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Dopo “Il profumo delle foglie di tè” il nuovo romanzo di Dinah Jefferies

Dopo “Il profumo delle foglie di tè” il nuovo romanzo di Dinah JefferiesLeggere La sorella perduta è come viaggiare nel tempo, nello spazio, nella vita altrui. Pubblicato in italiano da Newton Compton nella traduzione di Tessa Bernardi, è l’ulteriore conferma della grande capacità di coinvolgere il lettore di Dinah Jefferies, già nota al pubblico grazie soprattutto al suo romanzo Il profumo delle foglie di tè.

Ci troviamo in Birmania, questa volta, assieme a Belle Haton che fa la cantante presso un albergo di lusso a Rangoon. Siamo nel 1936 quando la storia di Belle ha inizio, e la ritroviamo giovane, inesperta e capace di fare amicizia facilmente. Tra notti scintillanti e ammiratori, Belle non dovrebbe chiedere altro alla vita. Eppure, c’è un segreto che la tormenta: alla morte del padre, la ragazza ha ritrovato un ritaglio di giornale che racconta della fuga dei suoi genitori da Rangoon, dopo la morte della loro bambina, Elvira. Belle vuole conoscere la verità sulla sorella che non sapeva di avere, ma non è semplice, perché non è semplice capire di chi possa fidarsi e di chi no. È così, in mezzo alla ricerca di risposte personali, che si dispiega la grande storia, il colonialismo e le sue insidie, e lo fa con un ritmo calzante e avvolgente che strappa via il lettore dal suo ora per fargli raggiungere quel momento di inizio secolo, grazie a una vicenda appassionante.

In occasione dell’uscita de La sorella perduta, Dinah Jefferies ha risposto ad alcune domande che svelano i dettagli celati dietro alla stesura del romanzo.

 

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Com’è nata l’idea del romanzo?

È difficile dire quando sia nata l’idea del romanzo. Si è sviluppata poco alla volta, come un mosaico. Un’idea ne ha generato un’altra finché sono arrivate le basi della narrazione. Ho saputo sin da principio di voler scrivere una storia il cui cuore fosse un mistero, ma non sapevo quale mistero. Certe volte tutto quello che serve è un seme o un indizio, e così una notte mi sono svegliata alle tre del mattino con un’immagine in testa. Nel sogno, avevo visto una carrozzina vuota, in giardino, sotto l’albero. Questo è stato il primo indizio. Ho saputo così che il mistero avrebbe riguardato un bambino scomparso dal suo passeggino. Nessuno sapeva dove fosse finito o chi lo avesse preso. Una situazione terribile. Ho voluto esplorare anche il modo in cui una simile perdita possa affliggere una madre. Mio figlio è morto in un incidente di macchina alcuni anni fa, quindi avevo già un’enorme empatia per la madre del romanzo, Diana, che non ha mai potuto sapere la verità, perché non è mai riuscita a trovare la bambina. Un aspetto difficile da superare e nella sua sofferenza mentale ed emotiva scavo nei capitoli a lei dedicati.

Dopo “Il profumo delle foglie di tè” il nuovo romanzo di Dinah Jefferies

Birmania: esotica e misteriosa. Come mai hai scelto di ambientare la storia in questo paese?

Sono nata in Malesia e ho vissuto lì fino all’età di circa nove anni quando siamo tornati a vivere nel Regno Unito, il paese di origine dei miei genitori. Il mio primo libro l’ho ambientato in Malesia e tutti gli altri romanzi sono stati ambientati in posti esotici come lo Sri Lanka, l’India e il Vietnam. Siccome ho sempre voluto visitare la Birmania, l’ho scelta per La sorella perduta, il mio sesto e ultimo romanzo ambientato nell’Est. È stato un viaggio di ricerca meraviglioso e ho voluto includere alcune delle atmosfere magiche della Birmania anche nel libro. Sono salita su una mongolfiera, esattamente come la protagonista, Belle, e ho amato moltissimo il viaggio in barca lento, pacifico e romantico, lungo l’Irrawaddi da Began a Mandalay. Il tempo si è davvero fermato e mi sono sentita come negli anni Trenta. Tutte queste esperienze sono state in una tale sintonia con me che le ho volute inserire nel romanzo.

 

Belle non va in Birmania per caso, c’è un segreto che la spinge a viaggiare fino in questo mondo lontano…

I genitori di Belle hanno vissuto in Birmania molti anni prima e, sebbene si trovi lì per iniziare una nuova carriera da cantante presso un lussuoso albergo, lo Strand Hotel di Rangoon, e lì anche per scoprire cosa sia successo a sua sorella e perché i suoi genitori le abbiano nascosto la verità. Sono molte le cose che non sa del passato, ma riesce a farsi nuovi amici in fretta e le cose sembrano muoversi senza scossoni mentre si ambienta nel colorato e bellissimo paese. Però, per lungo tempo non sa di chi può fidarsi e, inoltre, scoprirà che le sue domande velano un pericolo inatteso. Da bambina, mia madre faceva la cantante in un locale notturno a Singapore, quindi ho tratto ispirazione da lì per la storia di Belle.

 

Ci sono tantissimi momenti in cui il lettore si sente accolto dalla storia e altrettanti lo invitano alla riflessione in un costante e armonioso fluire di immagini e pensieri. Penso per esempio allo statuto dell’artista nel mondo e nel tempo di Belle. Ci può dire qualcosa in merito?

In quanto donna britannica in una colonia britannica, Belle è in qualche modo protetta dall’ostilità che la circonda. Arriva come una giovane donna naif ma gradualmente inizia a vedere la corruzione e i pregiudizi dietro il benessere e il glamour, dietro le feste e le occasioni sociali. Oliver, l’attraente giornalista americano, da cui lei è molto attratta, è essenziale per mostrarle il retroscena del colonialismo. Ma ne rimane scossa profondamente solo nel momento in cui sperimenta lei stessa l’ingiustizia e quanto lontano questa si possa spingere. Ma, nonostante questo e a dispetto delle minacce, lei persevera con coraggio.

Dopo “Il profumo delle foglie di tè” il nuovo romanzo di Dinah Jefferies

Lei è una maestra del genere, quali sono gli ingredienti perché un romanzo storico abbia una buona struttura e sia realistico? Quali sono i romanzi o i libri che ha amato maggiormente o che l’hanno formata in quanto scrittrice?

Un romanzo storico ha bisogno di un buon ritmo e di rendersi riconoscibile al lettore tanto quanto un romanzo ambientato nel mondo contemporaneo, quindi è importante dosare bene le informazioni. Nessuno vuole leggere informazioni lunghe e noiose indispensabili per la storia, ma alcuni passaggi sono essenziali per ricreare l’atmosfera. È una sfida scegliere tra ciò che è vitale e ciò che non lo è. In secondo luogo, personalmente cerco sempre di inserire anche dettagli sensoriali – l’odore dei luoghi, la loro fisionomia, i loro suoni e così via. Voglio che il lettore si senta come se fosse lì, quindi i dettagli riguardanti il periodo storico diventano essenziali per far sì che il libro sembri vivo. Nonostante sia ambientato nel passato, il lettore vuole che i personaggi siano riconoscibili, anche quando il modo di pensare dell’epoca è magari molto diverso. Alla fine dei conti, è la storia dell’essere umano che conta, non importa quando sia avvenuta. Infatti, il punto essenziale del mio romanzo è cosa provano le persone e cosa ci dice una storia di una determinata condizione umana.

Il libro di Julia Gregson Matrimonio a Bombay (Newton Compton edizioni) è stato il romanzo che mi ha spinto a iniziare a scrivere. Da giovane, ho letto tutti i libri di Jane Austen, ma i miei due preferiti di quell’epoca erano Cime tempestose e Jane Eyre. Ora leggo in modo eclettico e le mie ultime letture includono autori come Anne Griffin, Elif Shafak, Iona Grey e Kate Furnivall.

 

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Ha abitudini particolari per scrivere? C’è un momento della giornata in cui è più creativa rispetto ad altri? In che modo lavora sulla struttura dei suoi libri?

Di solito scrivo al mattino perché mi sento più riposata. Ho una bellissima saletta in giardino che è solo per me. È il mio rifugio e il luogo dove mi sento più creativa. È piena di libri e di quaderni e ha sicuramente bisogno di una ripulita, ma mi piace esattamente com’è. I miei gatti non sono ammessi lì dentro, quindi mi aspettano fuori dalla porta.

Sulla struttura lavoro in modi diversi, a seconda del libro. Faccio molta ricerca e prendo moltissimi appunti. Certe volte pianifico tutta la storia dall’inizio alla fine, altre invece so solo come inizierà, come finirà e quali sono le scene salienti. Pensare a una nuova storia è molto eccitante ma ci sono milioni di modi per raccontarla. Quindi, lavorare alla trama è lavorare sulla struttura del romanzo e trovare il modo migliore per raccontare quella storia. Ciascuno scrittore, poi, lavora a modo suo. Per il mio attuale romanzo, a cui sto lavorando, un libro ambientato in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, ho saputo sin da principio che parlerà di tre donne, ma la trama è cambiata diverse volte mentre mi addentravo in essa. Si intitola AFalling Woman e sono molto entusiasta di come procede. Sono stata in Toscana tre volte l’anno scorso e andrò a Firenze di nuovo presto.


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Per la prima foto, copyright: Stefano Alemani su Unsplash.

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