ritmo di una narrazione.
Esempio.
«Maria rincasò alle tre di notte nella sua abitazione e dopo essersi struccata si abbandonò nel letto sognando meravigliose distese di prati ma personaggi particolarmente bizzarri, tanto che alla mattina il risveglio fu complicato».
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Secondo esempio.
«Maria era giunta alle tre di notte a casa, via il trucco e a letto. Sogni di prati e strani esseri, alla mattina si alzò con fatica».
Di sicuro avete notato che nel secondo caso la prosa è più asciutta, ma c’è un altro aspetto da considerare: la dimensione sillabica delle parole. Nel primo si indugia maggiormente nella lunghezza e questo distende il ritmo. Parole come abitazione, meravigliose, personaggi, particolarmente, complicato, data la loro lunghezza, rallentano l’incedere della narrazione. Nel secondo invece si prediligono le parole con due sillabe: giunta, notte, casa, trucco, letto, sogni, prati, strani, alzò e questo comporta un ritmo più veloce. Come intuite nulla c’entrano i contenuti, è una questione di lunghezza delle parole.
In questo caso quale si dovrebbe preferire? Non c’è una risposta univoca. Dipende dall’obiettivo di chi scrive. Se serve lentezza allora sarà il primo, ma si acquisisce anche più pesantezza. Se serve, al contrario, velocità, meglio il secondo, ma con la conseguenza che si asciuga molto la scrittura.
Se l’editor fosse davvero preciso potrebbe suggerire di dividere il contenuto in due parti, il rientro a casa che è un momento in cui si fanno le ultime cose con una voglia di velocità (ripeto, con una voglia di velocità, non necessariamente con la velocità dei movimenti) per andare il prima possibile a dormire; e il sonno che è un momento in cui ci si rilassa e quindi sarebbe funzionale rallentare il ritmo, ma anche qui dipende dalle scene precedenti e da quelle che seguono.
Allargate la visuale, si potrebbe ragionare sulla lunghezza non solo delle parole, altresì delle frasi.
Se in un punto del romanzo servisse velocità, per esempio per un personaggio che sta scappando da un incendio o per un personaggio che corre perché in ritardo per una riunione, allora, al netto dei contenuti e fra le altre cose, sarà importante controllare la lunghezza delle frasi, brevi preferibilmente. Se in un punto della storia servisse lentezza, per esempio un personaggio dopo essere arrivato sulla cima di una montagna si siede e contempla con melanconia un panorama strepitoso, allora, al netto dei contenuti e fra le altre cose, sarà fondamentale preferire frasi lunghe.
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Ho usato gli estremi per trasmettere il concetto, non sempre si può sistemare una situazione usando il bianco o il nero e soprattutto dipende da ciò che precede e da ciò che segue. Le sfumature potrebbero essere innumerevoli.
In una puntata passata, vi parlavo della musicalità delle parole. Ecco, unendo la musicalità a quanto spiegato oggi, l’editor ha in mano un’arma potente per regolare il ritmo e tutto questo, ricordate e lo ripeto, al netto dei contenuti.
Nella prossima puntata parleremo degli occhi del lettore in rapporto al ritmo.
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