È possibile scappare dalla morte? “Gli immortali” di Alberto Giuliani
Puntata n. 79 della rubrica La bellezza nascosta
«Ho sempre amato arrivare prima agli appuntamenti. Il tempo che intercorre tra ciò che abbiamo smesso di fare e ciò che faremo è privo di ansie: non devo e non posso fare altro che attendere. Finalmente smetto di inseguire il mondo, e in quei momenti mi sembra di riuscire a osservarlo davvero, evocando fantasie e speranze – che sono quasi sempre più dolci della verità. È come un viaggio: inizia nel momento in cui lo si immagina e quasi sempre ci porta, nella fantasia, in molti più posti di quelli che riusciremo davvero a visitare. A volte penso che dovrei sedermi e aspettare tutta la vita, anziché rincorrere le cose e perdermi, per riparare ai guai dell’andare.»
Oggi il vero Sacro Graal è la soluzione alla morte. Morte è ancora quella parola che fa storcere il naso, è ancora quel suono che non vorremo mai sentire. Nella storia dell’uomo, però, non è stato sempre così. Un tempo morire era un atto di continuità, un prolungamento della vita, una necessaria conseguenza, e quando gli uomini avevano la certezza di un domani dopo la loro dipartita, tutto l’atto finale faceva molta meno paura. Poi è arrivato un momento in cui abbiamo iniziato a mettere in discussione Dio, qualsiasi dio, e qualsiasi possibilità di una vita dopo la morte. Così, il nostro ultimo giorno sulla terra è diventato il nostro ultimo giorno, fine.
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Tutto questo ha scatenato delle enormi conseguenze, prima tra le quali, quella di cercare, provare a escogitare una sorta di salvezza, una possibilità di non morire, un’immortalità del corpo che renda possibile la vita eterna.
Alberto Giuliani è nato a Pesaro nel 1975. Gli immortali, storie dal mondo che verrà, è stato pubblicato dalla casa editrice Il Saggiatore.
Quando Alberto Giuliani ha vent’anni, una donna gli dice che morirà prima di compiere quarantacinque anni. Qualche anno dopo, mentre si trova in India, un uomo gli predice il futuro, mettendolo in guardia e dicendogli che sarebbe morto all’età di quarantatré anni. Di lì in poi, Alberto decide di iniziare un viaggio alla ricerca dei modi che l’uomo ha provato e sta provando a escogitare per scappare dalla morte. Nasce così questo reportage, questo documentario in carta, del percorso alla ricerca di soluzioni folli, o semplicemente al limite.
Un libro sulla morte, un libro sulle soluzioni alla morte (che non ci sono, e chissà se mai ci saranno). Un libro che, per le sue tematiche, va letto, riletto, approfondito. Pagine in cui oltre alla cronaca di un viaggio ad alto contenuto emotivo, si percepisce la mano di chi lo ha scritto, si percepiscono i suoi stati d’animo, una sorta di speranza personale che di volta in volta viene messa alla porta.
«C’era l’immagine di un fungo atomico e con caratteri maiuscoli reclamizzava bunker familiari per soli 25 000 dollari. «Xpoint: la più grande città blindata del mondo» diceva. Mentre leggevo un uomo si fermò al mio fianco. Aveva le buste della spesa piene di bibite e una bandana sulla testa. Disse: «Lascia stare. Sono già tutti venduti». Tornato al motel dove alloggiavo, cercai online informazioni su quella città blindata e scoprii l’esistenza di un mondo che si preparava a vivere sottoterra. La sola idea mi spaventò e mi chiesi se non dovessi prendere quella scoperta casuale come un’indicazione sulla strada del mio futuro. In quel momento non sapevo neppure se una strada esistesse davvero, ma scrissi al fondatore di Xpoint e partii per il South Dakota.»
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Un’illusione, vivere per sempre. Una delusione, forse, girare in tondo per cercare l’eternità.
Alberto Giuliani tenta di ricondurre se stesso e il lettore al significato ultimo dell’esistenza: la ricerca di qualcosa che appare impossibile.
Un libro scritto in modo preciso e dettagliato che supera la cronaca, a tratti per sfociare, sotto il punto d vista della fluidità, nella narrativa(lo stile di Giuliani è efficace e asciutto).
«Ho avuto molti animali nella mia vita. Tartarughe, gatti, una civetta caduta nella canna fumaria e raccolta tra la cenere del camino, qualche pesce rosso e un coniglio bianco. Sono tutti arrivati per caso e se ne sono andati quando il destino lo ha chiesto. Ciascuno di loro ha segnato l’inizio e la fine di una stagione, e insieme alle fidanzate li rammento per collocare nel tempo gli avvenimenti del passato. Tra tutti però, il mio cane Pinkie superava gli altri per bellezza e intelligenza. Lo aveva trovato la mia compagna di banco del liceo tra i rifiuti di un cassonetto, e una mattina lo aveva portato a scuola».
La maggior parte di noi vorrebbe vivere per sempre. Ognuno spera che prima o poi possa esserci un’invenzione che metta a tacere la morte, che possa rendere l’uomo immortale.
Questo movimento potrebbe non esserci mai, forse perché l’uomo non potrà avere tutto il tempo che gli servirà, o semplicemente perché non è una cosa possibile.
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La paura della morte resterà aggrappata a tutti gli esseri umani e, come diceva Dino Buzzati, l’uomo è un’anomalia, perché è intelligente e mortale, e quindi continuamente sofferente, continuamente infelice.
Per la prima foto, copyright: Jasmin Schreiber su Unsplash.
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