Editing ‒ Il punto di vista alias l’ossessione dell’editor
Prima di introdurre un tema importante che sfideremo in più puntate, permettetemi una digressione appropriata.
Nell’aprile del 1934 fu pubblicato «Tenera è la notte» di Francis Scott Fitzgerald e divenne un best seller a New York, ciononostante le vendite a livello nazionale si aggiravano sulle 10000 copie e rallentavano sempre più. Altri scrittori statunitensi raggiungevano numeri ben differenti.
Le revisioni di «Tenera è la notte» erano state numerose e travagliate: avevano provocato qualche contrasto fra l’autore e il suo editor. Uno dei problemi fu la ripetizione di non poche frasi simili o uguali dentro il romanzo, soprattutto perché Fitzgerald aveva prodotto diverse versioni fra le quali negli anni si era un po’ perso (dovete ricordare che a quel tempo non bastava una semplice funzione «Trova» in un file). Inoltre, aveva la convinzione che fosse un romanzo scritto per romanzieri e perciò poco fruibile dal grande pubblico. Alle critiche dell’editor, si aggiunsero anche quelle di Hemingway, la cui opinione contava più di molte altre: fra i due scrittori esisteva già un rapporto di competizione, a volte sana, altre volte meno.
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Nel 1936, a causa di un tuffo sbagliato in piscina, Fitzgerald si ruppe la clavicola, oltre a una lussazione alla spalla. Un periodo di salute difficile e in realtà pioveva già sul bagnato, sia per i problemi mentali della moglie Zelda sia per ragioni economiche. Ahimè lontani i primi anni Venti, quando la coppia ipermondana viveva a New York divertendosi e sperperando soldi (basti leggere «Il grande Gatsby» per farsi un’idea di quel periodo). Il tuffo sfortunato portò altre domande nella testa dello scrittore e decise di scrivere una nuova versione di «Tenera è la notte». Una delle domande era il punto di vista rispetto allo spazio e al tempo della storia, cui accennavamo nella scorsa puntata.
Quando un editor finisce di leggere un romanzo, è probabile che, fra le altre questioni, si chieda: la storia ha il punto di vista X, ma se fosse dal punto di vista Y o Z? Dunque, la stessa trama potrebbe diventare del tutto diversa se fosse raccontata in altro modo. Il tipo di sguardo fa spessola differenza.
Scegliere un punto di vista o un altro impatta sulla curiosità del lettore, condiziona le tensioni narrative dell’intreccio, annoda le relazioni dei personaggi con conseguenze sul climax. Come si può scegliere quello più efficace?
Considerate per esempio un’epifania di un personaggio, quando a un certo punto della storia Paolo capisce grazie a nuove informazioni su Mattia che la realtà è diversa, aveva creduto per troppo tempo a un’altra verità. Ecco che raccontare la scoperta grazie agli occhi di Paolo o a quelli di Mattia, o, complichiamo il quadro, grazie a quelli di entrambi, diventa un romanzo ogni volta differente.
Se dalla teoria passate alla carta, si dovrà comprendere con precisione se sia meglio la prima persona semplice (il narratore racconta immedesimandosi nella vita di Paolo) o la prima persona con sguardo molteplice (a volte il narratore racconta immedesimandosi nella prima persona di Paolo, altre volte lo fa nella prima persona di Mattia). Inoltre, ci potrebbe essere una prima persona di un altro personaggio, a volte anche di minor importanza rispetto agli altri due.
Il punto di vista potrebbe essere in terza persona con lo sguardo di Paolo o una terza persona con lo sguardo di Paolo prima, e poi di Mattia (una terza persona con sguardo molteplice). Esiste pure una terza persona onnisciente, la cui libertà è del tutto in mano al narratore che se ne frega dei punti di vista dei singoli personaggi oppure li considera, a seconda della sua scelta. Al contrario, ci potrebbe essere una terza persona imparziale, cioè quella dimensione narrativa in cui chi scrive non sa nulla di più di quel che accade mentre lo si racconta e quindi i lettori sono costretti a seguire l’evoluzione degli eventi insieme al narratore.
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Esistono altre forme oltre alle menzionate, ma preferisco passare ad alcune domande che l’editor dovrebbe porsi per dedurre il punto di vista più efficace d’una storia.
Se chi narra sapesse tanto quanto i personaggi? Se chi narra sapesse di più dei personaggi? Se chi narra sapesse meno dei personaggi?
Nel primo caso ci sarebbe una focalizzazione interna; nel secondo una focalizzazione da narratore onnisciente; nel terzo una focalizzazione esterna.
Nella testa di un editor, grazie alle domande citate poco fa, nascono alcuni film da ripercorrere attraverso gli snodi narrativi della trama alla ricerca dell’optimum.
Siete pronti a complicare ulteriormente la situazione? Poveri editor… Alla prossima puntata.
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