Editing ‒ Ecosistema idoneo per editare
Non ci sono soltanto gli occhi, le condizioni della luce o la distanza dal monitor, come dicevo di recente, anche altri accorgimenti aiutano ad affrontare meglio l’editing di un testo. In questa lezione entro in un campo personale, non sono dell’idea che possa essere valido per tutti, tuttavia spero che per qualcuno possa essere utile.
Negli anni, editando ogni settimana, ho imparato a conoscere il mio rapporto con le parole scritte. Prima mi mettevo al computer preoccupandomi solo delle scadenze e quindi inserivo le sessioni di editing in funzione esclusivamente lavorativa, con il passare del tempo ho imparato a non trascurare altre condizioni altrettanto importanti. Non sempre è possibile, perché talvolta serve un’urgenza che diventa prioritaria, ciononostante quando posso programmo l’attività di editing con una logica diversa.
Per editare bene serve concentrazione e la concentrazione non è uguale nell’intera giornata. Per quanto mi riguarda esiste una fascia dalle 8:00 alle 11:00 molto produttiva. Un’ora di editing in quello spazio di tempo equivale a un’ora e mezza di pomeriggio o sera. A suo tempo ho eseguito delle prove pratiche con il timer alla mano. Pensavo fosse una sciocchezza, invece ho scoperto che io funziono proprio così: riesco a essere iperconcentrato quando edito in quella fascia di ore mattutina.
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La concentrazione non arriva come se accendessi la luce, ho capito di dover favorirla. Ci metto dieci minuti a farlo. Sono seduto alla scrivania, apro il file da editare, metto le cuffie, chiudo gli occhi, inizio a respirare lentamente con il diaframma e per dieci minuti ascolto toni binaurali. Quando scoprii i toni binaurali confesso che mi sembrava una sciocchezza dal retrogusto New Age, la verità è che mi ponevo da presuntuoso, perciò dicendomi di sospendere il giudizio per capirci di più, cominciai a informarmi con più serietà. Ora non edito mai senza i miei 10 minuti di ascolto dei battiti binaurali. Mi aiutano a concentrarmi velocemente, lasciandomi un’energia mentale incomparabile con l’atto di mettersi subito al pc per lavorare sui testi.
Quando faccio editing, ho scoperto che nonostante la concentrazione sia fortificata dai battiti binaurali tendo a perdere attenzione dopo 50 minuti circa. Ecco la ragione per la quale uso un timer che mi avvisa dopo 50 minuti di lavoro. A quel punto mi alzo dalla sedia e cammino per due tre minuti distante dal computer. Di solito guardo altresì fuori dalla finestra o vado nel terrazzino condominiale per rilassare la testa senza occupazioni mentali. Ho notato che mi aiuta a tornare velocemente concentrato.
Per dirlo in altre parole, cerco di creare un ambiente calmo, avendo capito a distanza di tanti anni il suggerimento di un docente di editing durante un corso che frequentai, quando gli chiesi: «Se dovesse dare un consiglio su quale caratteristica migliorare di sé per fare questo lavoro, quale sceglierebbe?». Mi rispose: «La calma, indubbiamente». Aveva ragione.
Nel tempo ho capito quanto fosse importante favorire alcune condizioni di contesto per editare con più concentrazione. Organizzare bene il lavoro. In altre parole, non fare editing all’ultimo momento con la scadenza in arrivo, perché questo, almeno nel mio caso, provoca disagio, con la conseguenza che impatta negativamente nell’editing che sto eseguendo. Perciò se devo editare un romanzo di 200 cartelle, incastro nell’agenda numerose sessioni lavorative per spezzettare il percorso. Meglio occuparmi per dieci volte di 20 cartelle che per quattro volte di 50 cartelle. È importante anche il senso di distacco, quante più volte mi separo dal testo, tanto più entro nell’anima di quel testo appunto.
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Queste considerazioni sono frutto di innumerevoli prove che mi hanno portato a pensare ciò che vi ho comunicato, e, ripeto, non credo che possa essere valido per tutti, mi auguro tuttavia che a qualcuno possa essere utile. Alla prossima puntata, quando tornerò nel vivo delle tecniche di editing e prenderò di petto un argomento centrale spesso sottovalutato. A presto.
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