Due giovani alle prese con la loro mediocrità. “Le ambizioni sbagliate” di Alberto Moravia
All’interno della produzione narrativa moraviana Le ambizioni sbagliate rappresenta una voce fuori dal coro, come testimoniato dalla critica, rimasta indifferente al lavoro nonostante la grande accoglienza riservata a Gli indifferenti, e dallo stesso autore, che ha sempre rivelato una certa riluttanza nel parlare di questo insolito romanzo psicologico di matrice dostoevskiana.
Pubblicato nel 1935, dunque sotto la piena egida fascista, Le ambizioni sbagliate appartiene alla corrente del nuovo realismo per il taglio descrittivo ed estraneo alla materia narrata che contraddistingue non solo l’opera, ma l’intera produzione del primo Moravia. I protagonisti sono Pietro e Andreina, due giovani animati da ambizioni tipicamente borghesi di notorietà e di ricchezza che si muovono nel mondo ovattato e futile della borghesia romana, testimoniata dalla vacuità civettuola della ricca Maria Luisa, dalla devozione calcolata del nobile Matteo, dall’inclinazione al chiacchiericcio di Sofia e, nonostante l’apparenza disinteressata, dal cinismo freddo e vendicativo di Stefano. Sebbene lo sguardo dell’autore scruti nell’animo di ogni personaggio, ricorrendo a un’unica tecnica per rivelarne intenti, pensieri e vissuti esistenziali, egli riserva un’attenzione particolare alle mosse e ai moventi della coppia suesposta: a differenza dei personaggi che gravitano attorno a essi, i quali non fanno che riproporre in maniera ricorsiva attitudini radicate senza possibilità di crescita o di mutamento, Pietro e Andreina agiscono in una trama volutamente macchinosa che procede grazie alla loro volontà di elevarsi dalla mediocrità in cui riversano: chi da un punto di vista economico, chi da un punto di vista spirituale.
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Una Roma torbida, cupa e luttuosa fa da sfondo alle vicende dei vari personaggi, su cui grava la minaccia di una tempesta senza che abbia modo di esprimersi. L’autore-narratore puntualizza a più riprese la presenza di una densa nuvolaglia che incombe sulla capitale, e questa ha modo di riflettersi anche negli interni in cui si svolge la parte sostanziale dell’azione. Sempre adornati da carte da parati che paiono esalare un tanfo di chiuso e testimoniano dell’usura di una classe sociale, nonché delle singole coscienze di chi vi abita, gli interni rivelano un’intima ambiguità nel loro arredamento: disadorno nelle grandi sale e ammassato nelle camere più intime.
Grigiore e gravità sono, dunque, le costanti dell’opera; transfert di una tendenza al mascherare e al mascherarsi, agli inganni e agli autoinganni che si manifesta sin dall’incipit del romanzo: in questa sede è subito messa in evidenza la personalità di Pietro, che ha conquistato la tranquillità d’animo e ha coltivato una fiducia nelle proprie potenzialità dopo una lunga crisi adolescenziale, da cui sono conseguiti il disprezzo verso ogni forma di egoismo e di calcolo e una propensione alla spontaneità; tuttavia il narratore è pronto a smentire con i fatti una simile illusione presentando questo saggio fanfarone già legato sentimentalmente in procinto di cadere nel tipico vizio borghese della lussuria, considerando che sta per intrattenere un rapporto sessuale con la ricca Maria Luisa – non meno calcolatrice di lui ma di certo più consapevole di questo – che intende solo vendicare gli iterati tradimenti di suo marito nonostante l’odio ispirato dal partner che ha scelto per farlo. Il caso in esame comunque non rappresenta un unicum: pochi capitoli innanzi si può assistere a repentine metamorfosi di Andreina disseminate lungo l’arco del romanzo. La donna, infatti, volge dall’attitudine ora infantile, ora dimessa con l’amante Matteo e con la sorella di questi Sofia a un’insolenza e a un egoismo davanti a Maria Luisa e Pietro, passando per i turbamenti di natura traumatica ispirati dalla vista di Stefano, l’uomo che la violò appena quattordicenne, sino ad approdare a un vivo disinteresse verso l’altro da sé durante i suoi soliloqui mentali improntati all’arrivismo e al calcolo.
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Una volta congiunte le anime di questi due giovani in un’unione illecita per via degli interessi in gioco, ha inizio tra essi una schermaglia di accuse e di violenze più psicologiche che fisiche, le quali minano la stabilità delle sovrastrutture ideologiche atte a razionalizzare l’arrivismo di ognuno, che si scopre dovuto all’insofferenza verso il proprio status di miseria in cui si è vissuta l’infanzia. L’obiettivo intrinseco di ciascuno di essi è quello di migliorare le attitudini dell’altro in modo da assimilarle alle proprie: dunque ora Andreina condanna la falsa bontà d’animo di Pietro e lo invita ad assecondare la sua inclinazione al tornaconto personale attraverso un matrimonio di convenienza, ora Pietro biasima la disonestà di Andreina per redimerla e permetterle di esprimere il suo lato mite idealizzato durante gli incontri amorosi. Stando a queste condizioni, nessuno avrà modo di raggiungere il proprio scopo perché ognuno sarà arroccato in un individualismo tipicamente borghese; nessuno sarà in grado di oltrepassare il proprio interesse e, pur adempiendo al proprio volere, ciascuno si ritroverà a mani vuote: Pietro fallirà nei suoi tentativi di ammaestramento di Andreina innanzitutto perché non dispone di un carattere deciso e in secondo luogo perché non vuole far altro che ridurre alla propria griglia di pensiero e di agire una donna irriducibile; Andreina fallirà nei suoi disegni arrivisti per l’impossibilità di ridurre il reale alla propria visione del mondo, che risulta sostanzialmente ancorata a desideri di rivalsa e di vendetta contro la classe sociale del giovane violentatore, pertanto destinata alla disfatta per la mancanza di fiducia in se stessa, giustamente rivendicata da Pietro nel dialogo conclusivo in seguito all’omicidio di Maria Luisa.
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Si potrebbe affermare che l’azione prende le mosse dal medesimo punto da cui muove il romanzo sveviano Senilità: Pietro Monatti alter-ego di Emilio Brentani nel suo tentativo di redenzione di una donna corrotta ma entrambi incapaci di amare per un’eccessiva prudenza di matrice borghese; Andreina alter-ego di Angiolina per il suo desiderio di soggiogare un’intera classe sociale in modo da vendicare le proprie umili origini e per la sua irriducibilità a schemi convenzionali. Parimenti coincidenti possono dirsi anche le conclusioni: Pietro alter-ego di Emilio nella volubilità della gestione dell’affare amoroso, destinato all’oblio; Andreina alter-ego di Angiolina nell’immediata e silenziosa evasione dalla realtà narrativa.
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Stando al piano stilistico, Moravia riconferma il già citato taglio realistico e introspettivo di stampo dostoevskiano nell’accurata descrizione dei movimenti dell’animo e dei pensieri dei singoli personaggi, senza disdegnare particolari scabrosi per la morale dell’epoca: infatti, mirando a realizzare una nuova critica alla classe borghese, egli si rivela disposto e pronto a enunciare e implicitamente denunciare, con rigore quasi scientifico, ogni singola costruzione mentale atta a soddisfare i propri interessi. Pertanto, avendo come oggetto narrativo quelle ambizioni che si rivelano sbagliate per calcoli inesatti, per poste in gioco troppo alte oppure per aridità d’animo, Moravia non rinuncia neanche nell’opera in esame, nonostante dinieghi e stroncature varie, ad adottare le tipiche tecniche narrative riconosciute come signum dell’efficacia della propria scrittura: si pensi al gusto per la tragedia che fa di ogni capitolo un vero e proprio atto teatrale per l’adozione di uno stile drammatico da parte dei vari personaggi e per l’emulazione di una gestualità scenica; si pensi alla concentrazione, quindi sublimazione, del tempo narrativo, considerando che le tre parti in cui è suddivisa l’opera corrispondono a sole tre giornate prese a distanza di circa un mese l’una dall’altra; si pensi all’istanza introspettiva ma ugualmente estranea che permette di indagare, seppur in terza persona, quindi da narratore esterno a focalizzazione interna, le pulsioni e le perversioni di una borghesia all’apparenza invidiabile senza opporre alcun giudizio morale.
Per la prima foto, copyright: Dmitry Schemelev.
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