Donne Novecento– Cristina di "Quando s’è capito il giuoco" di Luigi Pirandello
Fino alla sua morte, avvenuta nel 1936, Luigi Pirandello non ha mai smesso di scrivere novelle, dapprima pubblicate su riviste e quotidiani come «Il Corriere della Sera» per poi confluire in Novelle per un anno, in più volumi, curata dal suo editore Mondadori. Alcune novelle hanno costituito una sorta di “canovaccio” per il suo teatro: Quando s’è capito il giuoco, apparsa sul «Corriere» il 10 aprile 1913, costituisce l’embrione del dramma in tre atti Il giuoco delle parti, scritto e messo in scena per la prima volta nel 1918. Protagonista, nella novella, è Memmo Viola (che nel dramma diventerà Leone Gala), uomo placido e tranquillo nella sua indifferenza, in quello che Pirandello definisce “letargo filosofico”. Memmo è sposato con Cristina ma, poiché la donna è stanca del suo egoismo, i due sono di fatti separati:
«La moglie, stanca di vedersi guardata a quel modo e di non esser buona a farlo arrabbiare, per quante gliene facesse sotto gli occhi, di tutti i colori, gli aveva aperto, anzi spalancato la porta, e lo aveva spinto fuori, a viver libero per conto suo, in un quartierino da scapolo; a patto, però, che egli lasciasse libera anche lei, allo stesso modo, e con un congruo assegno debitamente assicurato. […] E con tutti i libri di scienze fisiche e matematiche e di filosofia, e tutte le stoviglie di cucina […] era andato ad allogarsi in tre stanzette modeste.»
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Questo equilibrio è scosso quando, una mattina, Cristina irrompe come una furia in casa di Memmo:
«Venne a svegliarlo di soprassalto nel suo quartierino con una furiosa scampanellata e, investendolo come una bufera, lo trascinò […] verso un angolo della camera. […] Lo costrinse a lavarsi e poi subito a vestirsi […] perché doveva precipitarsi in cerca di due amici.
– Ma perché?
– Sfidato? Io? Chi m’ha sfidato? […] Abbi pazienza, Cristina mia … Dimmi almeno, mentre mi lavo, che cosa è accaduto …
– Che? – gli gridò la moglie, avventadoglisi di nuovo addosso, quasi con le mani in faccia. – Sono stata vigliaccamente, sanguinosamente insultata in casa mia, per causa tua … perché sono rimasta sola, senza difesa, capisci?... Insultata, oltraggiata … Mi hanno messo le mani addosso, capisci?
– Oh Dio – , fece Memmo. – Ma quando è stato? Chi ha potuto osare?
E allora la moglie, prima tra i singhiozzi e storcendosi le mani, poi di punto in punto rieccitandosi viepiù, gli narrò che la sera avanti, mentr’era a cena, aveva sentito un gran fracasso alla porta […]. La serva, accorsa, era venuta a dirle che quattro signori, mezzo ubriachi, cercavano d’una Spagnuola. […] Appena avevano veduto comparir lei, le erano saltati tutti e quattro addosso […] l’avevano scongiurata di conceder loro una visitina alla piccola Pepita. […] Finché, a quel pandemonio, non erano accorsi dai piani di sopra e di sotto tanti vicini di casa. Scuse … chiarimenti … […] Ma ella […] aveva preteso che le dessero conto e soddisfazione di quell’oltraggio.»
Cristina pretende che Memmo, in quanto suo marito, si incarichi di restituirle l’onore sfidando chi l’ha offesa. L’uomo reagisce a suo solito:
«Lasciami lavare, senza tirarmi a discutere. […] Hai voluto il duello: cioè, farmi dare una sciabolata. Bene, ti servo subito. Ma lascia ora che provveda io a garantire, come meglio posso, la mia pelle.»
Egli sceglierà come padrino Gigi Venanzi, suo amico storico, anche se la moglie sembra scettica a riguardo.
Quando Memmo si reca da Gigi, l’amico, in effetti, non si mostra tanto contento all’idea, informandolo che lo sfidante è la prima lama di Roma…
«[Memmo] – Ma è pure un gran mascalzone, va’ là! Quello che ha fatto…
Gigi Venanzi gli saltò addosso […] – Ma se ha domandato scusa!
Memmo Viola allora lo guardò, ammiccando con la coda dell’occhio e domandò:
– C’eri?»
Dalle parole di Gigi, Memmo “capisce il giuoco”, ma è intenzionato a sfidare Miglioriti e vuole che Gigi sia il suo padrino: così è deciso.
La mattina fatidica, Gigi lo trova profondamente addormentato:
«Alle sei e un quarto, quando venne Gigi Venanzi a bussare alla porta, dormiva ancora profondissimamente. Venanzi bussò, due, tre, quattro volte; alla fine Memmo Viola […] in camicia e con le brache in mano, venne ad aprire all’amico.
Venanzi, a quell’apparizione, restò di sasso.
– Ancora così? […] Ma come! Tu ti devi battere!
– Scherzo? Mi devo battere? – rispose placidissimamente Memmo Viola.- Ma scherzerai tu, caro! Io ti ho detto che a me tocca di far la parte mia, e a te la tua. Sono il marito e ho sfidato; ma quanto a battermi, abbi pazienza, non tocca più a me caro Gigi, da un pezzo: tocca a te … siamo giusti!
Gigi Venanzi si sentì sprofondare la terra sotto i piedi, seccare il sangue nelle vene; vide giallo, vide rosso […] gli sputò in faccia le ingiurie più sanguinose; Memmo lo lasciò fare, ridendo. […] Dall’alto della scala, poi, reggendosi ancora le brache con la mano, gli augurò:
– In bocca al lupo, caro, in bocca al lupo!»
Ecco svelato il “gioco” che Memmo ha capito: Cristina e Gigi hanno da tempo una relazione (infatti, la sera del fattaccio, Gigi era con lei e ha assistito alla scena). Per ottenere riparazione dell’offesa, non vuole mettere in pericolo il suo amante, bensì sacrificare Memmo (così da essere libera di sposare Gigi). Il titolo è molto chiaro; Memmo svolge la parte del marito, l’uomo che, secondo la legge, nero su bianco, sta con Cristina. Ma l’uomo che sta davvero con lei è Gigi, l’amante: e allora è giusto che reciti la sua parte fino in fondo, rischiando la sua vita per difenderla.
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Nel dramma, il finale è molto simile, anche se Pirandello aggiunge uno scontro tra Leone e la moglie (che non si chiama più Cristina ma Silia, mentre Gigi si chiama Guido):
«SILIA: Ma tu… come sei qua tu?
LEONE: Sono a casa mia.
SILIA: E lui? Ma come?... Non si farà il duello?
LEONE: Ah, si farà, suppongo. Forse si sta facendo.
SILIA: Ma come? Se tu sei qua?....
LEONE: Ah, io si, sono qua. Ma lui, hai visto? È andato.
SILIA: Oh Dio! Ma allora? È andato lui a battersi per te?
LEONE: No per me, cara, per te!
SILIA: Per me? Oddio! Per me, dici? Ah! Tu hai fatto questo? Tu hai fatto questo?
LEONE: Io ho fatto questo? Tu hai l’impudenza di dirmi che l’ho fatto io?
SILIA: Ma tu te ne sei approfittato!
LEONE: Io vi ho puniti!
SILIA: Svergognandoti però!
LEONE: Ma se la mia vergogna sei tu!»
Arriva poi la notizia che Guido è morto nel duello:
«SILIA: Ah, dottore!... Lei! Dica … dica … che è stato? Ah! Morto […] Morto?»
Cristina (e Silia, il suo corrispettivo drammatico) è una donna scaltra e arrivista, che non ha, però, fatto i conti con la placidità di Memmo (e con la filosofia cinica di Leone), che scambia per fragilità, quando invece è forza.
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