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Daniela Di Sora, fondatrice di Voland Edizioni: «La mia vita per i libri»

Daniela Di Sora, fondatrice di Voland Edizioni: «La mia vita per i libri»Non ha dubbi di sorta Daniela Di Sora, fondatrice della casa editrice indipendente Voland: «La mia è una vita spesa per i libri». Intervistata nel corso dell’edizione del Pisa Book Festival, appena passato, Daniela Di Sora sorseggia un caffè mentre risponde alle interviste, si coordina con l’addetto stampa, prepara lo stand. Una donna forte, un pilastro, per certi aspetti, dell’editoria indipendente italiana, che fronteggia i colpi della crisi e non smette di crederci.

 

Qual è, in generale, lo stato di salute dell’editoria indipendente?

A guardare il Pisa Book Festival, ti si allarga il cuore, ma purtroppo non è lo specchio del Paese. Qui c’è maggiore interesse, ci sono lettori attenti che ti vengono a cercare, interrogare, che commentano, che criticano. Tutto questo fa bene al settore, magari fosse sempre così!

Assistiamo a un paradosso generato dal nuovo soggetto editoriale “Mondazzoli” che, in un certo senso, ha spinto i lettori nella direzione opposta. Purtroppo non è sempre così, e noi piccole case editrici indipendenti viviamo un momento di grandissima difficoltà.

Daniela Di Sora, fondatrice di Voland Edizioni: «La mia vita per i libri»

 

Che cosa significa partecipare a un evento come il Pisa Book Festival per una casa editrice indipendente? Farsi notare?

È un’occasione di reincontrare i lettori. A Pisa ho insegnato letteratura russa e bulgara per 17 anni, quindi per me è come una seconda casa. Qui ci sono lettori veri, appassionati e per loro ho inventato un gioco che ho chiamato “Soddisfatti o sostituiti”: io suggerisco loro la lettura di un libro e se non è di loro gradimento, l’anno successivo glielo sostituisco. E ogni anno, è una gioia incontrare lettori interessati, che ti aiutano a capire meglio i loro gusti e a indirizzare meglio le scelte editoriali. Se sbagli, non ti perdonano. Se fai bene, continueranno sempre ad amarti. A Pisa incontri il lettore ideale.

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La casa editrice Voland è famosa nel settore soprattutto per aver portato in Italia Amélie Nothomb: è il sogno di ogni editore trovare un autore del genere, da milioni di copie nel mondo…

Parto da un presupposto. Le voglio bene, innanzitutto, come persona. E poi è una professionista vera. Non si limita, si concede alle interviste e agli autografi e non fa capricci, pur vedendo centinaia di persone nel mondo. Una volta le ho fatto fare una levataccia alle 5 per una partecipazione a Uno Mattina e non si è opposta minimamente. È un soldato e voglio ringraziarla pubblicamente perché ha continuato a scegliere noi di Voland. È una persona seria e fedele, nonostante le mille lusinghe che riceve di continuo. Un giorno mi disse che avrebbe continuato a stare con noi perché noi le abbiamo dato fiducia quando era una perfetta sconosciuta. Sinceramente, qualunque cosa decidesse, la condividerei e la ringrazierei. E poi è un personaggio divertente, davvero sui generis, grazie a una straordinaria empatia che le permette di entrare in relazione con i lettori.

Daniela Di Sora, fondatrice di Voland Edizioni: «La mia vita per i libri»

Parliamo di Memorie di una interprete di guerra di Elena Rzevskaja, presentato proprio nelle giornate del Festival di Pisa…

A 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, abbiamo pubblicato questo romanzo, di cui ho curato la traduzione, ci sono ancora tante storie interessanti da raccontare. L’autrice, ormai più che novantenne e purtroppo non pienamente lucida, racconta qui la sua storia, tutta rigorosamente vera. Nel suo ruolo di interprete militare, la giovane Elena si troverà nel maggio del ’45 al centro della misteriosa vicenda del riconoscimento del corpo carbonizzato di Hitler, di cui Stalin non informa neanche il maresciallo Žukov, comandante dell’Armata Rossa che entra vittoriosa in Berlino. E a questo punto il libro, da narrazione avvincente, diventa anche un ineludibile documento storico che contribuisce a chiarire una delle vicende più oscure della seconda guerra mondiale. Del resto, per me, i libri devono essere così, devono colpirmi e mantenermi incollata alla lettura. Se questo meccanismo non avviene, è difficile che scatti quell’alchimia che convince il lettore a proseguire. In più il libro è arricchito da un inserto fotografico con immagini d’epoca di proprietà dell’autrice.

Mi ha colpito per come ha servito la Patria da traduttrice dal tedesco e per il modo in cui racconta vari pezzi di vita e vari momenti, cui ha assistito in prima persona. Descrive l’ingresso dei russi a Berlino, per esempio, o le istruzioni dei tedeschi nella campagna di Russia. Ciò che mi ha affascinato soprattutto in questo libro è comunque la grazia e la leggerezza femminile che riesce a mantenere, persino nel racconto delle atrocità, grazia alla differenza dei registri. Questo libro l’ho voluto a tutti i costi e ho impiegato anche molto tempo nella traduzione, in un periodo di vicende assai delicate per la sopravvivenza della stessa casa editrice.

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