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Dublino letteraria, una breve odissea in compagnia dell’Ulisse di Joyce

Dublino letteraria, una breve odissea in compagnia dell’Ulisse di JoyceSulla costa orientale dell’isola d’Irlanda, incastonata tra le gemme verdi dei campi e lo splendore di scogliere mozzafiato, sorge tacita la città letteraria di Dublino.

Come un campo gravitazionale, Dublino ha attratto negli ultimi due secoli alcuni dei più grandi rappresentanti della letteratura moderna e contemporanea, ottenendo, a ragione, la definizione di città della letteratura, assegnatagli dall’UNESCO nel 2010. Tra le strade di Dublino, tra i suoi palazzi di mattoni arancioni, tra la nebbia delle sue sere e la pioggerellina fitta delle sue giornate, si nascondono indizi che rimandano a storie diventate archetipi del mondo occidentale.

Ci sono milioni di modi per esplorare la letteratura a Dublino e uno di questi è quello di prendere a modello Joyce e l’Ulisse. James Joyce scrisse, per far orientare il lettore all’interno del romanzo, uno schema dei diciotto capitoli, chiamato schema Linati, in cui riassumeva: Titolo, luogo, ora, organo, arte, colore, simbolo, tecnica e corrispondente. In quella che non ambisce a essere una messa in scena del capolavoro joyceano, possiamo prendere a riferimento nove dei diciotto capitoli, guardarne l’orario e il luogo di svolgimento e reinterpretarli come una guida per una nostra personale odissea letteraria nella città, ripercorrendone i passi molto tempo dopo il 16 giugno 1904.

 

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I capitoli scelti sono: 1) La torre ore 8:00, 2) La scuola ore 10:00, 3) Il cimitero ore 11:00, 4) Il pranzo ore 13:00, 5) La biblioteca ore 14:00, 6) Le strade ore 15:00, 7) La sala da concerto ore 16:00, 8) Le rocce ore 20:00, 9) Letto, tutta la notte.

Dublino letteraria, una breve odissea in compagnia dell’Ulisse di Joyce

La prima tappa, la torre, è la torre Martello che sorge a Sandycove, un piccolo villaggio sulla linea del Dart, nella baia di Dublino. Lì Joyce decise di far cominciare il suo romanzo, e da lì Stephen Dedalus iniziò la sua telemachia. Seguendo il nostro piano, arriveremo alla torre Martello alle ore otto di un giorno qualsiasi del ventunerìsimo secolo e la troveremo sempre lì, dov’era allora, a controllare la baia. All’interno la torre è stata adibita a museo del celebre autore. Il museo di James Joyce racchiude al primo piano scritti dell’autore, foto, oggetti e ospita eventi in suo onore durante tutto l’anno. Salendo la buia scala a chiocciola si arriva, invece, ai piani superiori le cui stanze sono arredate come se Stephen Dedalus non le avesse mai lasciate. Se si percorrono tutti gli scalini, si arriva alla cima della torre e, guardando la baia di Dublino, con i capelli lievemente mossi dal vento, si può immaginare di essere Stephen, che la mattina del 16 giugno 1904 si affacciò dallo stesso parapetto, insieme a Buck Mulligan, a guardare il mare, e sentir risuonare nelle nostre orecchie l’eco di uno degli incipit più famosi della letteratura occidentale:

«Solenne e paffuto, Buck Mulligan comparve dall’alto delle scale, portando un bacile di schiuma su cui erano posati in croce uno specchio e un rasoio».

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Alle 10 del mattino Stephen Dedalus è impegnato nell’insegnamento dei suoi alunni a scuola. E noi alla stessa ora, dopo aver guardato la fiera postura delle statue di Goldsmith e di Edmund Burke, entrereremo dall’ingresso principale del Trinity College, l’università più importante della città. Fondato nel 1592 per volere della regina Elisabetta, il college è il cuore pulsante di Dublino, avendo formato alcuni dei letterati più importanti dell’ isola, e continuando, tutt’oggi, a formarne altri. Oscar Wilde, Thomas Beckett,John Millington Synge e Bram Stoker sono solo alcuni. Nell’università la letteratura si respira nell’aria grazie alle lezioni del dipartimento di Inglese, alle conferenze, ai book lunches, alle letture di poesie, al club di letteratura e per merito della vecchia biblioteca del college, l’Old Library.

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La biblioteca si erge possente nei suoi antichi mattoni grigi proprio davanti all’arts building, il dipartimento di Lettere e Filosofia. Nel piano inferiore si trova la mostra del Book of Kells, uno dei manoscritti più antichi compilati per mano di un amanuense irlandese. Al piano superiore invece si arriva a un vecchio e possente portone di legno massiccio, che si apre su un corridoio di alti scaffali, ricolmi di volumi antichi e preziosi, protetti dai busti di filosofi e poeti di ogni tempo. Finita la vistita al college è ora di continuare la nostra odissea.

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Alle 11 di mattina, Leopold Bloom, vestito a lutto, si sta recando in carrozza, insieme a Martin Cunningham, Mr. Power, e Simon Dedalus, al funerale di Paddy Dignam. Noi non abbiamo bisogno di nessuna carrozza per recarci al luogo prescelto per il nostro terzo capitolo. Bisogna solo uscire dall’università, salire fino alla fine di Dame Street e poi girare a sinistra, fino a che, tra alti alberi dai rami spogli non vedremo la maestosa figura della cattedrale di Saint Patrick. Saint Patrick, oltre a rappresentare un baluardo della cristianità durante la conversione dell’Irlanda celta, conserva dentro di sé le spoglie di uno dei più grandi romanzieri del Settecento, che occupò tra l’altro, a partire al 1713, il ruolo di decano della cattedrale. È Jonathan Swift (1667-1745), l’autore dei Gulliver’s travels. Quando si entra all’interno della cattedrale, sulla parete destra si trova la lastra di marmo con inciso il nome dello scrittore e in una teca più avanti viene conservata la sua death mask. L’autore è sepolto vicino a Esther Johnson, donna che amò profondamente e che si nasconde nel suo lavoro dietro il nome di Stella.

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Usciti dalla cattedrale cominceremo a sentire un certo languorino. «Zucchero filato all’ananas, gianduia al limone, caramelle»... è l’una, è ora di pranzo. Qui i nostri passi si ricongiungono a quelli di Leopold Bloom il quale, alle ore 13 del 16 giugno 1904, dopo aver girovagato per le strade della città, si fermò al Davy Byrne’s pub, per un gorgonzola sandwinch e un bicchiere di borgogna. Anche noi entreremo nel pub di Duke Street 21, a Dublino 2 e chissà se penseremo come Bloom che è un «Bel bar tranquillo. Bel pezzo di legno quel banco. Ben piallato. Mi piace come si incurva.» Una volta dentro, un successore di Davy Byrne ci servirà un buon sandwich al formaggio e un bel bicchiere di vino, e avremo un’ora per riposarci prima di riprendere il cammino.

 

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La prossima tappa coincide anch’essa, in parte, con il cammino di Bloom e Stephen. Sono le due e ci troviamo nella National Library of Ireland. Mentre Stephen discute le sue teorie su Shakespeare e l’Amleto, noi esploriamo la biblioteca. La National Library contiene una gigantesca raccolta bibliografica e documetale a tema irlandese, e organizza periodicamente eventi e mostre che attraggono numerosissimi visitatori. Tra le varie esibizioni si può sempre trovare quella permanente su W.B. Yeats, poeta emblema dell’Irish Revival e pioniere di una poesia che nella sua tensione folcroristica guarda indietro al romanticismo di Wordsworth e in avanti al modernismo di Ezra Pound. Nella mostra inerattiva si ha la possibilità di ripercorrere la vita, l’opera, gli amori, l’interesse per l’occulto e lo sviluppo del pensiero del poeta che meritò il premio Nobel per la letteratura nel 1923.

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Alle 15 invece veniamo catapultati, come rocce vaganti, nelle strade della città e, tenendo gli occhi aperti, dovremo cercare di catturare le perle letterarie sparse per le vie. Subito, usciti dalla National Library e ripresa Nassau Street, troviamo in una traversa a sinistra, Dawson street, uno dei luoghi cult della scena letteraria della capitale irlandese: la libreria Hodges Figgis. Citata in molti testi letterari, tra cui l’Ulisse stesso, la libreria celebra quest’anno i suoi 250 anni di attività, stampando per l’occasione edizioni speciali di classici irlandesi come per esemprio At Swim-Two-Birds, di Flann O’Brien, romanzo anch’esso ambientato nella città.

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Se si percorre Nassau street al contrario si passerà davanti la farmacia Sweny, dove Leopold Bloom comprò la sua saponetta al limone e dove, tutt’oggi, accoglienti volontari continuano la vendita della famosa saponetta joyceana e si riuniscono, soprattutto durante il Bloom’s day, a dare letture dell’Ulisse agli avventori che incuriositi arrivano alla porta.

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Alla fine della strada troviamo il parco Merrion Square, e veniamo attratti al suo interno dall’affascinante sguardo della colorata statua di Oscar Wilde, che riposa su un grande masso di granito.

Poi torneremo indietro e troveremo lungo Angier Street il luogo di nascita di Thomas Moore, e sui palazzi di mattoni della Golden Lane placche marmoree con su disegnati gli episodi dei Viaggi di Gulliver. Più avanti, scendendo i gradini che portano al Saint Patrick Park, troveremo incastonate nei muri i visi, i nomi e le opere di alcuni dei più importanti scrittori irlandesi: Jonathan Swift, James Clarence Mangan, OscarWilde, George Bernard Shaw, William Butler Yeats, John Millington Synge, Sean O’Casey, James Joyce, Brendan Behan e Samuel Beckett.

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Dall’altra parte del piccolo cimitero della cattedrale, si vede una costruzione di mattoni grigi, poco conosciuta e visibile, che mantiene, protetta dalle orde di turisti, tutta la sua autenticità. È la Marsh’s Library, che contiene, nei suoi antichi scaffali originali, tutta la collezione dell’arcivescovo Narcissus Marsh, fondatore della biblioteca all’inizio del diciottesimo secolo.

Si sono fatte le 16 e Joyce scrive come luogo del suo nono capitolo la Sala da Concerto. A questo punto avremo l’imbarazzo della scelta. Dublino è piena di teatri, sale da concerto, sale conferenze dove ogni periodo dell’anno vengono organizzati festival sempre diversi che tengono la città in movimento. Quando ci recheremo a Dublino dovremo allora controllare qual è la manifestazione in corso quel giorno e correre ad assistervi. Tra i festival che riguardano la letteratura da vicino non si possono perdere l’ILF, International Literature Festival, e il Bloomsday festival. Il primo porta in primavera e, sporadicamente, durante tutto l’anno, autori internazionali nella città popolando le venues di Dublino con book launches, rappresentazioni teatrali, interviste agli autori e letture di poesie. Il Bloomsday festival si svolge ogni anno nella settimana del 16 giugno, riportando la città al 1904, con eventi, rappresentazioni, sfilate. Chiunque quel giorno può sentirsi libero di vestirsi come uno dei personaggi di Joyce e girovagare nelle strade in festa.

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Un altro appuntamento da non mancare è quello con l’Abbey Theatre, fondato nel 1904 da W.B. Yeats e Lady Gregory, l’Abbey Theatre rinacque dalle sue ceneri dopo l’incendio del 1951, e ancora oggi ci offre la possibilità di assistere alle performance delle compagnie teatrali più importanti d’Irlanda. Dopo aver assistito a uno o due degli eventi in corso, si saranno fatte le 20, il giorno avrà lasciato il passo alla sera, e le strade, prima popolate, si saranno pian piano svuotate mentre la folla si riversa nei numerosissimi pub di Dublino.

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Anche noi possiamo sceglierne uno, e, dovunque si va, davanti a una pinta di Guinness, potremo godere della musica, l’altra magia che inebria l’aria della capitale irlandese, e che si fonde con la letteratura quando si assiste alle performance di cantautori intervallate dalla lettura di poesie originali. Grazie ai giovani artisti che popolano i pub e i locali della città, la musica e la letteratura diventano accessibli a tutti e motivo di convivialità e condivisione. Un locale dove quasi ogni sera si può assistere a performances musicali, letterarie, e, talvolta, di cabaret, è l’Interational Bar, in Wicklow street 23, che ospita nel suo seminterrato alcuni dei più interessanti artisti emergenti della scena dublinese.

Dopo essere andati di pub in pub la stanchezza si comincerà a far sentire, e la nostra odissea sarà quasi alla fine, e, ripercorrendo con la mente la giornata, ci recheremo nel nostro letto, ci addormenteremo e magari sogneremo di raccontare in un monologo alla Molly Bloom, tutto ciò che abbiamo imparato sulla Dublino letteraria nel nostro girovagare.


Nota: tutte le traduzioni dell’Ulisse sono state tratte dall’edizione del 1960 con traduzione di Giulio de Angelis di Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.

Per la prima foto, copyright: Ian Schneider.

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