Donne Novecento – Anna raccontata da Carlo Cassola
Abbiamo già incontrato Cassola nell’articolo dedicato a Mara, protagonista del suo romanzo più famoso. Ma anche altri suoi romanzi, come Fausto e Anna, sono meritevoli di attenzione. Pubblicato una prima volta nel 1952 per i tipi Einaudi nella collana “I Gettoni”, diretta da Elio Vittorini, suscitò diverse polemiche riguardo il modo con cui Cassola descrive la Resistenza. Tali critiche scossero parecchio l’autore, tanto da portarlo a lavorare a una nuova edizione, definitiva, pubblicata dalla stessa Einaudi nel 1958.
Mi piace riportare una frase di Eraldo Affinati: «Sempre così con Cassola: da lontano pare tutto facile, poi t’avvicini e le cose si complicano».
Sicuramente Anna è un personaggio complesso, che vediamo passare dall’adolescenza all’età adulta. La conosciamo ragazza, ad appena sedici anni, annoiata dalla vita casalinga e convinta di aver ormai lasciato andare la giovinezza, di essere condannata a essere «una vecchia zitella».
Il primo incontro tra i due ragazzi avviene per strada, per caso: passeggiando con i rispettivi padri, che si fermano per salutarsi, Fausto e Anna sono costretti a guardarsi. Non è granché di rilievo questo momento, perché tra i due non scocca nessuna scintilla. Anzi, si guardano con una certa diffidenza:
«Lei abita a Volterra?» chiese piano Fausto alla ragazza.
«Sì» rispose piano Anna.
«Studia?»
«Ho dovuto smettere».
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Le cose cominciano a cambiare al secondo incontro, che avviene una sera, in teatro. Mentre Anna non si accorge minimamente della sua presenza, Fausto se ne accorge eccome: al momento della pausa, si precipita fuori dalla sala, sperando di incontrarla.
Incontro dopo incontro (si noti che, per un’usanza dell’epoca, i due ragazzi si danno del lei), tra i due sboccia un’attrazione. Anna, se dapprima era indifferente, comincia a cambiare in sua presenza:
«Anche Anna, a causa della presenza di Fausto, aveva perduto tutto il suo spirito, e appena rispondeva alle punzecchiature di Ilio.»
Anna rimane impressionata dai discorsi del ragazzo, improntati a una sorta di insofferenza rispetto alle idee “borghesi” di famiglia. Sebbene Fausto la attragga, Anna ha una sua morale che ci tiene a salvaguardare (come quando un amico della cugina la bacia per scherzo e lei gli molla uno schiaffo) e soffre di questa differenza di vedute:
«Il novanta per cento delle donne si sposa per interesse e negli altri casi avviene questo: che dopo i primi tempi l’amore svanisce e resta solo il legame dell’abitudine …»
«Non è vero», disse Anna «quando due si vogliono bene davvero, continuano a volersene anche dopo sposati…»
Nonostante questo, però, i due ragazzi si rivedono l’estate seguente e Fausto si dichiara ad Anna:
«Sono innamorato di lei, ecco tutto».
Anna taceva e guardava fisso davanti a sé.
La ragazza si sente insicura rispetto a Fausto: non ha studiato, non avrà nessun tipo di carriera e per questo crede di valere meno. Tuttavia, tra i due, è lei quella più focalizzata su se stessa, quella che, in fondo, sa quale strada intraprendere. La relazione prende una strana piega. Da una parte, momenti di rara tenerezza, come il primo bacio:
«Anna chiuse gli occhi ed egli la baciò: la baciò appena e subito si ritrasse, ma lei gli mise le braccia intorno al collo e a sua volta lo baciò, a lungo.»
Ma prevalgono momenti di tensione: Fausto, per affermare con orgoglio le sue idee, non si accorge che spesso ferisce Anna, mettendola in difficoltà. Per la morale dell’epoca, infatti, una ragazza non poteva incontrare un ragazzo da sola senza essere ufficialmente fidanzata con lui:
«Ma, Fausto, ti rendi conto in che situazione mi hai messo? Infischiarsi della gente, come dici tu, è una bellissima cosa, ma bisognerà pure arrivare a una soluzione».
Fausto mente continuamente a se stesso: vuole essere coerente con le sue idee, ma in realtà vorrebbe frequentare da fidanzato la casa di Anna. Tra i due si comincia a creare una sottile spaccatura, proprio perché il ragazzo, apparentemente quello meno coinvolto, è in realtà quello che prova di più:
«Fausto l’amava veramente: se non si abbandonava al suo sentimento, e di conseguenza non lo dimostrava, era perché si controllava, perché “recitava la parte”. Di momentanea infatuazione anziché d’amore si trattava invece nel caso di Anna.»
Fausto non esita a ferire Anna, pur di continuare con la sua “parte”:
[Anna]: «Se tu mi avessi rimproverato; tu mi avessi dato anche uno schiaffo… guarda, arrivo a dirti questo: non mi sarebbe importato. Ma tu sei buono solo a dire delle cose cattive, delle cose che … offendono».
Quando i due sono costretti a separarsi per un anno, si promettono di tenersi quotidianamente in contatto tramite lettera. Fausto, ancora una volta, finisce per farla soffrire con la sua gelosia:
«D’altronde egli non era geloso solo di Ilio. Essendo ingiustificata, la sua gelosia non trovava limiti. Tutte le persone che avevano qualche rapporto con Anna, gli erano sospette. […] E moltiplicò le proibizioni. Le proibì di andare a San Ginesio, le proibì di uscir sola, le proibì di tingersi; le avrebbe proibito volentieri di respirare, di vivere.»
Cassola non nasconde la sua simpatia nei confronti di Anna e ci mostra come la ragazza, matura e soprattutto intenzionata a difendere la sua dignità, reagisce alle follie di Fausto:
«Tuttavia una voce interna – la voce della ragazza positiva che in fondo essa era -non aveva mai cessato di metterla in guardia contro Fausto. Quando le lettere di Fausto cominciarono ad affliggerla con quelle manifestazioni insensate di gelosia, la voce interna si fece sempre più forte, e Anna cominciò a riflettere seriamente sulla sua situazione. […] Non era un individuo normale: sempre più se ne andava convincendo. Certo, lo amava. Ma era un amore che non le aveva dato altro che dolori.»
Fausto, dal canto suo, non esita a visitare un casino (tradendo quindi Anna) e soprattutto continua a ferirla, scrivendole lettere dove afferma che i suoi sentimenti sono svaniti:
«È inutile che tu mi scriva che mi ami, che pensi a me, che sono tutta la tua vita, ecc. io non ci credo. Ed è ugualmente inutile che, per rassicurarmi, tu mi scriva che Ilio ti è indifferente e il ricordo di quel dottore ti è odioso. Io non ci credo.»
Anna, ancora una volta, cerca di rassicurarlo:
«Che cosa devo dire, che cosa devo fare per convincerti che ti amo, che non penso che a te, che tutti i tuoi sospetti sono infondati? […] Senti, caro, perché non vieni quassù? […] A voce, forse, riuscirò a convincerti che i tuoi timori sono infondati.»
Ma Fausto, seppur tentato di raggiungere Anna, alla fine decide di non andare. Comincia a frequentare la casa di tolleranza tutti i giorni, lascia da parte gli studi. E comincia, ci dice Cassola, a essere geloso del corpo di Anna:
«Egli ormai odiava Anna, desiderava solo ferirla, farle del male. […] L’avrebbe trascinata di nuovo nel bosco del seminario, ma questa volta non si sarebbe limitato ai baci. Stava ore intere a immaginarsi la scena: se gli avesse resistito, l’avrebbe presa a forza.»
E gli insulti vengono trasferiti sulla carta:
«Secondo quanto tu stessa mi hai raccontato, avevi visto il dottore una volta sola. Quindi non c’era quella confidenza per cui egli potesse sentirsi autorizzato a prendersi una simile libertà. Se se l’è presa, vuol dire che ti ha giudicato una ragazza facile, o, per parlare più schiettamente, una puttana.»
Fausto sarà poi preso dal rimorso e le chiederà scusa, ma Anna, che era stata “offesa a sangue”, non è certo intenzionata a passarci sopra:
«Non dovevi dirla, quella parola, Fausto, ormai è troppo tardi per cancellarla, e resterà sempre come un’ombra tra noi. Io non ho nulla da rimproverarmi, nulla, ricordatene bene, Fausto; tutto potrai dire di me, meno che quello.»
Il rapporto arriva a deteriorarsi: Anna risponde brevemente e seccamente, Fausto continua con la sua gelosia priva di senso. Tra i due si arriva a una rottura definitiva.
La vita di Anna, nel giro di un mese, cambia rapidamente: il padre viene trasferito a Grosseto, una città più grande. La ragazza deve dunque ambientarsi in una realtà nuova. Il padre le presenta Miro, figlio di un suo vecchio amico, «un giovane di ventitré anni», che dopo un po’ le si dichiara. I due, quindi, si fidanzano.
Per Anna comincia quindi una nuova vita. È significativo che adesso che non frequenta più Fausto assuma, per quanto in una forma diversa e più sana, una sua caratteristica: l’essere gelosa. Quando, infatti, si reca insieme a Miro dalla cugina Nora, soffre della confidenza che si instaura fin da subito tra i due:
«Poco prima Miro aveva rilevato la differenza di aspetto tra Nora, splendente di salute, e lei. Stimolata da quel confronto, Anna istituiva mentalmente altri, e da tutti la cugina usciva vittoriosa.»
Tuttavia, a differenza di Fausto, Anna riesce ad andare oltre le sue paranoie:
«Era una gelosia senza fondamento. La naturalezza, la sanità, l’esuberanza di Nora non eccitavano Miro, mentre il modo di fare impacciato e la ritrosia di Anna costituivano una grande attrattiva. Nora dal canto suo trattava Miro confidenzialmente perché lo considerava già uno di famiglia.»
Dunque, Anna ritrova la serenità e finalmente si lascia andare all’amore:
«Non sono mai stata felice così».
«Saremo sempre felici così» disse Miro.
Quando giunge il momento del matrimonio, troviamo Anna impegnata in una scena simbolica e poetica: intende dare l’addio ai suoi luoghi d’infanzia, come una sorta di “addio ai monti”
«Era uscita per dare un addio ai luoghi che le erano cari fin dall’infanzia; ma a quali precisamente? Doveva essere una scelta del cuore. E il cuore la spinse per il viottolo che portava giù tra i castagneti. […] Non era mai stata laggiù con Miro. […] Ma Anna quel giorno si spingeva più in là coi ricordi, ai tempi dell’infanzia e dell’adolescenza. Da quelli saltava al giorno del fidanzamento, come se il tempo dell’amore con Fausto non avesse per lei importanza o significato. […] Le stagioni della vita si succedevano una dopo l’altra e non c’era tempo di fermare quell’avvicendamento, che è stato fissato dalla natura. Ma per quanto fosse triste questo passaggio irrevocabile, tuttavia era necessario. Anna guardava con tranquillità al passo che stava per compiere. Viene il momento in cui una ragazza deve sposarsi. È legge di natura. È come un frutto che, giunto a maturazione, viene colto. Ma, se resta sull’albero, appassisce inutilmente. Lei, Anna, era matura per il matrimonio. Lei era nel pieno della vita, mentre Nora già sfioriva, perché non si era lasciata cogliere a tempo.
“Allora, addio” disse quando fu in cima alla salita, voltandosi a salutare i castagni.»
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Facciamo poi un salto temporale di poco più di un anno. Siamo nel ’43, la guerra è arrivata anche a Grosseto: Anna e Miro hanno una figlia, Lucia. L’uomo è stato chiamato alle armi e lo vediamo tornare a casa per una licenza. Troviamo un’Anna malinconica:
«Allora aveva molte cose a cui pensare, fantasticherie, progetti, speranze per l’avvenire. Ora, invece… Non c’era più avvenire per lei: tutto era definito, la sua vita incanalata su binari, ahimè, anche troppo tranquilli. Neppure il ritorno di Miro, dopo due mesi di assenza, poteva costituire un diversivo.»
Nella parte II del romanzo, assistiamo alla vita di Fausto, che si è laureato in Lettere ed è diventato partigiano. Anna e Fausto, dopo molti anni, si ritrovano faccia a faccia, quando il ragazzo viene ospitato in quella che è la casa della zia di lei:
«Dì un po’, zia …» fece Anna entrando nella stanza: vide Fausto e si fermò.
«Come va?» disse Fausto.
«Non c’è male, e lei?» rispose Anna. «Era tanto che non ci vedevamo» aggiunse subito dopo. «Zia, ti presento …» ma non disse il nome.
Tra i due, piano piano, sembra riallacciarsi il rapporto di un tempo. Fausto, che non ha mai smesso di pensare a lei e che sembra essere rimasto bloccato nell’adolescenza, si crogiola nei suoi pensieri:
“Evidentemente cerca di piacermi. Si, ella mi ama” concluse.
E ben presto, rimasti da soli, la passione scoppia:
Allora Fausto si alzò, le andò vicino e l’abbracciò.
«No, Fausto» disse lei, ma restituì il bacio.
Fausto la baciò due volte ancora, guardandola con passione.
Quando la guerra arriva sempre più vicina, i due si ritrovano, ancora, da soli:
«Hai pensato a me, in questi giorni?» le chiese Fausto.
«Sempre ho pensato a te».
«Mi ami?»
«Ti adoro.»
«Sei felice?»
«Non sono mai stata felice così.»
«Vedi com’è strano» disse Fausto. «Per gli altri questa è una notte angosciosa, e per noi, è il più bel momento della nostra vita».
La fine del romanzo è brusca e repentina: la Liberazione arriva anche a San Ginesio. Fausto vuole rivedere Anna, festeggiare con lei. Ma, si noti, il ragazzo è rimasto tal quale a prima: non ha intenzioni serie, vuole tornare a quando erano adolescenti, in un tempo sospeso. E questo Anna, che è invece un’adulta, lo ha ben capito:
Nora gli toccò il braccio. «Ho da parlarle» disse. Fausto […] tornò indietro con Nora. Fatti venti passi, Nora si fermò e gli disse:
«Ieri mattina Anna è venuta lassù dove c’eravamo rifugiati, mi ha preso in disparte e mi ha raccontato tutto.»
«Signor Fausto,» cominciò Nora […] « è necessario che lei vada via subito … e che non riveda più mia cugina …»
Fausto guardava al di là delle spalle di Nora, senza veder nulla. Era in preda a un’emozione profonda. Si rendeva nitidamente conto che in quel momento avrebbe dovuto prendere una decisione da cui sarebbe dipeso l’intero corso della sua vita …
«Io… amo Anna» disse.
Nora lo guardò un momento prima di rispondere:
«Ma Anna è sposata. Se le vuole veramente bene, non deve più vederla …»
«È vero» rispose Fausto. E, quasi senza volerlo, aggiunse «Arrivederci» e le tese la mano.
«Arrivederci» rispose Nora, e gli strinse forte la mano, come per attestargli la sua simpatia e la sua gratitudine.
Le ultime righe del romanzo, dove Anna, prima di seguire Miro dentro casa, lancia uno sguardo verso il buio, come cercando Fausto, sono da brividi.
Cassola è riuscito a creare un personaggio completamente diverso da Mara, eppure a lei così simile: entrambe sono donne vere, coraggiose, che compiono scelte difficili ma necessarie.
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