E se alla fine del mondo ci fosse una balena?
Un uomo nudo restituito dalle onde gelide del mare. Una balena spiaggiata. Una pandemia che si profila all’orizzonte. L’ordine è quello di apparizione che scandisce gli eventi racchiusi nel romanzo La balena alla fine del mondo di John Ironmonger, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri, nella traduzione di Simona Garavelli.
La prima domanda che sorge è se si tratti di una qualche forma di istant book, ispirato a questi lunghi mesi di crisi sanitaria. O una variazione sul tema. A fugare il dubbio ci pensa Google che restituisce un dato interessante. La prima edizione del romanzo risale al 2015, si intitola Not forgetting the whale, e ciò lo rende un intrigante esempio in cui la fantasia diventa uno straordinario strumento per fare prognostici sul futuro. E azzeccarli.
Non che sia la prima volta che la letteratura si trasforma in medium e racconta l’avvenire.
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Questo, però, non è l’unico elemento sorprendente. Il ritmo è una delle prime cose che colpiscono: morbido, intimo e caldo. E questo a dispetto del fatto che il primo elemento con cui si entra in contatto siano le acque fredde delle onde che lambiscono la spiaggia di St Piran. Ci troviamo sulla spiaggia perché è accaduto un fatto insolito, anzi straordinario. Alcuni abitanti di questo remoto paesino hanno ritrovato un uomo. Nudo. Afflitto da priapismo. Forse morto annegato. No, non è morto. Respira, ma ha bisogno di un medico.
È il medico a spiegare che si tratta di priapismo, per cui la circostanza straordinaria è amplificata da questo dettaglio, che rimanda a una sottile riflessione sul corpo umano che risulta impossibile da controllare fino in fondo. Il medico, però, non è il vero medico. Cioè: ha studiato medicina tantissimi anni fa e ha anche professato a lungo, ma al momento è in pensione, se cura qualche paziente è soltanto perché è magnanimo e vuole evitare loro di dover percorrere diversi chilometri fino a raggiungere il primo dottore. Liberi, però, di andarci. Tutti. Incluso l’uomo salvato che si ritrova disteso nella stanza in cui Books, il medico di St Piran, lo sta visitando mentre gli spiega come ha fatto a finire lì. Il paziente non soffre di amnesia, però. Sa come si chiama, ragiona con lucidità, e sa anche per quale motivo la sera prima si sia ritrovato nudo tra le onde gelide delle acque della Cornovaglia.
E, se lo sa, non può evitare di rispondere alla domanda del medico e dichiara il suo nome. Joe Haak. È un giovane analista finanziario che è stato in grado di creare un programma per prevedere l’andamento del mercato. All’inizio, il programma era risultato affidabile, ma poi aveva fallito miseramente provocando il crollo delle banche. A Joe era venuta la paura.
Il primo giorno, oltre al corpo di Joe, qualcuno sostiene di aver visto anche una balena. Difficile credergli. Eppure, poco dopo il salvataggio di Joe Haak, St Piran si ritrova ad affrontare una nuova circostanza straordinaria. È sempre Joe a formulare la richiesta d’aiuto, correndo per le vie del villaggio e cercando di radunare il maggior numero di uomini e di donne. Una balena – la stessa che qualcuno asserisce di aver visto il giorno prima e che pare abbia salvato Joe? – è stata depositata dalla corrente sulla spiaggia e ora rischia di morire. Serve tanta forza, tantissime braccia per spostarla. Come radunarle? C’è a St Piran un campanile da cui lanciare il grido di soccorso? No, meglio andare nella scuola, consigliano i paesani. Non sono tante le anime che vivono da quelle parti, servirebbe che intervenissero tutti. Donne e uomini. Magari anche qualche ragazzo. Tutti. La balena è immensa, impossibile muoverla altrimenti.
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La sensazione – dovuta allo stile con cui John Ironmonger racconta – è di trovarsi in un mondo altro, in una bolla fantasmagorica e anche un po’ feerica. Ci si muove lentamente tra gli eventi, come se si dovesse camminare nell’acqua, tra le onde che bagnano St Piran.
La balena alla fine del mondo di John Ironmonger, pagina dopo pagina, ci restituisce una storia sulle cose che tengono le persone assieme e al modo attraverso il quale si possa ritrovare la speranza anche alla fine del mondo.
Per la prima foto, copyright: Richard Sagredo su Unsplash.
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