Donne Novecento – La Lupa di “Romolo e Remo” secondo Alberto Moravia
Alberto Moravia non ha scritto solo romanzi, ma anche racconti, pubblicati su quotidiani e riviste, come il «Corriere della Sera» e «La Lettura». Alcuni, i più famosi, sono stati raccolti ne I racconti romani (1954) e Nuovi racconti romani (1959). Il fil rouge che li unisce è l’ambientazione: Roma, città natale di Moravia.
Al centro di questa puntata di Donne Novecento c’è Lupa, che viene nominata nel racconto Romolo e Remo, pubblicato nella seconda raccolta. L’incipit è di rara intensità: «L’urgenza della fame non si può paragonare a quella degli altri bisogni».
Protagonista è il nullatenente Remo che, girovagando per il centro di Roma, sta quasi svenendo per la fame. Si ricorda di un vecchio compagno d’armi, Romolo, che dopo la guerra ha aperto una trattoria. Pensa allora di scroccargli un pranzo in memoria dei vecchi tempi, ma giunto sul posto si rende conto che l’amico non se la passa bene, se non peggio: i tavoli sono tutti vuoti e Romolo gli confida che non sa come mantenere i due figli. Moravia è abilissimo a dipingere la lieve incertezza che si impadronisce di Remo: si sente in colpa perché sta per truffare uno che sta peggio di lui, ma la fame è troppo forte e prevale sul resto.
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Nei loro discorsi, improntati a ricordare la giovinezza, spunta un nome: Lupa, la ragazza che piaceva a entrambi, soprannominata così per il riferimento al mito della fondazione di Roma. Non si dice molto altro, ma questa menzione è bastata a scatenare la mia fantasia. Vi propongo infatti, lettori, un nuovo esperimento per questa puntata: dare corpo a Lupa e improntare una sorta di story line su come sia andata la storia tra lei e i due personaggi. Proviamo quindi a tirare fuori Lupa dall’ombra dove Moravia l’ha nascosta, concentrato com’era su altro. Dunque: immaginiamo che il suo nome possa essere Maria: semplice e d’effetto. I due ragazzi possono averla incontrata durante una licenza a Roma, magari proprio in una trattoria. La ragazza può essere una cameriera. Immaginiamo anche che i due, nello stesso momento, si innamorino di lei, come una sorta di un colpo di fulmine. Com’è Maria? Io la immagino alta e magra, capelli lunghi e neri, indaffarata dal tanto lavoro.
Nella trattoria non c’era un solo tavolo vuoto. L’aria calda della primavera imminente aveva costretto Romolo e Remo a togliersi la giacca dell’uniforme e a rimanere in maniche di camicia. Fumavano entrambi, prendendo in giro bonariamente il superiore. Romolo ne imitò per l’ennesima volta il tono facendo ridere Remo. In quel momento, la cameriera depositò davanti all’uomo un piatto di spaghetti, versando poi del vino nel bicchiere di Romolo. Entrambi gli uomini alzarono gli occhi verso di lei per ringraziare. E videro un viso pulito e fresco, due occhi neri e sinceri e una bocca sottile stirata in un sorriso. Il cuore di entrambi saltò un battito. La fame un lontano ricordo. Maria sorrise e si allontanò, diretta a un altro tavolo. Romolo e Remo iniziarono a mangiare, scambiandosi occhiate diverse. «Carina, no?» chiese Remo, con aria vaga. «Chi?» rispose Romolo, finendo il vino nel bicchiere. «La cameriera». Romolo alzò le spalle: «Niente di eccezionale». Remo finì gli spaghetti e rilassò la schiena. L’amico bevve quel che rimaneva del vino. Restarono a guardarsi così, sospettosi.
Mi sono sempre chiesta se Lupa avesse ricambiato uno dei due oppure no. Potrebbe aver ricambiato Romolo, se vogliamo adattarci al mito che lo vede vincitore, ma poi l’uomo le ha preferito la sua attuale moglie, magari pentendosene. Oppure potrebbe aver ricambiato Remo, che però non è stato capace di amarla come meritava. O magari Lupa non era interessata a nessuno dei due e né Romolo e né Remo l’hanno rivista più dopo quel pranzo in trattoria, ma ne hanno continuato a parlare per mesi, tanto che, appunto, la ragazza ha meritato tra i loro amici l’appellativo di “Lupa”.
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Questo esperimento credo dimostri quanto le parole siano in grado di creare suggestione e spunti su cui riflettere. Il racconto di Moravia è incentrato sulla disperazione di un uomo che non esita a ingannare una famiglia pur di riempirsi lo stomaco, eppure, solo menzionando un nome, quasi per caso, mi ha suggerito altri spunti e altre storie.
Donne Novecento – Cate e “La casa in collina” di Cesare Pavese
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