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Diventare giornalisti di se stessi

Diventare giornalisti di se stessiNel cercare idee stimolanti fra i tanti intellettuali che la storia ci offre, e nell’avvicinarsi a loro con l’opportuna curiosità, e nel lasciarsi travolgere da impetuose passioni e da tragici abbandoni, e nel seguire l’attualità, non di rado ho provato la sensazione di non incontrare mai un’affinità stabile, ma, forse per gli eventi della vita, forse per i mutamenti interiori e contingenti di quanto ci circonda, un continuo innamoramento e distacco. Diventare giornalisti è una modalità dell’anima, non una professione.

Intendere l’editoria in modi esaustivi mi sembra da anni illusorio, come se fosse possibile, in un’epoca di sconvolgimenti tecnologici e non solo, parlare del futuro con toni da chiaroveggenza. Neanche il relativismo estremo mi ha mai convinto, coloro che a qualsiasi ipotesi rispondono “dipende”.

Negli anni ho provato ad arrovellare il cervello provando a trovare soluzioni interpretative, qualche timida considerazione mi ha convinto di essere sulla strada giusta.

 

Ricordo ancora con infastidita simpatia alcuni titoli a nove colonne dei quotidiani italiani sull’avvento di internet, moderni luddisti che si scagliavano contro i blog e l’informazione dal basso, gli stessi che a distanza di dieci quindici anni pigiano con ansia il refresh su Twitter per seguire – senza consumare suole avrebbe detto Enzo Biagi – l’ultimo aggiornamento da Haiti o da Gaza. Hanno cambiato pelle quei giornalisti, non l’anima, e si presentano almeno oggi (finalmente) più alfabetizzati nelle tecnologie social. D’altro canto, molti di noi già online lo sapevano o lo intuivano, le persone intelligenti leggevano ciò che accadeva nei territori yankee, non erano chiuse nel tipico provincialismo italiano. Io ero stato ancora più fortunato, nel settembre del 1998 mi trovavo a Denver, negli Usa, stavo vivendo la mia prima esperienza lontano da casa con la spensieratezza e l’adrenalina che soltanto coloro che l’hanno vissuta sulla pelle possono comprendere, lontano migliaia di chilometri da casa, dalla famiglia, dagli amici, dalle comodità e dalle abitudini, solo in un altro mondo. Avevo conosciuto un ragazzo che studiava informatica alla University of Denver e mi aveva parlato di Google. Ricordo che sorridevo quando lo pronunciava, mi sembrava un nome stupido. Ma Brian mi aveva spiegato senza tanti giri di parole che stava iniziando una rivoluzione, mi citava concetti che il più delle volte mi erano oscuri; la mia conoscenza di Html e programmazione era da prima elementare, non ero interessato ai motori dell’informatica, anche se poi nel tempo mi sono arreso e colmai alcune lacune inaccettabili per chi opera anche nel web, ma mi incuriosiva conservare una mentalità beta, osservando i cambiamenti e in particolare il loro impatto nella società. Le teorie sono affascinanti talvolta per spiegare i fenomeni, le relazioni teoriche indagano quanto accade, eppure ho sempre sguazzato nelle esperienze, aprendo e chiudendo blog, partecipando attivamente a forum e riunioni tematiche, organizzando incontri online, avviando un’attività imprenditoriale. Diventare giornalisti di se stessi è una modalità interiore, un approccio verso la curiosità.

 

Gli anni Novanta del secolo scorso e i primi anni del nuovo millennio odoravano di magia per il web, che cosa passava per la testa a Peter Thiel o a Chad Hurley, a Jack Dorsey o a Larry Page e ai molti innovatori che avrebbero rivoluzionato il nostro modo di vivere? Il modo di vivere? Esattamente, un esempio concreto. Il recente conflitto nel territorio siriano lo sto seguendo su Twitter, dopo avere individuato alcune fonti affidabili, raccolgo informazioni con i tweet e, in tutta franchezza, non sono interessato – non lo sono da molto tempo per la verità – ad ascoltare il servizio di un tg perché mi direbbe cose che già conosco. Posso avere velocemente un sacco di informazioni, si tratta di scegliere fonti autorevoli, mi piace essere un utente attivo, non un’ameba passiva di fronte al tubo catodico. Che me ne faccio di opinioni non di rado parziali o faziose quando posso seguire l’attualità scegliendo le fonti, conquistando notizie in tempo reale e filtrando con i filtri che voglio io?   

 

Alla prossima puntata.

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Il blog Sul Romanzo nasce nell’aprile del 2009 e nell’ottobre del medesimo anno diventa collettivo. Decine i collaboratori da tutta Italia. Numerose le iniziative e le partecipazioni a eventi culturali. Un progetto che crede nella forza delle parole e della letteratura. Uno sguardo continuo sul mondo contemporaneo dell’editoria e sulla qualità letteraria, la convinzione che la lettura sia un modo per sentirsi anzitutto cittadini liberi di scegliere con maggior consapevolezza.

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