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Donne Novecento – Micòl Finzi-Contini nel giardino di Giorgio Bassani

Donne Novecento – Micòl Finzi-Contini nel giardino di Giorgio BassaniQuesta rubrica, se fosse una pagina Instagram, sarebbe un “anti filtro”. Mi spiego meglio: nei romanzi che verranno citati, tutta la vicenda è vista con gli occhi del protagonista maschile. Questo significa che anche gli altri personaggi, soprattutto quelli femminili, sono visti e descritti unicamente attraverso i loro occhi e le loro sensazioni. L’obiettivo di questa rubrica è dunque quello di mostrare i personaggi femminili cercando di togliere, appunto, il filtro maschile.

Il giardino dei Finzi-Contini, pubblicato nel 1962 presso l’editore Feltrinelli, fa parte del cosiddetto Ciclo di Ferrara: una serie di romanzi “a incastro”, che hanno, cioè, vari elementi in comune. L’ambientazione, in primis, ma anche alcuni personaggi: il protagonista anonimo de Il giardino (alter ego di Bassani) è lo stesso de Gli occhiali d’oro, per dirne una. Ma il romanzo in oggetto, il più famoso della serie, ha un elemento che gli altri non hanno: Micòl Finzi-Contini.

 

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Come suggerisce il titolo, tutta la vicenda è fondata sulla storia della famiglia di religione ebraica Finzi-Contini, la più ricca della Ferrara degli anni Trenta: il narratore interno, un ragazzo ebreo (che come abbiamo visto, è il personaggio principale tipico di Bassani) decide di raccontare, mediante la tecnica del flashback, come la sua vita si sia intrecciata a quella della famiglia. Di più: quando il legame si spezza, finisce bruscamente anche il racconto. E infatti non sappiamo nulla, se non per brevi, sporadici cenni, di ciò che gli capita dal 1939 al ’57.

Donne Novecento – Micòl Finzi-Contini nel giardino di Giorgio Bassani

La struttura del romanzo ha due capitoli pilastro, Prologo ed Epilogo. Fin da subito Bassani ci svela l’amaro destino dei Finzi-Contini: una scelta strana, se ci si pensa, ma che si è rivelata, a conti fatti, geniale. Infatti, da un pilastro all’altro, il lettore si trova a nuotare a ritroso, ripercorrendo gli anni della giovinezza del protagonista, legata indissolubilmente alla magna domus dei Finzi-Contini. L’Epilogo non fa altro che rimarcare quanto detto all’inizio del romanzo ma, a mio giudizio, con un tono più amaro: un congedo definitivo, insomma, dai fantasmi del passato.

E adesso, veniamo a Micòl, perno di tutta la vicenda. Ella appare nella vita del protagonista fin dall’infanzia, anche se da lontano: i due si conoscono solo di vista perché fanno parte della stessa comunità. Si possono incontrare però soltanto al Tempio, perché i Finzi-Contini vivono in una sorta di bolla che li isola dal resto della città: infatti, i due figli (Alberto è il primogenito) non frequentano la scuola pubblica, ma studiano in casa, privatamente. Questo isolamento viene interpretato da tutta Ferrara come una dimostrazione di snobismo e dunque non sono visti di buon occhio, soprattutto quando il pater familias, il professor Ermanno, chiede il permesso di restaurare la sua sinagoga privata, così da isolarsi anche per quanto riguarda l’aspetto religioso.

Il primo, reale, contatto tra il protagonista e Micòl (entrambi nati nel 1916, come Bassani), avviene nell’estate del 1929. Lo sconsolato ragazzo, dopo aver scoperto di essere stato rimandato in matematica, si aggira per Ferrara: è determinato a non tornare a casa tanto presto, per evitare di incorrere nelle ire paterne. Sdraiatosi su un prato, vicino al muro di cinta della casa dei Finzi-Contini, si sente chiamare proprio da lei, Micòl. Già Eugenio Montale aveva notato che Bassani ci dà poche informazioni riguardo alle sue caratteristiche fisiche: in questa scena, lo scrittore si limita a dire che i capelli sono biondi, fatti di «ciocche nordiche», gli occhi «chiari, grandi, da bambina, magnetici» e a definirla una «tredicenne magra». Per di più, anche il modo di parlare della ragazza è particolare: con il fratello, infatti, hanno inventato «il Finzi-Continico», «spiccando le sillabe di certi vocaboli di cui essi soli sembravano conoscere il vero senso». Micòl è a conoscenza della sua bocciatura e cerca di consolarlo, con il suo modo beffardo, facendogli le «condoglianze».

Donne Novecento – Micòl Finzi-Contini nel giardino di Giorgio Bassani

Ma l’ingresso del protagonista nel microcosmo di Micòl avviene decisamente più tardi, nel 1938. Promulgate le leggi razziali, i ragazzi di religione ebraica vengono allontanati da tutti gli spazi pubblici che erano soliti frequentare: non solo scuole e università, ma anche la biblioteca e il circolo del tennis. A questo punto, i Finzi-Contini, nella persona di Alberto, mostrano uno slancio di generosità, quello che viene interpretato dai genitori del protagonista come uno «spasmodico bisogno di contatti»: invitano tutti i coetanei della comunità a giocare a tennis nel loro campo privato, aprendo i cancelli della villa. Il protagonista inizia dunque a stringere sempre di più un contatto con la famiglia. Parlando al telefono con Micòl, lei (che una volta diplomatasi è andata a studiare alla Ca’ Foscari di Venezia, mentre il protagonista a Bologna) si definisce diventata «brutta, una zitella con il naso rosso». Non è facile, si è detto, capire se Micòl, nelle intenzioni di Bassani, è davvero brutta. Di certo almeno sul grande schermo, non lo è stata: basti pensare al film omonimo di Vittorio De Sica del 1970, dove Micòl ha il volto di Domenique Sanda, che all’epoca, grazie ai completini da tennis, segnò la moda femminile.

È da sottolineare la feroce ironia (e autoironia, come abbiamo visto) che la contraddistingue: prova infatti un grande piacere a burlarsi di tutto, anche delle leggi razziali e dei nazisti. Quando, in commissione di laurea, si rifiuteranno di darle la lode perché ebrea, lei, raccontando il fatto, «rideva, allegrissima». Spesso Bassani la descrive infatti intenta a «sogghignare» mentre pronuncia le sue battute sarcastiche. Ma il tratto più saliente del suo carattere è un istintivo e profondo odio per il futuro, come ci spiega lo stesso Bassani: «il futuro, in sé, lei lo abborriva, preferendo […] il caro, dolce, il pio passato». La sorte della famiglia viene quasi sputata sulla carta in una riga: non sappiamo neanche come il protagonista sia venuto a sapere del loro arresto, è una scena che non viene descritta, è solamente una notizia che viene comunicata ai lettori.

Il protagonista, ben presto, si trova sempre di più invischiato nella famiglia: non solo perché si sta innamorando di Micòl, ma anche perché costruisce una sincera amicizia con Alberto e con Giampiero Malnate, un ragazzo milanese, comunista, più grande di loro, che tenta di “catechizzare” gli amici con i suoi ideali. Ma soprattutto il protagonista, quando sarà cacciato in malo modo dalla biblioteca comunale, per scrivere la tesi di laurea trova rifugio in quella, smisurata e antica, del professor Ermanno. A un certo punto, non può fare a meno di dichiararsi a Micòl, che, però, lo rifiuta. La ragazza, in quella che è la scena centrale di tutto il romanzo, gli spiega la sua visione sull’amore:«Mentre l’amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce, ben più feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi.»

 

Loro due sono, per Micòl, «stupidamente onesti entrambi, uguali in tutto e per tutto».

Donne Novecento – Micòl Finzi-Contini nel giardino di Giorgio Bassani

Un secco rifiuto che fa soffrire molto il protagonista, deciso, a quel punto, a frequentare il meno possibile la magna domus, per provare a dimenticare Micòl. Nonostante i suoi tentativi, non può fare a meno di continuare ad accettare gli inviti di Alberto, soffrendo al contempo per l’atteggiamento distaccato di Micòl.

Il rapporto con la ragazza si interrompe bruscamente, perché il ragazzo decide, anche su suggerimento del padre, di troncare ogni rapporto con la famiglia. Alberto, nel frattempo, si ammala senza rimedio (e solo il protagonista ne nota i segni, mentre tutti gli altri sembravano non accorgersene). L’ultimo incontro con Micòl avviene durante il funerale: una visione rapida e fugace dei suoi capelli biondi.

Poco tempo prima, durante una passeggiata notturna fin sotto le mura della villa, il ragazzo viene a scoprire per caso, che Micòl ha intrecciato una relazione clandestina con Giampi Malnate: «Micòl, sicuro, con Giampi Malnate. […] Di nascosto proprio? O invece gli altri facevano finta di non vedere?». Ormai indifferente, consapevole che il rapporto con la ragazza è rotto per sempre, il protagonista sembra assumere un tratto tipico del carattere di Micòl, il ghigno sardonico:

“Che bel romanzo” sogghignai, crollando il capo come davanti a un bambino incorreggibile.

 

Nella storia del protagonista, dicevamo, rimangono molti punti oscuri: come è sopravvissuto all’odio nazista, ad esempio (sappiamo solo che è stato incarcerato); che ne è stato della sua famiglia (ci viene detto solo che alcuni suoi parenti vengono «inghiottiti dai forni» dei campi di concentramento). Non ci viene detto altro della sua vita da adulto. Questo perché, lo si è già detto, il suo reale intento è raccontare la storia della famiglia di Micòl.

 

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Vorrei ora provare a descrivere il punto di vista della ragazza provando a rimuovere il filtro del protagonista. Micòl è una giovane ragazza la cui unica compagnia è il fratello Alberto. Vive in una grande, immensa villa, dalla quale però non esce mai per incontrare i suoi coetanei: è costretta, insomma, in una gabbia d’oro, circondata dall’indifferenza e dall’antipatia di tutta Ferrara. Con l’avvento delle leggi razziali, il marchio di infamia che le viene cucito addosso le permette di accogliere gli altri ragazzi aprendo la sua gabbia. Ma, in qualche modo misterioso modo, sa che il futuro le sarà negato: quindi rifiuta il corteggiamento di quel ragazzo così solitario e così simile a lei, perché lui, a differenza sua, un futuro lo ha. Come lei, invece, Giampi Malnate sarà privo di futuro, morendo sul fronte russo durante la Seconda guerra mondiale. E allora mi piace pensare che si siano alleati tra loro, dandosi un po’ di calore nelle notti ferraresi, prima dell’oblio.


Tutte le citazioni dal romanzo di Bassani sono tratte dall’edizione Feltrinelli pubblicata nel 2019.

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