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Dall’Argentina al noir, viaggio in compagnia di Massimo Carlotto

Dall’Argentina al noir, viaggio in compagnia di Massimo CarlottoCompie vent’anni Le irregolari. Buenos Aires horror tour, il libro inchiesta con il quale Massimo Carlotto ha raccontato il suo viaggio in Argentina sui luoghi della Guerra sporca e i suoi incontri con le “irregolari”, cioè le nonne di Plaza de Mayo alla ricerca di una verità da ristabilire che segnasse anche un punto di svolta nella società del Paese.

Proprio a partire da questi aspetti abbiamo posto qualche domanda a Massimo Carlotto in vista della sua partecipazione il 12 aprile a Bruma, rassegna letteraria monografica giunta all’undicesima edizione e diretta da Camilla Corsellini presso la Biblioteca di Brugherio (MB) e a cui, oltre a Carlotto (il 12 aprile alle 21.00), prenderanno parte anche Marco Malvaldi con le sue indagini del BarLume (20 aprile) e Maurizio De Giovanni con il suo commissarrio Ricciardi e i bastardi di Pizzofalcone (26 aprile).

Dall’Argentina al noir, viaggio in compagnia di Massimo Carlotto

Quest’anno ricorre il ventennale di Le irregolari. Buenos Aires horror tour con il quale lei si occupò della Guerra sporca argentina che ha causato ben 2.300 omicidi politici e circa 30 mila desaparecidos, di cui 9 mila accertati dalla Commissione Nazionale sulla Scomparsa delle Persone. Quanto peso ha ancora quel periodo sull’attuale situazione argentina di cui molto si discute a livello internazionale?

L’Argentina non è mai riuscita a fare i conti con la storia di quel periodo e nel tempo si è determinata una spaccatura profonda nella società, che ora appare sempre più insanabile. Il governo Macrì, a differenza di quelli dei Kirchner, procede nella direzione della cancellazione della memoria e a un indebolimento di madri e nonne. Non è un caso che sia tornata, in modo quasi sfacciato, la desaparición. La scomparsa e l’omicidio di Santiago Maldonado, giovane militante della difesa delle oppresse comunità Mapuche, è un segnale preciso.

La stagione delle dittature sudamericane è terminata ma dal Brasile all’Argentina si assiste a una definizione delle democrazie in termini autoritari e a un uso sistematico della violenza.

 

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Le “irregolari” del titolo sono le Nonne di Plaza de Mayo che lei ha incontrato durante questo viaggio tra i luoghi dell’orrore. Tra queste c’è anche Estela Carlotto, sua parente, che all’epoca era alla ricerca del nipote, nato dopo che la figlia era stata fatta sparire per essere uccisa dopo il parto. A distanza di due decenni cosa si porta dentro di questi incontri?

Quando sono tornato in Italia dal primo viaggio in Argentina, con le valigie cariche di dossier, vecchie fotografie e decine di ore di interviste, ho iniziato a scrivere come se mi trovassi ancora a Buenos Aires. Il romanzo è stato un processo lungo e doloroso da cui non mi sono mai veramente liberato. Da allora l’Argentina è un’attenzione quotidiana, non solo rispetto alla situazione del Paese o alle vittorie o alle sconfitte della lotta per la verità e la giustizia, ma anche nei confronti delle tantissime persone che ho conosciuto. Madri, nonne, famigliari, superstiti.

I Carlotto d’Argentina alla fine sono stati “fortunati” perché hanno ritrovato il figlio di Laura ma per la maggioranza delle famiglie non è previsto un lieto fine.

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La missione delle Nonne di Plaza de Mayo è quella di rintracciare i nipoti che non hanno mai conosciuto e raccontare loro la verità. Oltre alla ricomposizione dei legami famigliari, cos’altro è in gioco in questa missione? E secondo lei perché è importante “sconvolgere” le vite dei nipoti?

Le abuelas hanno sempre posto il problema del diritto alla verità, all’identità. Ho conosciuto e intervistato molti hijos di desaparecidos. Solo pochi hanno rinnegato la propria famiglia biologica. Per la stragrande maggioranza conoscere la verità è stato un sollievo. Tutti avevano intuito la grande menzogna a fondamento della loro adozione. Non è stato facile per nessuno di questi giovani cambiare identità da un giorno all’altro, vedere i loro rapitori finire in carcere e avere a che fare con altri parenti, fino ad allora sconosciuti, ma la verità è sempre preferibile a un’esistenza fondata sull’inganno.

 

La sua produzione letteraria è legata al noir di cui si occupa anche per la collana editoriale Sabot/Age delle Edizioni E/O. Qual è oggi lo stato dell’arte di questo genere in Italia? Riesce ad assolvere alla funzione di raccontare la realtà?

Il noir sta vivendo un momento confuso, tra tradizione e riflessione. Da un lato vi sono autori che credono nella riproposizione di percorsi narrativi consolidati e che incontrano il favore dei lettori, dall’altra una minoranza è convinta della necessità di un profondo cambiamento. Non solo sul terreno delle trame e dei personaggi ma anche sul ruolo del romanzo di genere. Forse oggi non è più così incisivo nel racconto della realtà, che è sempre più veloce nelle sue trasformazioni e necessita di un’attenzione continua. Ma al di là di tutto questo, oggi il noir ha bisogno di un rinnovamento teorico perché forse è arrivato il momento di riconsiderare l’opportunità delle definizioni.

Dall’Argentina al noir, viaggio in compagnia di Massimo Carlotto

La Saga dell’Alligatore, cioè il ciclo di romanzi che ha come protagonista Marco Buratti, soprannominato appunto l’Alligatore, l’ha resa particolarmente amato in Italia e non solo. Come si riesce a tenere legati i lettori per oltre ventidue anni a un personaggio e alle sue storie? Esistono dei trucchi particolari o degli errori da evitare?

Credo che il segreto sia condividere con i lettori la crescita e la trasformazione dei personaggi. In ventidue anni l’Alligatore e i suoi amici sono cresciuti, cambiati, invecchiati a stretto contatto con le trasformazioni del Paese. Nei romanzi sono stati trattati in modo “ruvido” dall’autore ma lasciando la loro umanità a disposizione dei lettori.

 

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Per un periodo si è dedicato anche alla realizzazione di graphic novel. Come giudica quell’esperienza? Ha inciso in qualche modo sulle sue opere successive?

Si è trattata di un’esperienza importante. Ora sto tornando alla graphic novel perché ho progetti del giusto spessore. Sono convinto che il romanzo moderno debba essere necessariamente “nutrito” di idee e spunti che arrivano da altre forme artistiche. Per quanto mi riguarda la graphic novel è fondamentale per la capacità unica di rinnovarsi.

 

Quali consigli darebbe a un esordiente che intende scrivere noir oggi?

Un solo consiglio: evitare modelli affermati nel mercato, cercare nuove strade. Oggi vince la novità. E ne abbiamo bisogno. Tutti: lettori, editori e librai.


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