Ecco com’è nato Il Piccolo Principe
Chissà quante volte ci siamo chiesti com’è nato Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, cosa in particolare deve averlo ispirato. Il suo essere stato un aviatore. Sì, proprio la causa della sua morte, la sua esperienza umana e professionale come pilota di aerei ha influenzato la sua vita, rendendola così ricca di esperienze da cambiare il suo modo di pensare, modificare il suo spirito e il senso che egli stesso attribuiva alla vita, come ad esempio è accaduto durante la sua permanenza nel deserto del Sahara.
Proprio questo legame (o vera e propria sovrapposizione) tra il pilota amante delle avventure e il creatore di uno dei classici della letteratura mondiale è al centro di un libro illustrato di Peter Sís, Il Pilota e il Piccolo Principe. La vita di Antoine de Saint-Exupéry (edito, in Italia, da Adelphi, per la traduzione di M. Orti Manara).
Il libro, oltre a ripercorrere la vita di Saint-Exupéry, propone il racconto dei cambiamenti apportati dall’aviazione nella storia dell’umanità e continui riferimenti alla storia politica, come contesto entro il quale si svolgono i fatti narrati, il tutto con il linguaggio semplice e diretto adatto a chi scrive storie rivolte a un pubblico di lettori molto giovani.
Già l’anno di nascita di Antoine è esemplificativo: il 1900, l’inizio di un’epoca importantissima per la storia dell’aeroplano. Nel 1903, infatti, i fratelli Wright costruirono e riuscirono a far volare il primo aeroplano della storia, il Flyer, contribuendo ad alimentare lo spirito di innovazione dell’epoca.
E questo spirito s’impossessò anche di Antoine che, all’età di 12 anni, ha costruito la sua prima macchina volante. Ovviamente non riuscì a farla volare, ma questo non lo scoraggiò di certo, anzi sembrava essere diventata una vera e propria ossessione, al punto che, durante la guerra, arruolato per combattere nell’esercito francese, chiese di poter prestare servizio nell’aviazione, ma fu assegnato al personale di terra.
Dovette attendere due anni per poter entrare in una nuova compagnia aerea che gestiva il servizio postale e che gli affidò l’incarico di consegnare la posta aerea dalla Francia alla Spagna, insieme a quello che poi diventerà uno dei suoi migliori amici, Henri Guillaumet.
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I suoi sogni si stavano finalmente realizzando, Antoine iniziava a volare sui cieli dell’Europa, ma non era destinato a fermarsi qui. Infatti, la compagnia aerea lo assegnò a un campo di volo in Marocco, dove vi rimase due anni. Qui Antoine imparò ad amare la solitudine e ad apprezzare il fatto di trovarsi sotto un cielo con milioni di stelle.
Riuscì a stabilire ottimi rapporti con gli abitanti del luogo che lo chiamavano Capitano degli Uccelli, perché era riuscito a offrire aiuto ai piloti che avevano dovuto atterrare nel campo e a costruire un periodo di pace con le popolazioni nomadi che avevano abbattuto gli aerei e rapito gli aviatori.
Fu proprio la permanenza nel deserto a offrirgli una fonte di ispirazione per Il Piccolo Principe, anche se i cieli rimarranno la sua passione principale.
Di ritorno in Francia, Saint-Exupéry si sposa e raggiunge una certa fama sia come pilota sia come scrittore. Ma il suo sogno di continuare a impegnarsi in nuove spedizioni aeree non sembra spegnersi. Si dedica infatti a nuove avventure che si rivelarono quasi letali, come quando l’aereo precipitò in Nord Africa mentre tentava di volare da Parigi a Saigon o quando precipitò in Guatemala durante la transvolata New York – Sud America.
È la seconda guerra mondiale, però, che gli offrì la possibilità di ritornare a prestare servizio militare come pilota. Terminato il periodo di leva, fu costretto a trasferirsi via nave in Portogallo, dove si dedicò alla redazione di Lettera a un ostaggio, apparsa in Pilota di guerra – Lettera a un ostaggio – Taccuini (Bompiani), mentre attendeva di essere ammesso negli Stati Uniti, e di cui inviò una copia al presidente Roosevelt.
Una volta a New York, Saint-Exupéry acquistò una serie di colori ad acqua e iniziò a lavorare alle illustrazioni per la storia che poi sarebbe diventata Il Piccolo Principe.
Sís riesce a cogliere il messaggio che soggiace al libro, impregnato delle passioni di Saint-Exupéry e dalla nostalgia per la sua patria:
«Ha descritto un pianeta più innocente del suo, con un ragazzo che si è avventurato lontano da casa, si è chiesto come funzionavano le cose e ha cercato delle risposte».
LEGGI ANCHE – Antoine de Saint-Exupéry e il deserto umano
Nonostante il successo, però, l’inquietudine di Saint-Exupéry non si placa e riprende a volare di nuovo, questa volta per recarsi dalla sua famiglia, che era rimasta in Francia, o per riunirsi alla sua vecchia squadra in Nord Africa.
Sís racconta in maniera tragica ma schietta il modo in cui si è conclusa la vita di Saint-Exupéry, contestualizzandola nella storia della sua passione per il volo, senza rinunciare a rendere tutta la sua brutalità.
«Il 31 luglio 1944, alle 8:45, è partito da Borgo, Corsica, per fotografare le posizioni nemiche a est di Lione. Era un giorno splendido. Il rientro era programmato per le 12:30.
Ma non è mai tornato. Qualcuno dice che abbia dimenticato la sua maschera per l’ossigeno e che sia svanito nel mare.
Forse Antoine ha trovato il suo scintillante pianeta vicino alle stelle».
Da una passione come quella di Saint-Exupéry per il volo, una passione che diventa quasi un’ossessione, è nato, secondo Sís, l’insieme di elementi che hanno ispirato Il Piccolo Principe.
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