Ecco perché ho lasciato la Siria. Intervista ad Adonis
Adonis, pseudonimo di Ali Ahmad Sa'id (Qassabin, 1º gennaio 1930), poeta siriano-libanese, critico letterario, traduttore e redattore, è una figura di grande influenza nella poesia e letteratura araba contemporanea. Nei giorni scorsi è venuto in Italia, nell'ambito della rassegna milanese Writers. Gli scrittori (si) raccontano, per presentare il suo ultimo libro, Violenza e islam – Conversazioni con Houria Abdelouahed (edito da Guanda, nella traduzione di Sergio Levi), in cui espone le sue idee in un dialogo con la psicoanalista francese, già coautrice e traduttrice di alcuni suoi libri precedenti.
Conosciamo tutti la follia di certi leader arabi, responsabili dei massacri dei loro popoli, e conosciamo il loro odio nei confronti delle libertà pubbliche. Ma oggi lo Stato islamico, invocando la legge della sharia, ostenta una barbarie che supera ogni immaginazione. Il suo compito sarebbe quello di ripulire la terra dell’islam da tutto ciò che minaccia la sua purezza. E in nome di questa purezza si commettono i crimini peggiori: uccisioni, stupri, massacri, saccheggi, vendita di donne, distruzione di siti archeologici e storici… La condanna dell’alterità va di pari passo con la desolazione e la rovina.
Oggi è della massima urgenza riflettere sul senso di quella rovina. Il libro di Adonis affronta il tema della violenza come aspetto costitutivo dell’Islam e, passando al tempo presente, mette a fuoco i temi più drammaticamente attuali: il fallimento della Primavera araba, gli attentati terroristici, la nascita dell’Isis.
Ne abbiamo parlato con l’autore nel corso di questa intervista.
A proposito della Primavera araba, lei ne sottolinea la matrice confessionale, tribale e non civica. Cosa intende per matrice tribale? E se in questi movimenti è davvero mancata la laicità, è possibile pensare a uno Stato islamico laico?
Islam e laicità sono in contraddizione, come cristianesimo e laicità. Religione e laicità sono sempre in contraddizione: non si può essere laici in una società musulmana.
Se la società è libera di scegliere un sistema laico, allora la religione diventa per forza una scelta personale. Io sono contro la religione imposta come sistema e come istituzione in politica e nella società. Sono radicalmente e totalmente laico: a ciascuno vada, sul piano individuale, la liberta di scegliere la religione, così come si sceglie un amore, senza dover obbligare gli altri.
Sfortunatamente, ciò che è accaduto nel mondo arabo durante la Primavera è stato, al contrario, un ritorno alla religione, ed è stato orribile. In principio andava tutto bene: si affermava il diritto di cambiare la società, di avere nuovi spazi e più cultura, si pensava di attribuire una maggiore libertà alla donna, ma anche all’uomo. Ma tutto ciò è separare religione e stato.
I regimi dove è nata la Primavera erano dittature, naturalmente, ma erano regimi tendenti a laicizzare la società, lavoravano in qualche modo per la laicità, mentre ora accade il contrario.
Quelli che contestano i regimi, e a ragione, sono però anche più radicali: i Fratelli Musulmani, i fondamentalisti e l’Isis sono molto peggio di un regime militare.
I religiosi vi giudicano e vi condannano in nome di Dio, e voi non potete dire nulla.
Col regime militare, per quanto duro, voi potete in qualche modo opporvi, manifestare, andare in prigione o in esilio, ma tra due mali è meglio scegliere il male minore, il meno cattivo. Non si può fare la guerra alle catene di una prigione per entrare in altre prigioni con altre catene. È questo il nostro problema, ma sfortunatamente l’Occidente e i media occidentali non sembrano in grado di comprenderlo.
Eppure in Occidente, soprattutto all’inizio, la Primavera è stata salutata come la rivoluzione contro le dittature. È cambiato qualcosa in corso d’opera, oppure ci sono stati degli errori di valutazione?
Arabia Saudita e Qatar hanno la ricchezza, il petrolio, il gas, gli spazi strategici che interessano all’Occidente. In realtà, l’Occidente è contro la libertà, perché sostenere i regimi di piazza oppure Erdogan in Turchia non significa affatto sostenere la libertà. Voi occidentali lasciate morire la gente per i vostri interessi, e permettete che vengano distrutti interi Paesi. La Siria è distrutta, perché? La Libia è distrutta, lo Yemen è distrutto, perché?
È necessario che l’Occidente si renda conto che la barbarie non sta soltanto dalla parte musulmana, ma anche dalla parte della sua politica verso i Paesi arabi.
Il Paese della rivoluzione francese, dei diritti dell’uomo, di Descartes, la Francia che è la mia seconda patria, può essere a fianco dell’Arabia Saudita e del Qatar? Lo stesso vale per l’Italia. Sono governate da politici che seguono solamente i loro interessi ma non sono per nulla interessati agli esseri umani. È possibile ammettere che un terzo del popolo siriano sia stato eliminato? Neanche nelle guerre mondiali si è arrivati a tanto, ma sui media occidentali di questo quasi non si parla. Non si tratta solo di un problema arabo, ma anche occidentale, e oggi l’Occidente sta giocando un ruolo nefasto, disumano.
Se l’Occidente ha veramente a cuore i diritti umani, perché non ferma tutto ciò? Perché non sostiene, ad esempio, i Palestinesi? Un popolo lacerato, distrutto, cacciato da cinquant’anni, per il quale si dovrebbe fare qualcosa.
Attenzione: non si tratta assolutamente di essere contro gli ebrei, perché io sono sempre stato dalla parte degli ebrei e vengo anche attaccato perché dico questo. Ma gli ebrei sono una cosa, e l’imperialismo israeliano un’altra: bisogna sempre fare la differenza.
Se l’Occidente avesse davvero a cuore i diritti umani, dovrebbe interessarsi non all’Arabia Saudita al Qatar e alla Turchia del signor Erdogan, ma ai Palestinesi perseguitati da cinquant’anni. Il problema non è dunque solo arabo, ma universale, e i media occidentali purtroppo non fanno che ignorarlo.
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Parlando di violenza e islam, non si può negare che la donna sia spesso vittima di questa violenza…
Tutte le religioni monoteiste hanno una visione negativa della donna, a partire dall’ebraismo ultraortodosso, in cui l’uomo addirittura non può vedere il corpo di sua moglie; anche nel cristianesimo la situazione della donna nella Chiesa non è certo straordinaria… la Chiesa ha cambiato persino la posizione di Gesù, che aveva negato il peccato, facendo il contrario.
Giudaismo, cristianesimo e islam sono allo stesso livello, anche se oggi si tende a guardare solo all’islam. Certo, la vita della donna musulmana è terribile, ma tutti i monoteismi sono contro la donna, e occorre sottolineare questo. E nonostante il progresso, la situazione della donna nel mondo occidentale non è certo straordinaria. Se si vuole vivere davvero liberi, uomini e donne, occorre abbandonare tutte le religioni monoteiste, in cui non c’è libertà, perché la differenza fra le tre religioni è solo d’intensità e non di natura.
Nei Paesi arabi c’è un miscuglio di religioni: ci sono i cristiani, divisi tra ortodossi, cattolici e protestanti, i sunniti gli sciiti, qualcosa come diciannove confessioni. Eppure, la situazione della donna è più o meno identica, perché non ha mai il diritto di essere sé stessa e di scegliere ciò che vuole come l’uomo. Perché l’uomo deve essere più libero della donna?
«L’Islam promosso dal fondamentalismo è una religione senza cultura». Proviamo a delineare le caratteristiche di quest’assenza di cultura?
La cultura musulmana è “la cultura” per eccellenza, tutto il resto non conta: se sta con la religione va bene, se è contro di essa è cattivo. Il criterio di giudizio è soltanto questo, quindi la dottrina non può aprirsi ad altre dottrine, ad esempio le teorie scientifiche, se si allontanano dall’islam. Il vero credente è il musulmano eccellente, tutti gli altri sono apostati miscredenti. Essendo una religione totalmente chiusa in sé stessa, non può inglobare la cultura.
Cosa vuol dire, allora, essere un intellettuale arabo oggi?
Gli intellettuali devono essere contro la religione, contro tutti i monoteismi. Io non sono contro un credente: per me un individuo può adorare quello che vuole, anche una pietra. Sono però contro tutte le imposizioni religiose agli altri, e non voglio essere obbligato ad adorare anch’io la sua pietra.
Occorre quindi differenziare: l’individuo deve essere libero di vivere la sua religione, mentre la società è un insieme di individui e di scelte, uniti dal rispetto della legge. Ma la legge deve essere laica, non religiosa, e comune, mentre il credo religioso non può essere unico e collettivo. Noi dobbiamo essere liberi, perché è la cittadinanza che conta, non la confessione.
Alla base del disegno politico del Califfato ci sarebbe, a detta di alcuni studiosi, un’utopia retrospettiva, cioè la volontà di realizzare lo stato futuro richiamandosi al passato. Lei stesso sostiene che, per l’Islam, «Se c’è un avvenire, risiede nel passato». Qual è il rapporto dell’Islam con il passato? E come si colloca l’innovazione (e il progresso) in questo contesto?
I monoteismi sono religioni rivelate. Prima di essi non esistevano rivelazioni, non c’era un Dio che parlasse agli uomini e mandasse messaggi. Gli uomini inventavano gli dei, ma non comunicavano con loro. Con il monoteismo, è Dio che crea gli uomini e quindi bisogna obbedire ai suoi messaggi e ai suoi ordini. Dopo il monoteismo ebraico e cristiano, l’islam è la terza rivelazione ed è per questo considerata dai musulmani la religione più completa.
In seguito c’è stata la rivoluzione occidentale delle idee, in cui si è data più libertà agli individui ed è nata la separazione tra religione e stato. Nell’islam, però, la rivoluzione delle idee non c’è stata, l’uomo non è libero di esprimersi, e se lascia l’islam muore. Giudaismo e cristianesimo ammettono le conversioni e possono essere lasciati senza problemi, ma non si può lasciare l’islam: è questo il nostro maggior problema religioso, ed è per questo che occorre separare religione e legge. L’islam non accetta questo e continua a considerare un laico come un rinnegato, mentre l’Occidente liberale insiste a sostenere la religione islamica anziché la laicità.
A proposito di Isis, lei afferma che è, al tempo stesso, il prolungamento dell’Islam ma l’annuncio della sua fine. Si tratta di una fine solo culturale, oppure anche sul piano politico?
Chi ha creato l’Isis? Chi ha inventato i Talebani e Bin Laden? Sono stati gli americani. Gli occidentali, ma soprattutto gli americani, e sfortunatamente l’Europa li ha seguiti.
Di certo non sono stato io, e quelli come me, a creare l’Isis, che considero comunque l’ultimo grido dell’islam. Se i Paesi europei si alleassero compatti contro l’Isis lo distruggerebbero rapidamente, ma non lo fanno per i soliti interessi economici. È una grande commedia, o forse piuttosto una tragedia, orchestrata dall’Occidente, per me incredibile e disumana. Si lasciano morire intere popolazioni senza intervenire, e tutto questo è disumano.
Lei ha lasciato la Siria molti anni fa. Ha fatto scalpore una sua recente dichiarazione sul fatto che il presidente Assad dovrebbe restare al potere, in quanto eletto democraticamente. Si può parlare di democrazia riguardo a delle elezioni tenute in un paese governato in modo dittatoriale?
Io non l’ho certo eletto, e non sono certo stato io a legittimarlo. Tutti i Paesi europei, comprese la Francia e l’Italia, hanno sempre ricevuto Assad come presidente eletto della Siria, quindi sono stati soprattutto loro a legittimarlo. Io me ne sono andato dalla Siria per non restare sotto quel regime, ma esiste anche una realtà che la gente non vuole vedere: Assad è contro l’Arabia Saudita e la Turchia. Si tratta di un grande gioco politico, in cui noi individui, purtroppo, non contiamo proprio per nulla.
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