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Don Lorenzo Milani è “L’uomo del futuro”, il nuovo libro di Eraldo Affinati

Don Lorenzo Milani è “L’uomo del futuro”, il nuovo libro di Eraldo AffinatiSi intitola L’uomo del futuro l’ultimo libro di Eraldo Affinati che vede protagonista la figura di Don Lorenzo Milani, ma non solo. Lo scrittore e docente romano ha incontrato tanti “Don Milani”, ovvero educatori sparsi per il mondo che, in un qualche modo e senza aver conosciuto il priore che operò nel Mugello negli anni Sessanta, incarnano quello straordinario modello educativo. Presentato a Poggibonsi (SI), in un incontro promosso dall’Associazione “La Scintilla”, dove tra l’altro ha sede una delle Penny Wirton (la scuola fondata da Affinati e da sua moglie, gestita da volontari che prestano gratuitamente la loro opera) della Toscana, L’uomo del futuro racconta la storia di questo prete di campagna, nato da una ricca e colta famiglia, una figura all’epoca assai controversa e contrastata per i suoi metodi anticonformisti eppure anticipatori di numerose dinamiche che oggi attraversano la nostra società. Affinati ne segue le tappe in Toscana (Barbiana, Castiglioncello, Montespertoli, San Donato di Calenzano) e poi si mette alla ricerca dei suoi “eredi” spirituali, perché, oggi come allora, il futuro dipende più che mai dai giovani e dall’educazione.

 

Come ha appreso la notizia dell’inserimento fra i 27 libri candidati al Premio Strega 2016?

Mi ha fatto davvero molto piacere che L’uomo del futuro sia rientrato fra i 27 candidati di quest’anno. Io avevo già partecipato 19 anni fa con un libro intitolato Campo del sangue, del 1997, uno dei miei libri più significativi che racconta un resoconto, un diario di un viaggio a piedi da Venezia a Auschwitz. Conosco, dunque, il meccanismo dello Strega e sono molto contento di essere stato candidato da Mondadori, soprattutto con un libro come questo dedicato a Don Lorenzo Milani, in un periodo storico come questo. Grazie alla vetrina del Premio Strega, potrò parlare in giro per l’Italia delle scuole Penny Wirton, cui sono molto legato, a cominciare dalla sede romana e poi pensando a tutte le sedi sparse sul territorio nazionale.

 

Ci spiega la scelta del titolo del suo ultimo libro?

Pochi mesi prima di morire, Don Lorenzo Milani parlò al Cardinale Ermenegildo Florit, il quale aveva un po’ ostacolato l’azione del priore. Don Milani disse una frase importante: «Lo sa qual è la differenza tra me e lei, Eminenza?». «No, mi dica, priore». «Io sono più avanti di Lei di cinquant’anni» rispose il priore, con quel suo solito modo provocatorio. Oggi, a distanza di quarantanove anni dalla sua morte, avvenuta nel 1967, possiamo dire che davvero quella frase era profetica perché molte delle sue sfide e delle sue scommesse sono ancora oggi aperte. Davvero era l’uomo del futuro.

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Don Lorenzo Milani è “L’uomo del futuro”, il nuovo libro di Eraldo AffinatiIl pensiero di Don Milani ancora non ha trovato piena attuazione nella scuola…

Don Lorenzo aveva cercato di portare nella scuola il tempo della vita, per lui non erano importanti i metodi, ma lo spirito dell’autenticità con cui un maestro si deve mettere di fronte al suo allievo. Già questo oggi ci fa capire quanto la scuola non abbia raccolto pienamente questo invito, perché oggi è molto burocratizzata, ad esempio, molto schematica, e rischia di perdere lo spunto prezioso di Don Milani. I ragazzi di Barbiana di oggi sono i ragazzi che frequentano le Penny Wirton, sono gli stranieri che faticano a integrarsi a causa della barriera della lingua. Sono Amhed, Francisca, Mohamed, ragazzi che provengono da tutto il mondo e che oggi hanno gli stessi problemi che un tempo avevano i ragazzi delle famiglie contadine del Mugello. In un futuro spero non troppo lontano vorrei che le Penny Wirton siano sempre più numerose sul territorio e si possano raccordare per mettere insieme le esperienze: sicuramente verrebbe fuori un ritratto inedito dell’Italia, dell’Italia che si sottrae alla logica retributiva che ci governa e regola ormai i nostri rapporti.

 

Ne L’uomo del futuro lei va alla ricerca dei “Don Milani” presenti nel mondo…

Ho provato ad aprire una riflessione su di me, sul mio essere insegnante, educatore, pedagogo: mi piace definirlo un breviario interiore e sono andato alla ricerca dei “Don Milani” di tutto il mondo, dalla Russia alla Germania, dalla Cina al Messico, che, anche se non avevano mai conosciuto il priore, ne interpretano il pensiero tutti i giorni. Ho messo su un libro composito. Tra i tanti incontri che ho fatto, vorrei citare quello con la suora indiana che mi portò nel ricovero dove Madre Teresa di Calcutta accoglieva i poveri, quello con l’educatore berlinese che cerca di recuperare un ragazzo naziskin, in un rapporto molto difficile. Non posso dimenticare il maestro arabo da cui sono andato, portato dai miei studenti Omar e Sharif. In tutti questi esempi ho ritrovato l’alone dell’azione del priore. Certo, ognuno di noi fa scuola in maniera diversa perché abbiamo sensibilità ed esperienze diverse, ma ciò che conta più di tutto è l’autenticità del rapporto che riusciamo a instaurare con i nostri studenti. La Penny Wirton ha costruito un modello che punta molto sul rapporto umano, senza classi, come faceva il priore, senza voti, senza registri. Inoltre, l’insegnamento uno a uno è un elemento decisivo in questo senso.

 

Da docente e da scrittore impegnato in un ruolo che possiamo definire di responsabilità civile, visto che abbiamo molti libri e pochi lettori in Italia, che opinione si è fatto sul mondo della letteratura oggi?

Partiamo dal fatto che abbiamo di fronte una rivoluzione informatica in atto: i ragazzi oggi leggono in modo diverso rispetto a come leggevano i loro coetanei venti anni fa, perché sono cresciuti sugli schermi, mettendo in atto un meccanismo interpretativo che è molto diverso rispetto al passato. Non solo la scuola, ma anche la letteratura stanno cambiando molto. I luoghi della critica non sono più, come un tempo, quelli della rivista letteraria, bensì i blog e la rete che, inevitabilmente, influenzano gli scrittori. Secondo me, la scrittura deve avere alle spalle un’esperienza forte, oggi più che mai, perché rischiamo di avere solo esperienze virtuali. Ci sono certamente esperienze e approcci diversi dai miei, di sicuro nobili, come la scrittura d’invenzione. È la mia poetica che mi spinge a certificare quello che scrivo attraverso l’esperienza concreta e vissuta, e il mio non è di certo un caso isolato, ma nel mondo sempre più questa modalità viene attivata perché è avvertita la necessità del rapporto con la realtà: questa esigenza possiamo definirla una nuova forma di responsabilità civile.


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