Daphne Caruana Galizia. Un omicidio di stato
«Quando le persone vi rimproverano o vi criticano accusandovi di essere “negativi”, di non seguire la corrente o di non adottare un atteggiamento di benevola tolleranza verso i loro eccessi, ricordatevi sempre che sono loro, e non voi, a essere nel torto.»
(Daphne Caruana Galizia)
L'assassinio di Daphne Caruana Galizia non dovrebbe interessare e preoccupare solo i cittadini maltesi, bensì quelli di ogni stato democratico che si ritenga o ambisca a essere considerato tale. Perché testimonia un grande problema: l'erosione della democrazia e dello stato di diritto provocata dal denaro sporco.
Leggendo il libro scritto da Bonini, Delia e Sweeney, Daphne Caruana Galizia. Un omicidio di stato (Mondadori, traduzione di Paola Marangon), capitolo dopo capitolo, il lettore realizza che le denunce e le inchieste portate avanti dalla blogger maltese non riguardavano solo l'isola dove abitava e i suoi abitanti. Malta non è che un piccolo puntino rosso disegnato su una rete molto più ampia e capillare, dove i punti di snodo sono numerosi e anche parecchio più grandi.
Forse è anche per questo che Daphne Caruana Galizia è stata uccisa. Perché, scavando quella punta di marcio che aveva scoperto, è finita in qualcosa di davvero troppo grande.
Un sistema di corruzione ad alti, altissimi livelli, che tira in ballo democrazie e dittature sparse in ogni parte del globo e di cui, è evidente, nessuno deve parlare.
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Raccontando le inchieste di Caruana Galizia, gli autori nel libro hanno scritto di criminalità organizzata italiana, stato russo, oligarchi azeri, elusori di sanzioni iraniani, contrabbandieri di petrolio, gestori di casinò, politici corrotti, poliziotti marci e giudici abietti. Hanno raccontato di politici astuti e PR untuosi, avvocati deboli e poliziotti corrotti, banchieri equivoci e scaltri agenti immobiliari che in tutta Europa e nel mondo occidentale «fanno finta di non vedere quando il denaro sporco gli passa sotto il naso». Per gli autori anche gli stessi cittadini maltesi hanno una parte di responsabilità per «l'assassinio di Daphne. Troppo a lungo hanno distolto lo sguardo di fronte alla corruzione.»
È questa una responsabilità ampiamente diffusa e riguarda tutti i cittadini, qualunque sia il loro stato di appartenenza, che fingono di non sapere, di non vedere e di non capire.
«Quando la legge e il male sono una cosa sola, la ricerca della verità è un valzer lento con la follia», ha scritto Philip Kerr a margine del romanzo La notte di Praga (Piemme, 2013). Daphne Caruana Galizia non è impazzita però, nonostante tutto. È stata assassinata. Da criminali. Certo. Con ogni probabilità chi ha digitato l'sms che ha innescato la bomba sotto il sedile della sua auto è un criminale di strada qualunque. Ma la decisione di compiere quel gesto non è certo sua. I criminali quando scelgono questa vita in un certo qual modo le inchieste giornalistiche e giudiziarie le mettono in conto, anche la prigione può non essere una grande sorpresa per loro. Mentre le persone sui cui loschi affari indagano giornalisti come Caruana Galizia, forze dell'ordine e magistratura, sono convinti di restare impuniti per sempre. E, affinché ciò avvenga, sono disposti a tutto. Ma proprio a tutto.
Sono delle menti raffinatissime, come amaramente le definiva il giudice Giovanni Falcone. Anche lui assassinato. Anche lui da una bomba.
Affrontano gli autori anche un altro problema, quello della disinformazione, o meglio della distorsione dell'informazione a fini politici e propagandistici. Tanti maltesi criticavano Daphne Caruana Galizia nella sua persona e nel suo lavoro. Ognuno naturalmente è libero di avere e sviluppare idee proprie ci mancherebbe, purché lo faccia con cognizione di causa. Nel testo si sottolinea come in realtà migliaia di sostenitori del Partito laburista maltese, dei cui vertici in più occasioni si era occupata la blogger, non sapevano l'inglese e conoscevano Caruana Galizia attraverso la traduzione e la mediazione operate dal partito. Non leggevano quindi i suoi scritti ma la versione, magari riscritta e opportunamente riveduta, proposta loro.
Il motivo per cui Carlo Bonini, Manuel Delia e John Sweeney hanno deciso di scrivere Daphne Caruana galizia. Un omicidio di stato è perché ritengono lo stato maltese molto restio a «sollevare i sassi per paura di ciò che potrebbe trovare sotto».
Gli autori si sono dichiarati sbigottiti di fronte alla profondità della corruzione che Daphne Caruana Galizia è riuscita a far emergere. È lo stesso stupore che prova il lettore leggendo le pagine del libro. Appare quasi impensabile l'alto livello di corruzione nascosto dietro un apparente innocuo gesto, viaggio, comportamento, lavoro e su cui invece il fiuto della blogger non sbagliava.
«Due terzi dei giornalisti assassinati dal 1992 a oggi si occupava di politica e corruzione. L'omicidio dei giornalisti è una spia del fallimento delle istituzioni e di altissimi livelli di corruzione.»
Hanno scritto i figli di Caruana Galizia nel rapporto annuale del Gruppo di stati contro la corruzione del Consiglio d'Europa.
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«Abbiamo rigirato qualche sasso e visto creature dimenarsi per sfuggire alla luce, ma abbiamo scelto di non dire tutto ciò che sappiamo per ragioni che, per il momento, non possiamo spiegare», hanno scritto gli autori a margine del testo.
Già, adesso non è il momento di spiegare, ora è tempo per giornalisti e investigatori di andare avanti con il loro lavoro e per i cittadini, non solo maltesi, di riflettere. Di pensare.
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