E se Trump avesse già vinto?
E se Trump, con il suo inequivocabile e dirompente modo di fare avesse già vinto? Non le elezioni, ma nella società, dando voce a chi, come Clint Eastwood, ha le scatole piene del buonismo della Clinton e delle retoriche trasversali di Obama? Certo, fa specie questa vittoria sociale e culturale a destra, ma tant’è.
Abbiamo assistito, in questi mesi, a una recrudescenza razzista nella polizia bianca statunitense e a una protesta crescente da parte dei neri. Proteste violente, indirizzate non verso un contenitore politico o una candidatura, ma a rivendicare qualcosa che si vuol conquistare anche fuori della democrazia: la dignità di vivere. Gli Usa stanno dando ancora una volta una lezione di politica al mondo. Ci stanno dicendo che si può decretare la fine del rito democratico con una candidatura antisistema e con una base popolare che se ne frega del sistema.
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Questo binomio, variamente combinato, si sta spostando in Europa, dove in Inghilterra vincono i sostenitori della Brexit senza riuscire a governare la spinta separatista proveniente dalla società. In Germania il consenso euroscettico cresce nelle forme della xenofobia, come in Ungheria. Tutto questo produce un diffuso senso di distinzione dentro l’Ue e una depressione morale e culturale senza pari nella storia dell’Unione. A nulla valgono i proclami delle élite al governo, perché il popolo (questo gigante così variegato) si schiera fuori della ritualità democratica, praticando l’esclusione (come a Gorino) o la solidarietà (come nei luoghi del terremoto).
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In pratica, la politica dei partiti pare non contare più nulla di fronte alla marea di proteste, di realistiche prese di posizione che cresce e che travolge il perbenismo alla Clinton o alla Hollande.
Il passaggio successivo sarà la messa in discussione dei grandi organismi sovranazionali (dall’Onu alla Nato) perché rappresentativi di una messinscena a cui nessuno vuole più assistere.
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Trump in fondo sta solo accelerando un processo in corso già dalla prima elezione di Obama: si può uscire dagli schemi e si può vincere nella società. Ma a differenza di Obama, che regalava sogni, Trump offre speranze reazionarie, il che è peggio, ovviamente. Un processo che si compie con l’avallo delle altre grandi potenze economiche mondiali, dalla Russia alla Cina alla Turchia all’Iran. Ciò significa che la debole Clinton, se vittoriosa, avrà di fronte un potentissimo plotone di esecuzione, e la debole Europa non riuscirà a tenere in vita la finta egemonia statunitense. Dunque, Trump – l’interprete del volemose male – ha già stravinto.
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