E questa la chiamate rivoluzione? “Soffiano sui nodi” di Ece Temelkuran
Soffiano sui nodi di Ece Temelkuran (Spider&Fish 2019, traduzione di Nicola Verderame), con più di 120.000 copie vendute solo in Turchia e in corso di traduzione in quindici lingue, non lascia scampo, già dalle prime pagine, quando al lettore si presenta un’enigmatica e familiare voce narrante femminile, nella solitudine di una notte nella medina di Tunisi.
Siamo nelle zone di crisi del Mediterraneo orientale, nei mesi in cui scoppiano le rivoluzioni e certi tiranni cadono. In Occidente, si parla di primavera araba. Come l’autrice, la protagonista, che racconta in prima persona, è turca ed è appena stata licenziata dal giornale per cui lavorava a Istanbul. Mentre nel suo albergo ha luogo una roboante festa di nozze, incontra due donne, anche loro immerse nelle rispettive solitudini. Una si chiama Maryam, è mascolina, protettiva e dotata di una raffinata cultura. L’altra porta il nome di Amira ed è affascinante, dolce e insicura. A loro si aggiunge presto Madame Lilla, un’anziana, persuasiva e provocatoria signora, che pagina dopo pagina si delinea come l’ombra della donna che è stata un tempo e che è ora caduta in disgrazia per uno scherzo del destino. Lontane dallo stereotipo, bevono, fumano e sono determinate. Intorno a loro, però, l’eco delle guerre e delle divisioni sociali si espande e ali di carta di una bambina vengono intrappolate dal filo spinato.
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Nel romanzo di Ece Temelkuran, autrice anche dell’apprezzato Come sfasciare un paese in sette mosse. La via che porta dal populismo alla dittatura (uscito in Italia per Bollati Boringhieri lo scorso maggio), gli eventi o si sono verificati o ancora devono verificarsi. Al centro della storia, raccontata con un intenso ed efficace utilizzo di metafore e similitudini, sono posti quei momenti sospesi in cui si valutano le conseguenze e le ricadute e si aspettano nuovi accadimenti. L’ombra del dramma privato di ognuno dei personaggi e il peso di alcuni segreti troppo dolorosi per essere svelati emergono da una narrazione piana e armoniosa, che riconduce le storie in una dimensione quotidiana e dimessa.
La ricerca dell’autrice s’incentra sui legami tra le persone, sui rapporti di forza, il gioco di ruoli che ogni personaggio assume di volta in volta. Certo, ci sono delle costanti –come insegna L’uomo dei dadi di Luke Rhinehart (alias George Powers Cockcroft), l’identità è tutta questione di coerenza –, ma le relazioni mutano di situazione in situazione, e l’equazione deve giocoforza tener conto degli attori in campo, del contesto, delle comparse. Ed è così che le quattro donne assumono, le une per le altre, vicendevolmente, i ruoli di madre, di antagonista, di amica, di marito protettivo, di guida. Un esempio tra i tanti: «Lei va decisa come una madre che fa la spesa, io sono la ragazzina che la segue trascinando i piedi».
In discussione viene messo ogni elemento della società, dall’idea della felicità garantita dalla tradizionale vita matrimoniale allo Stato. Niente risulta prevedibile, perché diverso dalla maggior parte dei discorsi proposti finora. In visita a Cartagine, Maryam, docente universitaria, spiega all’amica che Didone si è suicidata alla partenza di Enea («quando quello stronzo reduce della guerra di Troia se n’è andato»). «Ma cara mia, forse in fondo era meglio così».
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Donna e uomo, difesa e offesa, Occidente e Oriente: è sulle opposizioni che si snodano le vicende di queste tre donne, che prendono la parola raccontando il loro spaesamento, le loro aspirazioni, le loro debolezze. Si tratta di conflittualità onnipresenti, di opposizioni che di rado sono solo esteriori. Maryam, parlando con un rivoluzionario del giornale «Nawaat», gli rivolge queste parole: «dicevo che solo il giorno in cui sarai capace di conversare con una donna che casualmente è sia una rivoluzionaria che una danzatrice del ventre [...] la tua rivoluzione sarà maturata». La vera rivoluzione, insomma, è ancora da compiere e potrà dirsi compiuta solo quando i confini tra le diverse posizioni, di qualsiasi genere esse siano, saranno più fluidi, quando il dialogo trasformerà la diffidenza in comprensione. Solo così le ali di carta della bambina potranno sfuggire al filo spinato.
Per la prima foto, copyright: Adli Wahid su Unsplash.
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