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"È giusto obbedire alla notte”, per risalire dal buio più profondo

"È giusto obbedire alla notte”, per risalire dal buio più profondoCon È giusto obbedire alla notte di Matteo Nucci anche la casa editrice Ponte alle Grazie ha il suo candidato al Premio Strega 2017.

L'autore, quarantaseienne romano, prima che romanziere è uno studioso del mondo antico, su cui ha pubblicato diversi saggi, riguardanti soprattutto Platone e, più in generale, l'evoluzione del pensiero greco. Questa formazione incide in modo notevole anche sulla sua produzione narrativa, a partire dall'esordio con Sono comuni le cose degli amici (Ponte alle Grazie, 2009), il cui titolo richiama un'espressione greca citata più volte nei dialoghi platonici.

In questo romanzo non ci troviamo però in Grecia, ma a Roma, e in particolare in un angolo della periferia occidentale della città che, pur collocato a ridosso delle trafficate arterie metropolitane, appare come trasognato e fuori dal tempo.

Il protagonista, che tutti chiamano "il dottore", è un cinquantenne che, in seguito a un evento doloroso, ha abbandonato la vita di successo condotta fino a quel momento per andare a vivere su una vecchia chiatta ormeggiata sul Tevere, nel punto in cui il fiume forma una grande ansa prima di percorrere l'ultimo tratto verso il mare.

Siamo a ridosso del vecchio ippodromo di Tor di Valle, nella zona in cui dovrebbe sorgere il nuovo stadio calcistico di cui si è tanto parlato di recente: un territorio che, pur facendo parte a tutti gli effetti della città, appare ancora sorprendentemente selvaggio.

 

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Qui si è stabilito un piccolo gruppo di persone che vivono ai margini della società, fuori da ogni schema: ci sono Cesare e Giulio, due fratelli che campano accompagnando sul fiume aspiranti pescatori, lo spagnolo Huertas che, come il dottore, è in fuga da un misterioso passato, la sudamericana Victoria che invece, insieme a un paio di ragazze provenienti dall'Europa dell'Est, gestisce con energia una trattoria, ospitata a bordo di una grande chiatta ribattezzata Anaconda.

"È giusto obbedire alla notte”, per risalire dal buio più profondo

Non si tratta di vagabondi senzatetto, ma di persone che forse, qualche anno fa, sarebbero state magari etichettate come "alternative".

"Il dottore" non è in realtà un medico, ma possedendo qualche rudimento di medicina s'impegna ad aiutare e a curare tutti coloro che lo circondano, compresi i rom di un campo vicino o i piccoli delinquenti che trafficano nella zona. Solo così, in questo luogo che sembra fuori dal tempo e tra persone che non hanno alcun legame con la sua vita precedente, l'uomo riuscirà a superare la propria tragedia personale, perché, come ci insegnano da sempre gli antichi a cui Nucci si ispira, non sono i momenti felici ma quelli di dolore che ci fanno crescere e progredire nella vita: quindi “è giusto obbedire alla notte”, perché prima o poi lascerà spazio a una nuova alba di speranza.

 

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La vicenda si sviluppa in un'alternanza tra la situazione presente e una ricostruzione frammentaria del passato, seguendo un ritmo sempre più incalzante e senza spiegare mai del tutto gli avvenimenti che hanno portato il protagonista a vivere sulla chiatta in mezzo al Tevere, anche se il lettore arriva comunque a intuire le cause di un dolore così devastante. Insieme alla sua storia, si raccontano però pure le esistenze precarie, e in un certo senso invisibili, di tante persone che vivono ai margini delle grandi città.

"È giusto obbedire alla notte”, per risalire dal buio più profondo

Si parla soprattutto di una Roma di cui Nucci tratteggia una visione particolare, dimostrando attraverso precisi rimandi alla storia dell'arte una profonda nostalgia per la città ottocentesca, che prima di diventare capitale d'Italia era ancora legata al suo fiume, da cui i bastioni costruiti in epoca umbertina l'avrebbero protetta, ma altresì irrimediabilmente separata.

 

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Il Tevere è perciò un altro grande protagonista del romanzo, un fiume senza dubbio sporco e inquinato, come è inevitabile per tutti i corsi d'acqua inglobati nei territori urbani, ma che riesce a conservare in alcuni tratti una sua selvaggia bellezza, a ricordo di un mondo quasi del tutto scomparso, soffocato dal percorso di crescita, spesso incontrollato e con risvolti del tutto negativi, della grande metropoli.

Romanzo intenso e pieno di suggestioni, È giusto obbedire alla notte contiene molti spunti interessanti e riferimenti colti, destinati a un lettore attento e soprattutto non superficiale.

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