Ecco a voi i “Veneti in controluce” di Ausilio Bertoli
Ausilio Bertoli è uno scrittore e sociologo della comunicazione che in tutte le sue opere, da Amore altro a Rosso Africa, ha costantemente descritto quelle che sono le peculiarità dei suoi personaggi e della sua terra. Vicenza e tutto il Nordest ricco e opulento sono la “location” ideale dei suoi romanzi e dei suoi racconti. Anche nel suo ultimo lavoro, Veneti in controluce, un’antologia con diciotto racconti edita da Fernandel, sono fotografati personaggi ordinari, che si incontrano nelle strade ogni giorno, rappresentati con i loro pregi ed i loro difetti, con profondo spirito di osservazione tipico di Bertoli, ma anche di Goffredo Parise e di Giovanni Comisso. “Un mosaico sulla vita dei veneti”: i giovani che hanno imparato a rimuovere il passato e gli anziani, profondamente attaccati ad un mondo che sta scomparendo ed a cui sono legati con profonda nostalgia.
L’intento del libro lo scopriamo in una delle poesie introduttive, quella di F. Bandini, La mia vita ha sapori lontani ma tutto cambia in fretta, e la città che sguscia dalla stretta delle tenebre é insieme più gremita di note cose e insieme più straniera.
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I personaggi dei racconti sono veneti laboriosi, determinati, sicuri di sé, ma anche giovani superficiali, trasgressivi, bifolchi ignoranti e cafoni. Come i giovani che ignorano chi sia Parise, nel racconto La quercia di Parise, nel quale assistiamo alla salita sul colle, dove si trova la famosa quercia, di un sociologo sessantenne desideroso di conoscere i luoghi dove Parise scriveva Il prete bello e I Sillabari. È rappresentata la pianura vicentina, una cascina, quattro casette sbiadite, siepi di alloro, ligustri e fiori, una trattoria, un campanile e infine la quercia quasi invisibile perché attorniata da innumerevoli macchine “gelide e stonate”. Mentre il sociologo ricorda Parise e le sue opere, ecco arrivare altre macchine con nugoli di giovani che si fiondano non verso la quercia ma verso il ristorante! L’immagine di Parise che scrive sotto la quercia è sostituita dalla profonda delusione, «Goffredo, ti hanno già dimenticato. Ma da questa gioventù del fondoschiena cosa ci si può aspettare?»
Che vadano ad un matrimonio settembrino con la pelliccia? Come accade in un altro racconto, Sposalizio settembrino. Ma i giovani possono essere anche timidi e sensibili, come il protagonista del racconto La lettera di Alex, che scrive la sua lettera d’amore, ispirandosi a Giovanni Comisso, «ti desidero Samantha, voglio passare un giorno con te, cerco l’amore e lo voglio da te». Ma il destino decide diversamente...
Una particolare attenzione Bertoli dedica agli anziani, di cui descrive la solitudine, l’impotenza e talvolta la rabbia. Una solitudine nei rapporti anche familiari, quando sono presenti, dovuta alla differenza di età, di esperienze, di modi di concepire la vita. Il suo stile asciutto e diretto nella descrizione dei vecchi e della loro malinconica esistenza ci richiama alla mente i film di grandi registi italiani, come Germi e Scola, ma soprattutto De Sica col suo indimenticabile Umberto D.
Il vecchio impiegato in pensione del film di De Sica ha i tratti di dignità e di amara solitudine che caratterizzano anche il racconto di Bertoli Il Sior Giulio, l’ottantenne che ricorda con nostalgia i tempi in cui, con l’amico Cleto, andava a caccia, ora è «diventato un rottame» incapace di muoversi da solo, che pesa sul figlio e i nipoti. Allora in uno scatto di speranza e di orgoglio si reca a pregare davanti alla Madonna per poter camminare come venti anni prima, ma cade e con lui precipita la sua preghiera e la sua speranza.
Anche in Anziani a passeggio incontriamo due amici che vanno in giro di notte col cane («agli esseri umani sono preferibili gli animali»), che si scambiano chiacchiere sui potenti, sui politici e sui cani, che si prendono in giro sulle donne («che ci faresti Nanni a quella biondona? Non ci farei niente, ma neanche tu ci faresti qualcosa»).
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Tutti personaggi che agiscono e parlano senza filtri, mostrando la loro vera natura in piena luce, come il protagonista del racconto Ostinazione che vuole apparire giovane, senza più esserlo, corre, salta i covoni, canta, ma bastano tre ragazze in vespa che gli gridano «forza nonno» per riportarlo all’ineludibile realtà.
Ma l’autore sembra volerci dire che l’importante è non arrendersi, perché «solo la mancanza dei desideri è il segno della fine della gioventù ed il primo avvertimento della vera fine della vita».
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