Dentro “V2”, il nuovo romanzo di Robert Harris
È una storia travolgente, quella raccontata da Robert Harris nel suo nuovo romanzo, V2, uscito in italiano per Mondadori, nella traduzione di Annamaria Raffo.
Siamo durante la Seconda guerra mondiale, la Germania sta giocando le sue ultime carte, non vuole arrendersi. Nel disperato tentativo di non soccombere, progetta un missile, il V2, con il quale colpisce la Gran Bretagna e il Belgio.
Sotto gli occhi del lettore, però, i grandi della storia sono spesso dei camei, comparse indispensabili per rendere il quadro completo, mentre i veri protagonisti sono gli altri. Prima tra tutte, l’ausiliaria dell’aeronautica militare Kay Catton-Walsh che, dotata di regolo e logaritmi, diventerà un elemento centrale nella corsa contro il tempo tesa a fermare l’offensiva germanica.
Dall’altro lato, c’è l’ingegnere tedesco Rudi Graf che, da bambino, sognava di mandare razzi sulla luna, mentre da grande si trova costretto a fare i conti con i potenti, e i loro sogni. Graf diventa un personaggio complesso che accende un cono di luce su moltissime questioni all’apparenza secondarie rispetto alla vicenda principale, ma che, a uno sguardo più attento, secondarie non sono. In primis, ci si domanda qual è il legame tra la scienza e la grande Storia. La Seconda guerra mondiale, oltre alle cicatrici, ci ha lasciato tanta innovazione tecnologica. Che tipo di equilibri lega questi due aspetti della realtà?
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Di questo e di molto altro abbiamo discusso con Robert Harris durante una tavola rotonda virtuale organizzata da Mondadori in occasione dell’uscita del romanzo in Italia.
Durante la discussione è emerso che la stesura di V2 è avvenuta durante il lockdown, cosa che viene specificata anche nei ringraziamenti del libro per cui, per Robert Harris
«la scrittura si è rivelata un modo per distaccarsi dalla realtà. Avevo già scritto un quarto del romanzo quando è esplosa la pandemia, poi non sono riuscito a scrivere per circa tre settimane, dopo di che mi sono abituato alla nuova realtà e sono riuscito a proseguire. In qualche modo, ho tentato di evadere la mia prigione attraverso il libro. Mi sono imposto a seguire un certo ritmo, per cui ho scritto quattro ore al giorno, sette giorni su sette. Ciononostante, mi sono sentito vicino agli scrittori che non sono riusciti a scrivere in questo periodo».
Alla domanda se scrivere durante il lockdown o se l’aver vissuto la pandemia gli abbia ispirato l’idea per un romanzo ambientato in questi tempi risponde:
«non c’è nulla che vorrei fare meno, al momento. Forse in un futuro, per ora vorrei usare l’immaginazione per sfuggire alla realtà che stiamo vivendo. Inoltre, non c’è nulla di epico in questa situazione: cercano un vaccino, e questo sarebbe il tema per un’opera di non fiction, di fatti veri e propri. In un futuro, potrei dedicare un libro alla pandemia se dovessi scoprire una storia straordinaria».
Come nel caso di Eileen Younghusband, la figura storica, realmente esistita, l’ufficiale che, nel 1944, viene aggregato a un gruppo di matematici inviati in Belgio per calcolare le posizioni mobili dei missili V2. I matematici avevano circa sei minuti per svolgere i calcoli basandosi sulla traiettoria dei missili, secondo i dati registrati dai radar. Il ruolo della donna, così come viene raccontato in V2 attraverso la figura di Kay, è molto importante.
«Ho scritto il libro proprio per questa ragione, per sottolineare l’importanza delle donne durante la guerra. È nato tutto dal necrologio di Eileen, in cui si raccontava della sua straordinaria capacità di eseguire questi calcoli rapidissimi, svolti sotto pressione, in condizioni climatiche sfavorevoli. È stata una storia che mi ha colpito».
Il romanzo è una costellazione di dettagli riguardanti i missili, la loro forma, le loro funzioni, segno di una ricerca approfondita. Ma quanto è stato difficile reperire il materiale? Robert Harris spiega che
«ci sono moltissime informazioni perché moltissimi di questi dati sono stati desecretati, moltissime persone hanno scritto memorie e biografie. Io non sono una persona molto tecnologica, per cui mi sono posto come metro di paragone: se io capivo com’era fatto un missile, allora anche il lettore lo avrebbe capito».
Inevitabile domandarsi, attraverso la vicenda di Graf, quale sia il rapporto della scienza con le guerre. E l’autore replica:
«La ricostruzione inerente alla storia di Graf è assolutamente veritiera. Gli adolescenti si ritrovavano a lavorare assieme e spesso finivano per stringere patti con il diavolo. Anche Graf, per realizzare il suo sogno di mandare un razzo sulla luna, deve scendere a compromessi e lavorare per lo stato tedesco. La Germania destina fondi straordinari per la scienza, e non è l’unica. Negli Stati Uniti abbiamo la macchina di Turing, la bomba atomica. Noi oggi viviamo ancora in un modo configurato secondo questi scienziati».
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Nella costruzione dei V2, si parla di manodopera proveniente dagli schiavi. Si trattava di ebrei?
«Si trattava di prigionieri, di lavoratori forzati, molti olandesi, polacchi, belgi. Quello del V2 fu un progetto molto sofisticato, forse il più sofisticato sulla terra in quel momento storico. Non era un’arma, era una testata con una portata da una tonnellata. Nessuno Stato logico avrebbe speso tanto per un progetto simile, sofisticato ma poco efficace dal punto di vista militare. Per Hitler, dopo Stalingrado, il V2 rappresentava il miracolo che avrebbe salvato la Germania. Alla fine, i morti sono stati maggiori nel momento della costruzione che in seguito all’uso come arma militare».
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